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18/dic/2023

Investimenti, programmi e innovazioni per lo sviluppo della mobilità sostenibile nelle Città metropolitane

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18/dic/2023

Documento di Economia e Finanza 2023 - Allegato: Strategie per le infrastrutture, la mobilità e la logistica

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07/mag/2020

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05/mag/2020

Per il 2020 si attendeva una conferma del trend positivo del traffico aereo a livello mondiale. Anche per il nostro Paese i primi dati registrati nel mese di gennaio lasciavano ben sperare: gli oltre 12,5 milioni di passeggeri transitati negli aeroporti italiani rappresentavano un incremento del 4,1% rispetto al 2019: sostanzialmente lo stesso ritmo di crescita registrato per lo stesso mese dell’anno precedente (+4,9% dal 2018 al 2019).

L’emergenza Covid-19 ha interrotto brutalmente l’evoluzione positiva del settore, precipitandolo in una drammatica crisi globale in un brevissimo intervallo di tempo e con proporzioni senza precedenti. In sole cinque settimane si è passati dai 459.709 passeggeri in arrivo e in partenza di domenica 23 febbraio 2020, ai 6.780 di domenica 29 marzo.

Per approfondimenti sullo studio: https://www.istat.it/it/files//2020/05/Trasporto-aereo.pdf

Pubblicato da: Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT)

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04/mag/2020

Following the emergence of a novel coronavirus (SARS-CoV-2) and its spread outside of China, Italy was the first European country to be hit by COVID-19. As of 1st May 2020, 28,238deaths have been reported nationally with 13,860 having occurred in Lombardy, the most populous and worst hit region in Italy. In Lombardy, infection has been estimated to be introduced in early January and transmission went undetected until the first confirmed case of COVID-19 was reported on 20th of February. On the 21st of February case testing began in order to trace new SARS-CoV-2 infections, and the first COVID-19 death was reported on the 23rd of February in Vo, in the Veneto region.

Mathematical and statistical models are useful tools to better understand the transmission dynamics of infectious diseases. They can assess the dynamics of an epidemic as it evolves in time, evaluate the impact of interventions and simulate future scenarios. While models often rely on noisy epidemiological data, they can be designed to account for the uncertainties in the data and represent conceptual frameworks that can be used to look at trends, infer dynamics and answer real-world questions using an evidence-based approach. The real-time analysis and modelling of epidemic data can thus provide
data-driven and scientific evidence that can inform the response, planning and public health decision making against the current COVID-19 pandemic.

Per approfondimenti sullo studio: https://www.imperial.ac.uk/media/imperial-college/medicine/mrc-gida/2020-05-04-COVID19-Report-20.pdf

Pubblicato da: Imperial College – UK

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30/apr/2020

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30/apr/2020

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30/apr/2020

Il settore del trasporto pubblico in Italia è stato uno dei più colpiti dalla crisi in corso: si registra ad oggi una contrazione del 95% del numero di passeggeri e del 90% dei ricavi da traffico, a fronte di una riduzione della produzione di servizio che va dal 25 al 45%. Con riferimento al settore del trasporto pubblico locale, si stima una contrazione del fatturato tra 12-37%, rispetto al dato 2019. Tuttavia, il Paese e il tessuto produttivo si stanno preparando per la ripartenza: da un lato il progressivo rilascio delle misure restrittive e dall’altro la riapertura graduale delle filiere produttive saranno il volano per una graduale ripresa della mobilità dei cittadini a cui il settore dei trasporti deve farsi trovare pronto, garantendo un servizio essenziale alla ripresa, nel rispetto delle nuove norme di sicurezza sanitaria.

Oltre a un approfondimento del contesto di riferimento, alle azioni intraprese dagli operatori a livello internazionale e a una valutazione sul come ridisegnare il Sistema del Trasporto Pubblico in Italia, lo studio propone, anche, tre possibili scenari di evoluzione della domanda:
• Scenario ottimistico: contenimento del virus nel breve termine e graduale ripresa dei volumi con un ritorno a “regime” nel primo trimestre 2021. La riduzione stimata nei volumi di traffico è pari a circa 30% nel 2020 e 10% nel 2021;
• Scenario base: contenimento del virus nel breve termine e lenta ripresa dei volumi con un ritorno a “regime” nella seconda metà del 2021. A fronte di una riduzione analoga allo scenario ottimistico nei volumi di traffico del 2020, nel 2021 si stima una riduzione di circa 15%;
• Scenario pessimistico: recrudescenza del virus in autunno e secondo periodo di lockdown, con un graduale rilascio delle misure restrittive solo da inizio 2021 e quindi un lento ritorno a “regime” soltanto nella prima metà del 2022. In tale scenario si registrerebbe una riduzione più marcata nei volumi di traffico, pari a circa 50% nel 2020 e 25% nel 2021.

Per approfondimenti sullo studio: https://www.ferpress.it/wp-content/uploads/2020/04/AGENS-Ridisegnare-il-trasporto-pubblico-in-Italia-Aprile-2020.pdf

Pubblicato da: Agenzia Confederale dei Trasporti e dei Servizi (AGENS)

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28/apr/2020

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27/apr/2020

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27/apr/2020

Le presenti linee guida stabiliscono le modalità di informazione agli utenti nonché le misure organizzative da attuare nelle stazioni, negli aeroporti e nei porti, al fine di consentire il passaggio alla successiva fase del contenimento del contagio, che prevede la riapertura scaglionata delle attività industriali, commerciali e di libera circolazione delle merci e delle persone.

Misure di carattere generale

Si richiama, altresì, il rispetto delle sotto elencate disposizioni, valide per tutte le modalità di trasporto:

• La sanificazione e l’igienizzazione dei locali, dei mezzi di trasporto e dei mezzi di lavoro deve riguardare tutte le parti frequentate da viaggiatori e/o lavoratori ed effettuata con le modalità definite dalle specifiche circolari del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.
• Nelle stazioni, negli aeroporti, nei porti e sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza è necessario installare dispenser contenenti soluzioni disinfettanti ad uso dei passeggeri.
• E’ necessario incentivare la vendita di biglietti con sistemi telematici. Altrimenti, la vendita dei biglietti va effettuata in modo da osservare tra i passeggeri la distanza interpersonale di almeno un metro. Nei casi in cui non fosse possibile il rispetto della predetta distanza, i passeggeri dovranno necessariamente fornirsi di apposite protezioni individuali (es. mascherine).
• Nelle stazioni o nei luoghi di vendita dei biglietti è opportuno installare punti vendita, anche mediante distributori di dispositivi di sicurezza.
• Previsione di misure per la gestione dei passeggeri e degli operatori nel caso in cui sia accertata una temperatura corporea superiore a 37,5° C.

L’allegato interno alle Linee Guide, fornisce maggiori informazioni per i diversi sistemi di trasporto.

Per approfondimenti sullo studio: http://www.mit.gov.it/sites/default/files/media/notizia/2020-04/Linee_Guida_informazione_utenti_e_misure_organizzative.pdf

Pubblicato da: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT)

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22/apr/2020

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21/apr/2020

La riapertura dopo il lockdown è una fase complessa ed estremamente delicata, che richiede una programmazione accurata e la valutazione delle interazioni tra i diversi fattori sanitari, economici, sociali e organizzativi per garantire un funzionamento sicuro ed efficiente del sistema delle attività e della mobilità. La limitazione del distanziamento tra viaggiatori comporta una riduzione estremamente significativa della capacità del trasporto pubblico di massa. D’altra parte, la verifica di un’insufficiente capacità del sistema di trasporto richiedere evidentemente una differente modulazione, nel tempo, nello spazio o tipologica, delle attività da riattivare nelle diverse fasi di riapertura, coerentemente con le esigenze di contrasto dell’epidemia.

I dispositivi tecnologici e gli strumenti modellistici consentono di programmare e gestire la riapertura delle attività e di garantirne la compatibilità con i diversi fattori sanitari, economici e organizzativi. Mai come adesso, a partire da una tabula rasa, l’applicazione di tecniche e metodi scientifici per la programmazione delle attività e della mobilità è possibile e sarebbe positivamente accolta dalla collettività. Mai come adesso, in una situazione drammatica di pericolo e del rischio di una recrudescenza dell’epidemia, l’applicazione di tecniche e metodi scientifici è necessaria ed urgente.

Per approfondimenti sullo studio: https://www.docentitrasporti.it/wp-content/uploads/simple-file-list/Analisi_IsolamentoRipartenza.pdf

Pubblicato da: SOCIETA’ITALIANA DOCENTI DI TRASPORTI (SIDT)

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16/apr/2020

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15/apr/2020

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15/apr/2020

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15/apr/2020

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25/gen/2016

Scenari: Sistema stradale

La definizione degli obiettivi per una visione al 2040 del sistema stradale deve necessariamente tenere conto di diversi aspetti come la struttura del sistema stradale, i futuri utenti, le tecnologie e le procedure per la sua gestione e manutenzione. Per questo motivo gli obiettivi per una visione di lungo periodo del sistema stradale sono:

  • Trasformazione del sistema stradale da un sistema “Romano-centrico” a un sistema a maglia larga;
  • Capacità di accogliere le componenti future del sistema stradale;
  • Progettare e mantenere il sistema stradale ponendo al centro l’asset management e la sicurezza stradale;
  • Gestire il sistema stradale e informare gli utenti in tempo reale e in modo dinamico.

Un sistema stradale a maglia larga per la Regione Lazio

Il sistema stradale presenta una struttura formata dalla direttrice autostradale nord-sud (A1 Milano – Napoli), che nell’area romana si poggia sulla bretella autostradale Fiano – San Cesareo, e da radiali Romano-centriche convergenti sul GRA, collettore di traffici nazionali, regionali, quelli derivanti dalla crescente dispersione degli insediamenti nei comuni della provincia di Roma e infine quelli urbani. Questo ruolo realizzato da un’indiscriminata apertura di svincoli malamente progettati ha contribuito alla dispersione, alla crescita del traffico e alla congestione, eliminando rapidamente l’effetto della terza corsia.

La congestione dell’area romana, con i suoi effetti negativi sui costi e le emissioni, non si cura con altre strade o l’allargamento delle esistenti, bisogna anche rispettare la riduzione dei gas serra, ma è mitigata riducendo i diversi traffici.

I traffici di lunga percorrenza sono ridotti con il rafforzamento del sistema ferroviario AV e con la realizzazione di collegamenti trasversali a maglia larga, per evitare che possano influenzare ulteriormente la dispersione degli insediamenti. La maglia larga ha anche il vantaggio di collegare fra loro direttamente e meglio i diversi centri urbani.

I traffici di media e breve percorrenza sono ridotti dal miglioramento del TPL e da politiche di pedaggio basate sull’internalizzazione delle esternalità.

Le nuove componenti del sistema stradale

Allo stato attuale, nelle aree extraurbane, il sistema stradale è pensato, progettato e gestito prevalentemente, se non esclusivamente, per i veicoli con motore a combustione interna. In una visione di lungo periodo l’obiettivo è di permettere a nuove componenti di usufruire del sistema stradale. Osservando le tendenze in atto e gli indirizzi politici, le componenti che avranno un peso rilevante nell’utilizzo del sistema stradale sono:

  • I veicoli a trazione elettrica, ibridi o non;
  • Le biciclette, sia normali che a pedalata assistita.

Per quanto riguarda la mobilità elettrica diversi documenti d’indirizzo, anche a livello Comunitario, indicano la necessità di ridurre le emissioni inquinanti di CO2 ampliando il tipo di propulsori utilizzati nella trazione fra cui la propulsione elettrica. La Commissione Europea ha finanziato diversi progetti per la creazione di un mercato unico della mobilità elettrica in Europa e la sua diffusione. Queste iniziative sono affiancate da numerosissimi progetti di carattere nazionale e locale.

La Electric Green Car Initiative prevede che nel 2025 ci saranno in circolazione fino a 12 milioni di veicoli elettrici (sia elettrici puri che hybrid plug-in) in tutta l’Unione Europea.

Per questi motivi nel 2040 il sistema stradale della Regione Lazio dovrà essere pronto a ospitare questa componente, soprattutto per quanto riguarda la ricarica delle batterie. Sono state, infatti, già sviluppate delle tecnologie di ricarica veloce (fast charging) che permettono di ricaricare all’80% le batterie di un veicolo elettrico in circa 20 minuti e alcuni dimostrativi sono già in corso in Europa. A titolo d’esempio, alcune stazioni di ricarica veloce sono state installate in Irlanda, fra Dublino e Cork, permettendo così lo spostamento con veicoli elettrici fra le due principali città del Paese.

In base a studi svolti all’interno del progetto Green eMotion, con le tecnologie disponibili, in ambito extraurbano, si dovrebbe prevedere una stazione di ricarica veloce ogni 50 km sulla rete extraurbana principale. Ovviamente questa distanza, dato il prevedibile miglioramento tecnologico, aumenterà sicuramente ma comunque si dovrà prevedere una rete di punti di ricarica veloce per i veicoli elettrici nel sistema stradale della Regione Lazio. La tecnologia da utilizzare per la ricarica dei veicoli elettrici dovrà essere valutata attentamente: da un lato, sfruttando al meglio quanto disponibile nel 2040, dall’altro, garantendo che la rete di ricarica della Regione Lazio sia interoperabile con quella delle altre Regioni italiane e degli altri Paesi europei.

Per quanto riguarda la ciclabilità, in Italia, negli ultimi anni, si è vista un’inversione di tendenza e per la prima volta nel 2011 sono state vendute più biciclette che automobili. Questa tendenza è stata confermata nel 2012. Al di là di questi dati contingenti, l’esperienza di alcuni paesi come la Danimarca, l’Olanda e la Germania mostra come la bicicletta, dopo essere diventato un mezzo di trasporto molto importante in ambito urbano, è uscita dalle città, diventando un mezzo per i pendolari. In Danimarca, ormai da tempo, esiste un’ampia rete di percorsi ciclabili dedicati ai pendolari e al cicloturismo anche in ambito extraurbano mentre in Germania è in costruzione la prima autostrada per biciclette fra Dortmund e Duisburg per garantire il pendolarismo fra i due centri (vedi Figura 1).

 ciclabile stradale
Figura 1 – Sulla sinistra un esempio di pista ciclabile in ambito extraurbano. sulla destra un esempio di autostrada per biciclette.

Questo modello, in un’ottica di riduzione degli impatti dei trasporti, deve essere esportato anche nella Regione Lazio prevedendo la realizzazione di corridoi dedicati alla ciclabilità per garantire l’accesso alle principali aree urbane della Regione e ai principali nodi di scambio del trasporto pubblico in un’ottica d’intermodalità. Questi interventi avrebbero anche il pregio di garantire adeguate infrastrutture al cicloturismo, anch’esso in crescita in questi anni. Assieme a questi interventi andrà prevista la realizzazione di servizi adeguati per la ciclabilità come parcheggi e punti di ricarica per le biciclette a pedalata assistita che, vista la conformazione del territorio della Regione Lazio, potrebbero essere preferite dall’utenza per gli spostamenti più lunghi.

 

di Piano della Mobilità

18/gen/2016

Presentazione Vivalto

La rete di trasporto ferroviario del 2030/2040 deve essere in grado di soddisfare i requisiti di efficienza operativa e integrazione modale necessari a perseguire gli obiettivi di politica dei trasporti stabiliti a diverse scale territoriali. Gli obiettivi stabiliti a livello comunitario sono il riferimento per lo sviluppo della visione della rete ferroviaria nel 2030/2040, essendo recepiti dalla normativa degli Stati Membri e inseriti nei documenti di politica dei trasporti e di piano a varie scale territoriali.

Con l’adozione del nuovo Libro Bianco sui trasporti (EC, 2011a), la politica dei trasporti della Comunità Europea continua il suo percorso verso la creazione di un mercato unico dei trasporti in cui la giusta competizione sia in grado di soddisfare la domanda in modo efficiente limitando al minimo gli impatti negativi sull’ambiente e la società. In particolare vengono fissati degli obiettivi quantitativi e qualitativi da raggiungere con orizzonte temporale fino al 2050. Gli obiettivi che interessano il sistema ferroviario sono:

  • il trasporto merci che richiede percorrenze superiori a 300 km deve essere effettuato usando la ferrovia e il mare per il 30% entro il 2030, e per il 50% entro il 2050;
  • il trasporto dei passeggeri di media percorrenza deve essere effettuato prevalentemente sulla rete ferroviaria entro il 2050;
  • deve essere realizzata l’integrazione delle reti di trasporto stradale, ferroviario, marittimo e aereo, in modo da garantire elevata accessibilità e favorire la comodalità;
  • deve essere migliorato il livello di sicurezza in tutti i modi di trasporto;
  • deve essere definito entro il 2020 di un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali;
  • deve essere introdotto il principio “chi inquina paga” e “chi utilizza paga”.

Nell’allegato I del Libro Bianco vengono poi illustrate una serie di iniziative per tradurre in pratica gli obiettivi delineati. Sulla base di queste informazioni sono state individuate le caratteristiche desiderate per la rete ferroviaria regionale nel 2030/2040 sintetizzate nella Tabella 1.

Tabella 1 – Caratteristiche della rete ferroviaria nella visione 2030/2040

ferroviario visione
In generale un sistema di trasporto sostenibile implica una limitazione degli impatti ambientali e delle esternalità. Garantire la sostenibilità attraverso il riequilibrio modale, la limitazione degli impatti ambientali e l’utilizzo di tecnologie energeticamente più efficienti è  uno degli obiettivi del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica oltre che della politica dei trasporti comunitaria. Tenendo conto dei vantaggi del trasporto ferroviario in termini di efficienza energetica ed esternalità (eccetto il rumore e considerando la possibilità di usare fonti energetiche più sostenibili per la trazione), il riequilibrio modale non può che prevedere l’incremento della quota modale del trasporto ferroviario.

Capacità e comportamento dei passeggeri

Una prima caratteristica della rete ferroviaria dovrà essere quindi una capacità adeguata, ovvero la rete dovrà essere in grado di gestire gli attesi incrementi di traffico passeggeri e merci che l’attuazione della politica europea dei trasporti ispirata al principio di comodalità inevitabilmente richiede. Questa crescita del traffico ferroviario sarà incentivata da un certo numero di interventi finalizzati a modificare il comportamento di viaggio dei passeggeri (ma anche quello di chi decide come far viaggiare la merce) come, per esempio, l’applicazione del principio “chi inquina paga” e la creazione di servizi di informazione integrati multimodali in grado di fornire informazioni sui singoli modi, sul loro uso combinato e al loro impatto ambientale. Inoltre, la rete dovrà essere in grado di accogliere il traffico merci tenendo conto dei requisiti in termini di sagoma e di carico assiale richiesti dalle soluzioni intermodali (per esempio il trasporto accompagnato di mezzi stradali su ferrovia).

In particolare nella visione, i tre grandi bacini Castelli e Valle del Sacco, Tiburtino e Litorale Sud verranno potenziati mediante il miglioramento tecnologico degli impianti e di alcuni nodi fondamentali.

La rete dovrà inoltre essere utilizzata in modo efficiente mediante l’uso di tecnologie per la gestione delle informazioni e del traffico e mediante la riduzione delle esternalità con l’utilizzo di opportune soluzioni per il contenimento del rumore nelle tratte abitate. Inoltre la rete dovrà essere competitiva rispetto alle altre modalità di trasporto garantendo adeguati livelli prestazionali in termini di tempi di percorrenza.

La visione prevede poi che la rete ferroviaria sia opportunamente integrata con gli altri modi di trasporto. E’ necessario dunque che la rete sia dotata di efficienti nodi di interscambio sia per il trasporto passeggeri che per il trasporto merci.

La rete dovrà essere accessibile sia in termini di offerta di fermate e nodi intermodali, sia in termini di capacità delle stazioni di accogliere persone con mobilità ridotta. In pratica i nodi di interscambio passeggeri dovranno essere dotati oltre che di infrastrutture coerenti con una logica intermodale (posteggi auto, posteggi per biciclette, servizi di bike sharing e car sharing, etc), anche di infrastrutture e attrezzature per garantire anche alle persone con mobilità ridotta un agevole trasferimento da un modo all’altro. Le stazioni verranno dotate di pensiline lungo l’intera lunghezza delle banchine come riparo dalla pioggia e il sole e pannelli informativi verranno opportunamente collocati in posizioni ben visibili.

Per quanto riguarda le merci, lungo la rete ferroviaria saranno presenti dei nodi intermodali dotati delle necessarie infrastrutture e attrezzature nonché di procedure di manovra tali da garantire un rapido trasferimento a costi minimizzati. La rete di nodi intermodali includerà sicuramente i seguenti (in quanto considerati parte delle reti TEN-T): i porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta e l’aeroporto di Ciampino, che appartengono alla rete TEN-T globale (comprehensive network), e il terminale ferroviario di Pomezia e l’aeroporto di Fiumicino che appartengono alla rete TEN-T centrale (core network). I collegamenti con questi nodi, soprattutto quelli della rete centrale, saranno adeguatamente potenziati.

Oltre all’integrazione con gli altri modi, la rete regionale dovrà poi garantire un buon livello di integrazione con le infrastrutture e i servizi ferroviari nazionali. Dovrà quindi essere in grado di accogliere e coordinare in modo efficiente i traffici passeggeri e merci a livello locale e regionale con quelli di media e lunga percorrenza. A tal riguardo, un ruolo critico sarà svolto dal nodo ferroviario di Roma che appartiene alla rete ferroviaria AV/AC europea e che è caratterizzato da consistenti traffici di carattere metropolitano e regionale.

L’interscambio tra passeggeri dei servizi ferroviari regionali

L’integrazione deve essere garantita anche a livello metropolitano, garantendo l’agevole interscambio tra passeggeri dei servizi ferroviari regionali che si spostano da e verso il centro urbano con i servizi di trasporto pubblico locale su strada, tram e metropolitana.

Un altro requisito riguarda l’interoperabilità della rete. La rete ferroviaria dovrà, per esempio, essere in grado di accogliere qualunque locomotore e convoglio proveniente dall’estero e che ovviamente sia stato omologato dalla European Safety Agency, almeno per quanto riguarda la rete AV/AC per la quale è previsto il dispiegamento del sistema ERTMS.

Un altro obiettivo che la rete deve essere in grado di soddisfare è quello di garantire adeguati livelli di sicurezza. A tal proposito e sempre nell’ottica di realizzare il potenziale di un mercato unico, la Comunicazione (EC, 2013) propone di trasferire alla European Safety Agency (ESA) il compito di rilasciare le autorizzazioni per la circolazione dei veicoli e la certificazione di sicurezza alle imprese ferroviarie; propone inoltre che la stessa agenzia supervisioni le norme nazionali, monitori le Agenzie per la Sicurezza Nazionali e faciliti il dispiegamento dell’ERTMS. L’attraversamento dei binari da parte della strada avverrà mediante sottovia o cavalcavia grazie alla progressiva eliminazione dei passaggi a livello attualmente presenti.

Le operazioni di manutenzione

La rete ferroviaria dovrà anche essere in grado di soddisfare in modo efficiente le operazioni di manutenzione disponendo di opportune infrastrutture e mezzi sia per gli interventi strettamente legati alla rete che per la manutenzione del materiale rotabile, che, nel contesto di un mercato liberalizzato, dovranno essere agevolmente accessibili a tutte le imprese ferroviarie.

Gli interventi infrastrutturali possono essere necessari ma non sufficienti a realizzare il potenziale del trasporto ferroviario. Occorre anche intervenire sull’efficienza operativa e la qualità del servizio che, in genere, solo l’apertura del mercato alla concorrenza con un’amministrazione dell’infrastruttura trasparente può garantire.

Visione di libero mercato

A tal proposito, sempre a livello comunitario, è in atto il processo di apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario degli Stati Membri nell’ottica della creazione di un mercato unico europeo. La Comunicazione “Quarto pacchetto ferroviario – completare lo spazio ferroviario europeo unico per favorire la competitività e la crescita europee” (EC, 2013) ha reso evidenti i problemi connessi con l’attuale amministrazione delle infrastrutture ferroviarie negli Stati Membri. Gran parte della rete europea è stata progettata a livello di singolo paese dando luogo all’origine di monopoli naturali che non sempre reagiscono alle esigenze di mercato e quindi non sempre garantiscono i necessari livelli di efficienza e qualità dei servizi. Il processo di apertura del mercato non può prescindere dall’indipendenza delle imprese ferroviarie e dei gestori dell’infrastruttura nonché dalla separazione dei conti di queste aziende. In ottemperanza ai requisiti richiesti dalla legislazione europea in materia di creazione di uno spazio ferroviario unico, l’esercizio della rete ferroviaria dovrà garantire l’accesso non discriminatorio alle infrastrutture assegnando la capacità e imponendo il pagamento dei pedaggi in modo equo.

di Piano della Mobilità

11/gen/2016

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Intermodalità

I primi studi sull’intermodalità a livello regionale sono degli anni 90 e sono proseguiti per tutti gli anni 2000. Purtroppo questi studi hanno avuto scarso risultato pratico, eccetto i nodi di interscambio molto orientati ai parcheggi di interscambio e poco alla integrazione del TPL. Mentre i nodi di scambio vanno progettati a seconda delle funzioni regionali o metropolitane per l’interscambio tra le diverse categorie di treni.

La visione è di un trasporto pubblico regionale totalmente intermodale per consentire all’utente, per qualunque spostamento sistematico o occasionale, di prescindere totalmente dall’uso della propria autovettura.

Altri aspetti rilevanti al fine dello sviluppo dell’intermodalità dei passeggeri sono naturalmente il coordinamento degli orari dei servizi di trasporto pubblico (soprattutto nel periodo transitorio di sviluppo dei servizi di TPL e per quanto riguarda l’adduzione ai servizi di lungo raggio) e la frequenza dei servizi (in particolare quelli ferroviari) che dovrà essere tale da permettere di compiere più cambi di modo di trasporto senza incidere negativamente sui tempi di spostamento.

Lo sviluppo dell’intermodalità passeggeri dovrà infine essere supportata da un’integrazione tariffaria molto spinta a livello regionale. Ad oggi solo alcuni servizi di trasporto regionali godono di un’integrazione tariffaria (il sistema Metrebus) e gli interventi di breve-medio periodo prevedono un’estensione a tutti i servizi di TPL regionali (urbani ed extra-urbani).

In un ottica di lungo termine, l’integrazione tariffaria dovrà essere ulteriormente estesa a tutti i servizi regionali, direttamente o indirettamente connessi col trasporto pubblico. Gli utenti dovranno quindi poter disporre di un unico strumento di pagamento (smart card o altro) col quale accedere sia ai mezzi di trasporto collettivo che a quelli di sharing, così come ad altri servizi connessi ai trasporti (es. parcheggi, negozi, punti di ricarica dei veicoli elettrici, ecc.).

Gli utenti dovranno quindi poter pagare per gli effettivi servizi utilizzati in maniera automatica e senza doversi preoccupare di acquistare titoli di viaggio. Naturalmente anche questo sviluppo dovrà essere graduale e nel transitorio si dovrà prevedere la coesistenza di diversi metodi di pagamento.

Naturalmente si tratta di un cambio di paradigma della mobilità che richiede interventi graduali, dato che incidono anche su aspetti culturali degli utenti. Il passaggio dal possesso del mezzo a quello della condivisione è già in atto con successo anche in Italia.

Nell’ottica dell’intermodalità regionale, i mezzi di sharing dovrebbero essere utilizzati prevalentemente per l’accesso ai mezzi collettivi o per compiere l’ultima parte dello spostamento (ultimo miglio).

L’utilizzo di diversi tipi di veicoli elettrici, la diffusione delle ICT e adeguati modelli di business costituiranno le basi per diffondere forme innovative di mobilità operate in sharing e in integrazione con il trasporto collettivo. Il sistema di sharing avrà quindi tre elementi innovativi:

  • Accesso dell’utente a un set di servizi della mobilità composto da diversi tipi di veicoli, dall’autoveicolo alla bicicletta a pedalata assistita. Questo permetterà agli utenti di scegliere il modo o il veicolo da utilizzare in base alle proprie esigenze e disponibilità economiche.
  • Il sistema di sharing opererà in integrazione con il trasporto collettivo. L’integrazione sarà di tipo spaziale (le stazioni di presa e consegna dei veicoli saranno localizzate anche nei pressi dei principali nodi del trasporto collettivo), funzionale (tutti i servizi saranno realizzati per essere usati in maniera integrata nella catena degli spostamenti) e tariffaria (accessibili con lo stesso titolo di viaggio).
  • Il sistema di sharing utilizzerà veicoli a emissioni locali nulle.

Una simulazione dell’impatto di tale approccio in termini di copertura e capillarità del servizio a Roma è riportata in Figura 1.

impatto

Figura 1

A sinistra, la distanza percorsa a piedi in 15 minuti. A destra, la distanza percorsa con un veicolo in 15 minuti (Vcom = 20Km/h).

Un sistema di questo genere permetterebbe di coprire agevolmente buona parte della città offrendo agli utenti del trasporto collettivo un’alternativa valida all’utilizzo sistematico del veicolo privato. La diffusione dei servizi di sharing è chiaramente condizionata da fattori comportamentali, in particolare si tratterà di verificare in che misura si affermerà la tendenza a sostituire il possesso dell’auto con l’acquisto di servizi di mobilità, tendenza di cui già oggi esistono segnali.

Sono a questo riguardo in gioco anche aspetti culturali in quanto la tendenza potrà affermarsi se i consumatori saranno disposti ad attribuire all’autovettura un mero valore di uso e a non ritenerla più uno status symbol.

Qualità e innovazione

Qualità e innovazione rappresentano di per sé un traguardo per lo sviluppo di servizi regionali di trasporto pubblico sicuri, sostenibili e affidabili. I due concetti vanno di pari passo e mirano a migliorare la qualità della mobilità degli utenti (in particolare di quelli con disabilità fisiche o degli anziani).

La visione regionale di lungo periodo consiste nell’utilizzo sempre più spinto dei mezzi di trasporto innovativi, passando gradualmente dai veicoli tradizionali, ai veicoli elettrici (medio periodo), ai veicoli automatici (lungo periodo).

In particolare, diversi sistemi di trasporto automatici dovranno essere integrati tra loro, da sistemi di lungo raggio (treni, autobus elettrici di grandi dimensioni), a quelli di medio raggio (veicoli automatici non individuali, che possano eventualmente formare plotoni), a quelli di breve raggio (veicoli individuali in sharing). Ognuno dei mezzi potrà essere utilizzato in maniera adattiva e in funzione di specifiche esigenze.

Il progetto CityMobil ha proposto un’interessante visione della città del futuro, da cui, in parte, prende spunto la visione del Piano e che è sintetizzata nella Figura 2.

L’innovazione dei servizi di trasporto pubblico sarà anche garanzia di qualità, in termini di sicurezza, comfort, sostenibilità ambientale e sociale.

Lo sviluppo regionale sarà, da questo punto di vista, coerente con la technology roadmap individuata nel Libro Bianco della Commissione Europea, così che gli sviluppi saranno orientati a:

  • utilizzare veicoli puliti, totalmente sicuri (nell’ottica dalla Vision Zero europea sull’incidentalità stradale) e silenziosi;
  • adottare tecnologie per migliorare la sicurezza degli spostamenti;
  • potenziare l’uso di sistemi di trasporto innovativi e non convenzionali;
  • utilizzare forme alternative di alimentazione dei veicoli (veicoli elettrici);
  • sviluppare sistemi integrati di gestione dei trasporti e delle informazioni.

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Figura 2

di Piano della Mobilità

07/gen/2016

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Adattabilità

L’adattabilità si riferisce alla produzione di servizi di trasporto pubblico pienamente adattati alle esigenze di mobilità dei singoli. Questo riguarda sia la rispondenza dei servizi alle esigenze di tutti gli utenti, che la loro adattabilità alle caratteristiche territoriali e socio-economiche della Regione.

I servizi di trasporto pubblico urbani ed extra-urbani dovranno essere flessibili impostati su percorsi e orari variabili in modo da garantire una totale copertura territoriale e temporale con servizi adattati in tempo reale alle esigenze di mobilità di tutte le categorie di utenti, pendolari, studenti, anziani, disabili, ecc..

L’adattabilità dovrà tradursi nell’attivazione di diverse tipologie di servizi, totalmente integrati tra loro, utilizzabili a seconda dei casi:

  • servizi ferroviari per spostamenti di grandi masse, di medio e lungo raggio, passanti l’area metropolitana romana, Espressi, Regionali e Metropolitani con Terminali Regionali e Metropolitani, differenziati in frequenza e per numero e tipo di fermate.
  • Servizi sui corridoi del trasporto pubblico, sedi riservate, per medio-alti volumi di traffico e tratte di medio/lungo raggio con l’uso di veicoli innovativi di grandi e medie dimensioni, che consentono automazione parziale e totale della guida e plotonamenti.
  • Servizi di adduzione alle linee a lunga percorrenza ferroviarie e ai corridoi flessibili negli orari, nei percorsi e nelle capacità dei veicoli;
  • Servizi di collegamento di breve-medio raggio, tra aree non connesse dalla ferrovia e dai corridoi;
  • Servizi a chiamata per utenti non sistematici e nelle aree a domanda debole;
  • Condivisione di autovetture per gli spostamenti di breve-medio raggio, basati sulla economia condivisa sharing economy, e gli smartphone.

La condivisione apre possibilità notevoli. I servizi di trasporto pubblico del futuro potranno contare su uno spettro di mezzi di trasporto più ampio rispetto a quelli attuali. I servizi di sharing di veicoli, utilizzati collettivamente o singolarmente, si stanno affermando in diversi modi, ma sono in crescita.

Accessibilità

L’accessibilità ai servizi di trasporto pubblico regionali dovrà essere garantita su tutto il territorio regionale, sia in ambito urbano che extra-urbano. I servizi dovranno, da un lato, essere facilmente raggiungili e, dall’altro, di facile utilizzo da parte degli utenti.

Un elemento importante dell’accessibilità sono le banchine, ancora inesistenti su molta parte della rete laziale, spesso progettate contro gli utenti, insufficienti per la sicurezza, non adeguate alla lunghezza dei convogli. Le banchine dovranno essere realizzate secondo lo stato dell’arte provviste di riparo dalle condizioni metereologiche, di sedute e appoggi di seduta, di informazioni statiche sui servizi, e prive di rischi per gli utenti e per il traffico veicolare.

Le banchine ben progettate migliorano l’accessibilità ai mezzi di trasporto, in particolare per gli anziani, i diversamente abili, ma anche le mamme con la carrozzina.

La posizione delle fermate e delle stazioni con le loro banchine devono favorire lo scambio modale e intermodale con la loro contiguità e prossimità. Ad esempio la distanza massima non deve superare i 100 metri e il percorso deve essere sicuro.

Tutti i veicoli devono consentire l’accessibilità alle carrozzelle.

Un aspetto diverso, ma altrettanto importante è l’accessibilità alle informazioni sul TPL.

L’obiettivo regionale è in questi anni è stato di sviluppare la Piattaforma Integrata di Infomobilità in modo che gli utenti possano, non solo essere informati in tempo reale su tutti i servizi di trasporto pubblico.

L’accessibilità viene garantita tramite devices portatili e applicazioni mirate, ma prevederà anche l’invio di informazioni da parte degli utenti, nell’ottica di uno sviluppo partecipato del trasporto pubblico. Questa informazione bidirezionale è importante per conoscere gli spostamenti, i comportamenti e le esigenze degli utenti così da produrre servizi di TPL adattati secondo quanto già detto in precedenza. Ma anche per prenotare un carsharing, comprare un titolo di viaggio, verificare la disponibilità di un servizio a destinazione, ecc..

La Piattaforma Integrata di Infomobilità dovrà adattarsi al rapido avanzamento tecnologico che consentirà, un futuro prossimo, di disporre in tempo reale di dati provenienti da diverse fonti. Si pensi, ad esempio, ai dati di monitoraggio del movimento dei veicoli, provenienti da floating vehicles equipaggiati con sistemi GPS (l’utilizzo di VMS da parte dei mezzi di trasporto pubblico è già oggi una realtà), o equipaggiati con on-board unit ad-hoc, capaci di dare quantità ingenti di informazioni aggiuntive su emissioni, consumi, rischio di incidentalità. Altresì utilizzabili saranno le informazioni trasmesse da smartphone, tablet e quelle provenienti da sistemi di comunicazione veicolo-infrastruttura (V2I) o veicolo-veicolo (V2V), in grado di segnalare, ad esempio, condizioni locali di perturbazione del traffico.

Tutte queste informazioni, non solo relative ai mezzi di trasporto pubblico, ma che, gradualmente, riguarderanno tutti i veicoli, dovranno essere utilizzate per:

  • Pianificare in tempo reale i servizi di TPL.
  • Informare gli utenti sullo stato dei servizi.
  • Orientare le scelte degli utenti in funzione delle disponibilità dei servizi e delle loro esigenze.
  • Personalizzare l’informazione sul singolo utente, in base ai suoi comportamenti e obiettivi

di Piano della Mobilità

28/dic/2015

Scenari - Trasporto pubblico

Il trasporto pubblico nella Regione Lazio soffre, allo stato attuale, di alcune mancanze dovute a servizi poco integrati tra loro (sia dal punto di vista degli orari che delle informazioni), non facilmente accessibili, con scarse informazioni a bordo e a terra, e poco innovativi.

L’analisi dei servizi di TPL eserciti a livello regionale mostra una situazione in cui il costo per la collettività risulta molto elevato, complessivamente intorno al miliardo di Euro all’anno, con costi per vettura km eccessivi. Le aziende maggiori sono pubbliche e prive di concorrenza, il controllo è effettuato dagli stessi proprietari.

Per far fronte alle problematiche emerse, la Regione Lazio ha intrapreso da alcuni anni un percorso di razionalizzazione ed efficientamento del trasporto pubblico (su gomma e su ferro), individuando una serie d’interventi di breve-medio periodo che possono contribuire a migliorare i servizi. È tuttavia urgente la definizione di una visione regionale per lo sviluppo di lungo termine del TPL e dell’intermodalità passeggeri, che s’inquadri anche nell’ambito della strategia nazionale e comunitaria di sviluppo del sistema dei trasporti.

La visione per il TPL e l’intermodalità passeggeri riprende la visione europea per il sistema dei trasporti con orizzonte al 2050 di servizi totalmente accessibili e integrati tra loro, di elevata qualità ed affidabilità, altamente innovativi, totalmente sicuri e di basso impatto ambientale. In particolare, il trasporto pubblico regionale del futuro si baserà su quattro pilastri:

Adattabilità – servizi adattati alle reali esigenze degli utenti.

Accessibilità – servizi accessibili, alla portata di tutti ed efficienti, e rispondenti alle esigenze di mobilità di individui e aziende.

Intermodalità – servizi totalmente integrati tra loro e continui spazialmente e temporalmente, tali da rendere inutile e costosa la supplenza dell’autovettura;

Qualità e innovazione – servizi e veicoli innovativi, affidabili, sicuri e di basso impatto.

La fornitura dei servizi deve avvenire in un sistema pubblico o privato, ma che promuova e organizzi la concorrenza, premi l’efficienza, la qualità e l’economicità, separi nettamente la programmazione dalla gestione, il controllore dal gestore.

La Tabella 1 sintetizza, descrivendoli brevemente, i quattro pilastri e definisce gli obiettivi qualitativi da raggiungere entro il 2040.

Tabella 1

tabella 1

di Piano della Mobilità

21/dic/2015

Scenari: Sistema logistico e trasporto merci

La regione Lazio è una grande area di consumo che necessita un efficace e efficiente sistema di distribuzione di merci provenienti da tutto il mondo. Le aree urbane, in particolare i centri urbani densi e congestionati, pongono requisiti specifici per la distribuzione delle merci. Questa deve essere effettuata sotto un certo numero di vincoli, compresi strade strette con accessibilità e spazi di manovra limitati, rigorose normative ambientali e permessi di accesso limitato (ad esempio, nelle zone pedonali ).

La visione è di un sistema logistico che valorizzi le potenzialità del porto di Civitavecchia, dell’aeroporto di Fiumicino e della rete ferroviaria con le sue penetrazioni nell’area urbana centrale di Roma. Un 40% del traffico merci internazionale deve essere trasportato dalla ferrovia al 2030. Il porto di Civitavecchia deve servire il 50% delle merci internazionali dirette nel Lazio. I terminali ferroviari situati nell’area romana sono alimentati con navette ferroviarie dal porto di Civitavecchia, da treni che servono i traffici internazionali via terra, in gran parte provenienti dal nord. Mentre il trasporto stradale, proveniente soprattutto da nord, va intercettato a Civitavecchia e Orte, lontano dall’area congestionata e inquinata di Roma.

Il consolidamento dei carichi, per sfruttare le economie di scala, richiede l’incentivazione di forme di logistica collaborativa tra produttori e tra commercianti, a cominciare dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO). I veicoli utilizzati sono a zero emissioni. I sistemi ICT-ITS assicurano la minimizzazione dei costi.

Le recenti esperienze a Roma (RSM, 2013) hanno dimostrato che la velocità media effettiva dei veicoli merci è dell’ordine di 6-8 km/h , a causa del traffico, del numero di fermate, piccole e diffuse consegne, e dell’assenza di piazzole per le operazioni di carico e scarico. Tipicamente, per la distribuzione urbana sono utilizzati mezzi di trasporto leggeri, anche a causa delle restrizioni imposte dal regolamento e dalla tendenza a fornire numerose piccole spedizioni. Le esperienze degli ultimi anni, anche a Roma con il pilota Logeco,  hanno dimostrato la fattibilità tecnica dei veicoli elettrici. Nel prossimo futuro dobbiamo attenderci l’uso di veicoli elettrici automatici sicuri e a bassa velocità. Diverse applicazioni che coinvolgono veicoli automatizzati per il trasporto merci sono già in corso da anni all’interno delle fabbriche con la presenza degli operai, nei terminali per container. Tutte queste applicazioni sono in zone delimitate e con accesso limitato.

In generale per tutte le aree urbane del Lazio è necessaria un’azione regionale per un quadro di riferimento omogeneo, basato su criteri di sostenibilità, efficienza e economicità e a favore di tecniche di distribuzione ecocompatibili.

Il sistema logistico deve poi garantire l’accessibilità e i servizi necessari agli insediamenti produttivi del Lazio, eliminare i colli di bottiglia anche con interventi infrastrutturali puntuali, tecnologici, organizzativi e amministrativi (es.: le procedure portuali).

La pianificazione territoriale deve promuovere la razionalizzazione dell’assetto insediativo favorendo la localizzazione delle unità produttive in prossimità dei principali nodi di trasporto, Civitavecchia e Pomezia per i grandi volumi, Fiumicino per i prodotti pregiati, in modo da ridurre l’impatto dei traffici merci sul reticolo stradale minore e sui centri abitati. Occorre favorire processi di formazione di distretti industriali di imprese della stessa filiera, ma non solo, per contrastare la dispersione delle attività produttive.

Infine, il sistema logistico dovrà fare largo uso delle tecnologie ICT per la pianificazione e il monitoraggio delle prestazioni dei servizi e dei viaggi. Sarà auspicabile un sistema integrato di monitoraggio e infomobilità per il traffico merci, che vada a integrare Uirnet, piattaforma nazionale telematica di riferimento, e possa consentire agli operatori e ai gestori delle infrastrutture la visibilità lungo la filiera, l’ottimizzazione della gestione dei traffici e l’analisi delle prestazioni dei servizi, finalizzato sia a garantire la redditività ma anche al contenimento dell’impatto ambientale (con particolare riguardo alle merci pericolose). Tale sistema dovrà consentire lo scambio di documentazione elettronica (tutti i documenti relativi alle pratiche di trasporto saranno elettronici) e interagire col sistema di single window amministrativa, secondo il modello di e-freight e in ottemperanza al modello e-customs che ci si aspetta a pieno regime.

di Piano della Mobilità

14/dic/2015

Visione

 

Obiettivi generali per il sistema di trasporto

Gli obiettivi generali del sistema di trasporto sono:

  • Soddisfare le necessità economiche, sociali e ambientali della collettività.
  • Minimizzare gli impatti negativi sull’economia, la società e l’ambiente.
  • Assicurare elevata flessibilità e capacità di adattamento e di riorganizzazione.

L’ultimo obiettivo è necessario per superare le sfide future di un mondo in rapida trasformazione.

Inoltre si hanno i seguenti obiettivi specifici che corrispondono alle tre dimensioni solitamente considerate per la sostenibilità (economica, ambientale e sociale).

Obiettivi di sostenibilità economica:

  • Contribuire a realizzare un sistema che sostenga il progresso economico europeo, rafforzi la competitività e offra servizi di mobilità di elevato livello, garantendo allo stesso tempo un uso più efficace delle risorse.
  • Due obiettivi riguardano l’abilità del sistema di trasporto di contribuire alla crescita economica e alla creazione di occupazione.
  • Un ulteriore obiettivo riguarda la limitazione della crescita della congestione.

Obiettivi di sostenibilità ambientale:

  • Tre obiettivi che riguardano ridurre o evitare il cambiamento climatico, riducendo le emissioni di gas a effetto serra, le emissioni locali dannose, il rumore e le vibrazioni prodotto dai trasporti.
  • Un ulteriore obiettivo che riguarda la protezione delle aree sensibili dal punto di vista ambientale.

Obiettivi di sostenibilità sociale:

  • Ridurre o eliminare gli incidenti gravi e mortali.
  • Alti standard di accessibilità a residenze, opportunità/servizi, attività, per rispondere alle necessità di mobilità degli individui e delle imprese.
  • Accrescimento della coesione sociale, comprese le riduzioni di esclusione sociale e territoriale.
  • Partecipazione estesa dei cittadini alla pianificazione.
  • Alti standard di qualità dei posti di lavoro nel settore dei trasporti.

Obiettivi di tipo quantitativo per il sistema di trasporto nel suo complesso possono essere definiti sulla base degli obiettivi adottati a livello europeo e posti alla base del Libro Bianco Roadmap to a Single European Transport Area (European Commission, 2011a).

L’obiettivo generale di conseguire un sistema di trasporto sostenibile al 2050 viene tradotto nei seguenti tre obiettivi specifici:

  • Riduzione delle emissioni di gas serra coerentemente con gli obiettivi stabiliti nella “Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050” (European Commission, 2011b) consistenti nel contenimento del cambiamento climatico a +2°C e nella riduzione delle emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050 rispetto al 1990. Le emissioni di CO2 del settore dei trasporti (tank-to-wheel) dovrebbero essere ridotte del 60% al 2050 rispetto al 1990. In questo target è compreso il settore aereo ed escluso il marittimo internazionale.
  • Una drastica riduzione della dipendenza del settore dei trasporti dal petrolio, in linea con gli obiettivi della Strategia al 2020 dell’Unione Europea per i Trasporti che afferma il principio della de-carbonizzazione dei trasporti.
  • Limitare la crescita della congestione senza ridurre il numero di spostamenti, ma piuttosto con la gestione della domanda e una migliore utilizzazione delle infrastrutture.

Inoltre, l’Unione Europea ha adottato il Pacchetto Clima ed Energia che stabilisce i seguenti obiettivi denominati “20-20-20″ per il 2020:

  • 20% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto al livello del 1990;
  • aumento al 20% della quota di energia da rinnovabili;
  • aumento del 20% dell’efficienza energetica.

Il Libro Bianco Roadmap to a Single European Transport Area (European Commission, 2011a) ha identificato gli obiettivi specifici per raggiungere il target della riduzione di CO2 del 60% entro il 2050, di seguito riportati.

Mettere a punto e utilizzare carburanti e sistemi di propulsione innovativi e sostenibili.
  1. Dimezzare entro il 2030 nei trasporti urbani l’uso delle autovetture «alimentate con carburanti tradizionali» ed eliminarlo del tutto entro il 2050; conseguire nelle principali città un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO2 entro il 2030.
  2. 2Nel settore dell’aviazione utilizzare entro il 2050 il 40% di carburanti a basso tenore di carbonio; sempre entro il 2050, ridurre nell’Unione europea del 40% (e, se praticabile, del 50 %) le emissioni di CO2 provocate dagli oli combustibili utilizzati nel trasporto marittimo.
Ottimizzare l’efficacia delle catene logistiche multimodali, incrementando tra l’altro l’uso di modi di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico.
  1. Sulle percorrenze superiori a 300 km il 30 % del trasporto di merci su strada dovrebbe essere trasferito verso altri modi, quali la ferrovia o le vie navigabili, entro il 2030. Nel 2050 questa percentuale dovrebbe passare al 50 % grazie a corridoi merci efficienti ed ecologici. Per conseguire questo obiettivo dovranno essere messe a punto infrastrutture adeguate.
  2. Completare entro il 2050 la rete ferroviaria europea ad alta velocità. Triplicare entro il 2030 la rete ferroviaria ad alta velocità e mantenere in tutti gli Stati una fitta rete ferroviaria. Entro il 2050 la maggior parte del trasporto di passeggeri sulle medie distanze deve avvenire per ferrovia.
  3. Entro il 2030 dovrebbe essere pienamente operativa in tutta l’Unione europea una «rete essenziale» TEN-T multimodale e nel 2050 una rete di qualità e capacità elevate con una serie di servizi d’informazione connessi.
  4. Collegare entro il 2050 tutti i principali aeroporti della rete alla rete ferroviaria, di preferenza quella ad alta velocità; garantire che tutti i principali porti marittimi siano sufficientemente collegati al sistema di trasporto merci per ferrovia e, laddove possibile, alle vie navigabili interne.
Una strategia per conseguire una «logistica urbana a zero emissioni» nel 2030
  1. Produrre orientamenti sulle migliori pratiche per monitorare e gestire meglio i flussi delle merci a livello urbano (es: centri di consolidamento, dimensioni dei veicoli nei centri storici, limitazioni regolamentari, «finestre» per le consegne, potenzialità non valorizzate del trasporto fluviale).
  2. Definire una strategia per conseguire l’obiettivo di una «logistica urbana a zero emissioni» con un approccio diversificato, dalla pianificazione territoriale all’accessibilità del trasporto ferroviario, dalle modalità operative della distribuzione all’ICT, dai sistemi di tariffazione agli standard riguardanti le tecnologie dei veicoli.
  3. Promuovere appalti pubblici congiunti per l’acquisto di veicoli a basse emissioni da utilizzare nel parco veicoli commerciali (furgoni per le consegne, taxi, autobus ecc.).
Migliorare l’efficienza dei trasporti e dell’uso delle infrastrutture mediante sistemi d’informazione e incentivi di mercato.
  1. Rendere operativa in Europa entro il 2020 l’infrastruttura modernizzata per la gestione del traffico aereo (SESAR) e portare a termine lo spazio aereo comune europeo. Applicare sistemi equivalenti di gestione del traffico via terra e marittimo — ERTMS, ITS, SSN e LRIT, RIS — nonché il sistema globale di navigazione satellitare europeo (Galileo).
  2. Definire entro 2020 un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali.
  3. Avvicinarsi entro il 2050 all’obiettivo «zero vittime» nel trasporto su strada, mentre il numero di vittime dovrebbe essere dimezzato entro il 2020 e l’Unione europea dovrebbe imporsi come leader mondiale per quanto riguarda la sicurezza in tutti i modi di trasporto.
  4. Procedere verso la piena applicazione dei principi «chi utilizza paga» e «chi inquina paga», in modo che il settore privato s’impegni per eliminare le distorsioni — tra cui i sussidi dannosi —, generare entrate e garantire i finanziamenti per investimenti futuri nel settore dei trasporti.

di Piano della Mobilità

09/dic/2015

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Il territorio della Provincia di Rieti si estende tra la dorsale appenninica e la riva sinistra del Tevere ed occupa una posizione periferica nella regione. Esso è caratterizzato da una zona prevalentemente montuosa ad est, una conca centrale pianeggiante ed una fascia collinare ad ovest, aperta sulla Valle del Tevere.

La provincia, nel panorama laziale rappresenta un caso anomalo per l’esigua presenza di processi industriali e di urbanizzazione. Le attività turistiche e quelle agricole rappresentano pertanto le principali fonti di reddito e di potenziale sviluppo socio-economico.

Il PTPG della Provincia di Rieti, adottato con delibera del Consiglio Provinciale n. 60/2005, integrata con deliberazione di Giunta Provinciale n. 11/2009, è stato approvato dalla Giunta Regionale tramite ratifica dell’Accordo di Pianificazione. Il PTPG è fortemente centrato sul concetto di sostenibilità ambientale degli interventi, sul carattere partecipato del processo di programmazione e sull’approccio di tipo “progettuale” piuttosto che regolativo. L’idea di fondo è quella di una provincia che fino a solo qualche anno fa classificabile tra quelle “sottosviluppate”, oggi paradossalmente può risultare più ricettiva nei riguardi di un possibile altro modello di sviluppo non basato esclusivamente sull’ipercompetitività dei mercati, ma sulla valorizzazione delle identità locali, delle differenze e delle risorse ambientali. Territorio seppure meno ricco di beni materiali e di merci, più competitivo sul piano della salute ambientale (e sociale), più ricco di sapienze locali necessarie a supportare un altro sviluppo.

Lo schema di Piano si compone essenzialmente di un quadro delle politiche territoriali e di sviluppo locale, cui corrispondono delle scelte strategiche, e di un sistema di “Progetti di Territorio” riguardanti altrettanti ambiti del territorio provinciale. I “Progetti di Territorio” rappresentano una delle modalità fondamentali con cui si esplica il processo di pianificazione del PTPG; essi costituiscono, al contempo, una sezione dell’apparato normativo del Piano e un’indicazione operativa riguardante specifici ambiti territoriali. I sette ambiti in cui si articola il territorio provinciale sono: Amatriciano, Velino, Terminillo e Monti Reatini, Piana Reatina e Valle Santa, Salto – Cicolano, Turano, Sabina (articolata in tre sub-ambiti: Passo Corese e valle del Tevere, Valle del Farfa, Poggio Mirteto e Bassa Sabina). Ogni Progetto di territorio si struttura nel seguente modo:

  • interpretazioni dei mutamenti territoriali;
  • caratterizzazioni ambientali;
  • criticità ambientali e vincoli sovra-ordinati;
  • obiettivi e criteri progettuali;
  • organizzazione del processo progettuale;
  • linee di azione progettuale;
  • approfondimenti a sostegno del progetto;
  • indicazione e criteri progettuali per la pianificazione locale.

Per quanto concerne il Sistema Ambientale, è stata condotta un’analisi sulla base delle principali valutazioni del sistema ambientale e paesaggistico realizzate negli ultimi anni nella provincia di Rieti (Rete Natura 2000, Piani Paesistici, Piani Stralcio dell’Autorità di Bacino Fiume Tevere, Agenda 21 Provincia Rieti, ecc.). L’analisi ha inteso evidenziare gli “ambiti di attenzione” in cui sistema insediativo e sistema paesaggistico ambientale possono entrare in conflitto.

Le linee d’azione generali che il Piano individua per il Sistema Insediativo sono volte principalmente ad una riqualificazione ambientale ed edilizia, attraverso interventi di riordino morfologico degli insediamenti lineari, di riorganizzazione morfologico – funzionale dei nuovi insediamenti e di valorizzazione della qualità urbana e funzionale dei centri storici. Particolare attenzione è posta al sistema degli spazi pubblici e dei servizi comuni in rapporto al contesto ambientale. Significative per l’assetto complessivo del territorio reatino sono le azioni che mirano a ripristinare il rapporto tra il sistema insediativo e il sistema ambientale attraverso la riqualificazione di centri storici all’interno del contesto morfologico –paesistico e attraverso la riduzione delle pressioni antropiche sulle risorse ambientali. Anche le azioni individuate con riferimento a sistemi insediativi complessi, composti dai nuclei storici ed espansioni recenti, mirano al contenimento e alla riqualificazione edilizia ed ambientale delle espansioni.

Per il Sistema Relazionale vengono definite le strategie di intervento di cui, qui di seguito, si fornisce un quadro sintetico:

  • potenziamento del sistema di trasporto su ferro;
  • adeguamento e messa in sicurezza della Via Salaria;
  • completamento della dorsale appenninica Sora – Avezzano – Terni – Rieti, con la realizzazione del tratto Rieti – Terni;
  • potenziamento dell’aeroporto di Rieti;
  • attuazione del piano di bacino provinciale;
  • miglioramento della rete di accessibilità a livello locale;
  • realizzazione di percorsi turistici dedicati, progettati ed attrezzati in funzione di connessione delle aree protette.

di Piano della Mobilità

30/nov/2015

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Il territorio della Provincia di Viterbo si estende sulla costa per oltre 40 km; è ricco di risorse ambientali e culturali, ed è dotato di un fitto reticolo idrografico.

La provincia di Viterbo, considerata un’area ad elevata ruralità (la popolazione rurale supera il 50% del totale), è la provincia attualmente più competitiva della regione, dopo la Provincia di Roma. L’economia viterbese, negli ultimi anni, ha conosciuto un processo di lenta ma costante trasformazione del sistema produttivo locale, perseguendo un modello fondato sulla qualità ed inserito in un ambiente organizzato “in rete” tra gli attori locali (istituzioni, imprese, banche locali, università). Su tale modello ha indubbiamente influito lo sviluppo turistico delle aree confinanti della bassa Toscana e dell’Umbria.

La rete infrastrutturale provinciale non è tuttavia idonea a supportare le potenzialità ancora inespresse dell’economia e della società viterbese, anche a causa i ritardi nel completamento di importanti infrastrutture stradali e ferroviarie, come la linea ferroviaria Orte –Civitavecchia. Problematici sono i rapporti con la Provincia di Roma, a causa dell’inglobamento della popolazione meridionale della provincia nell’area di influenza metropolitana. Questo fenomeno ha fatto sì che i centri in questa fascia abbiano registrato un forte incremento rispetto alla media provinciale ma in maniera non pianificata, aumentando così i problemi di congestione, di carenza dei servizi e di mobilità.

L’accordo di Pianificazione relativo al PTPG della Provincia di Viterbo è stato ratificato con la Delibera n.4 della Giunta Regionale dell’11 gennaio 2008. Il piano si pone come obiettivo di fondo la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle risorse territoriali e socio – economiche, tipiche della provincia, mantenendo, allo stesso tempo, una qualità ambientale e paesaggistica ottimale e un razionale utilizzo del suolo e delle infrastrutture.

Per quanto riguarda il Sistema Ambientale, il PTPG individua le aree soggette a rischio idraulico e geomorfologico, recependo indirizzi, contenuti, vincoli e normative del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino Tevere). Gli obiettivi principali sono:

  • la valorizzazione delle risorse non rinnovabili e il recupero delle aree e degli ecosistemi degradati;
  • la tutela dell’assetto idrogeologico e della qualità delle acque.

Il PTPG vede nel Sistema Insediativo (urbano e rurale), il luogo delle principali attività produttive e di servizio. Oltre a problemi di gestione urbanistica (parziale inefficacia dei piani regolatori, mancata concertazione nella pianificazione urbanistica tra comuni limitrofi, polverizzazione delle aree industriali ed artigianali, ecc.), affronta anche problemi di tipo ambientale (consumo di suolo in aree agricole di pregio, inquinamento delle acque e dei suoli, ecc.) e paesistico (assenza di qualità negli insediamenti, storici e recenti). Le strategie del PTPG al riguardo sono così sintetizzabili:

  • contenimento della crescita urbana operando prioritariamente sul patrimonio edilizio esistente, potenziamento del verde e dei servizi urbani, tutela dello spazio rurale;
  • rafforzamento e valorizzazione delle diversità e delle identità dei sistemi insediativi locali, attraverso la rivitalizzazione e il recupero dei centri storici, la riqualificazione di tessuti consolidati e/o dismessi e l’integrazione delle funzioni urbane;
  • individuazione dei “paesaggi provinciali tipici” per garantire l’effettivo rispetto della destinazione rurale delle parti di territorio così individuate.
  • Sulla base di tali obiettivi generali, il Piano si compone di una parte programmatica in cui vengono delineate alcune linee strategiche, socio – economiche e territoriali, che mettono in luce le potenzialità del territorio e costituiscono un riferimento per gli enti locali e per la programmazione della spesa pubblica. Vengono, infine, indicati cinque progetti speciali pilota che si riferiscono principalmente alla:
  • creazione di un sistema di itinerari di fruizione ambientale, storico culturale ed enogastronomica;
  • tutela e valorizzazione integrata delle risorse termali attraverso la creazione di un distretto archeologico – termale;
  • valorizzazione a fini paesistici della Strada provinciale Cimina come dorsale di fruizione di tutto il comprensorio dei monti Cimini;
  • creazione di un sistema di supporto per lo sviluppo economico della provincia che coordini la programmazione territoriale;
  • attuazione di meccanismi premiali e di forme di incentivazione per le amministrazioni locali che intendano attuare politiche di programmazione sensibili alle tematiche ambientali.

di Piano della Mobilità

23/nov/2015

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La provincia di Frosinone si colloca in posizione periferica rispetto alle aree urbane forti di Roma e Napoli, ma allo stesso tempo strategica perché costituisce sia un nodo delle direttrici longitudinali che le collegano (autostrada A1 e linea ferroviaria), sia di quella trasversale tra il Lazio meridionale e le regioni adriatiche.

Il territorio provinciale ha subito nel tempo profonde trasformazioni di assetto: caratterizzato agli inizi degli anni ’60 da attività agricole prevalenti, tra gli anni ’60 e ’70 si è sviluppato un ciclo di rapida e profonda trasformazione industriale, promosso ed assistito dalla Cassa per il Mezzogiorno. La terza fase, più recente, è iniziata negli anni ’80 con un rallentamento della crescita ed una maggiore incertezza circa le prospettive di sviluppo economico. Il passaggio all’economia dei servizi, integrativa di quella industriale, avvenuto negli anni ’90, ha fatto emergere da un lato i problemi tradizionali della provincia, dall’altro ha però permesso di concentrare l’attenzione sul tema dello sviluppo locale. La provincia mantiene ancora il primato industriale nel Lazio, ma sta attraversando un processo di dismissione delle imprese estere, di estese ristrutturazioni e di scarse iniziative innovative.

Anche la Provincia di Frosinone ha completato l’iter di approvazione del PTPG, acquisendo così le competenze in materia urbanistica previste dalla LR 38/1999. La strategia proposta dal Piano per lo sviluppo tende ad attivare un rapporto cooperativo tra le varie aree economicamente più forti e più deboli nonché all’interno della regione nel suo complesso, secondo un modello non conflittuale, finalizzato alla valorizzazione delle risorse locali ed alla specializzazione dei sub-sistemi territoriali. La necessaria trasformazione del modello insediativo “storico” policentrico in un modello reticolare, caratterizzato da forme di aggregazione intercomunale, rappresenta un punto nodale della strategia provinciale, che mira a creare un “sistema provincia” ed a valorizzazione il ruolo delle istituzioni locali in un processo di sviluppo bottom-up. Il Piano considera quali motori delle trasformazioni territoriali due linee guida di dinamica:

  • qualità e sostenibilità ambientale ed insediativa, intesa come crescita socio-culturale e come evoluzione in senso qualitativo della domanda di consumi privati, insieme con quelli sociali rivolti al territorio:
  • adeguamento e specializzazione della base economica e modernizzazione dei sistemi funzionali locali, per mantenere competitiva la provincia e garantire un funzionamento cooperativo tra le varie aree attraverso la valorizzazione delle risorse locali.

Sulla base di queste linee guida vengono selezionate quattro aree obiettivo che forniscono un’immagine programmatica dell’assetto strutturale del territorio provinciale a medio – lungo periodo (2015- 2020):

  • tutela e valorizzazione diffusa dell’ambiente a fini di larga fruibilità sociale, come condizione per uno sviluppo sostenibile;
  • riordino e qualificazione della struttura insediativa provinciale, fattore di identità delle comunità locali, in una dimensione di area vasta a carattere intercomunale;
  • modernizzazione e sviluppo dei sistemi funzionali, a supporto di nuove funzioni produttive, strategiche e di servizio, in condizioni competitive di integrazione ed accessibilità;
  • efficienza del sistema della mobilità e del trasporto pubblico a livello interprovinciale, provinciale e locale.

Approfondendo questi obiettivi, il Piano promuove un’estesa azione di riordino strutturale e di qualificazione del territorio provinciale, finalizzandola alla nuova domanda socio-culturale e fornendo indirizzi di base e modelli organizzativi a lungo termine, da precisare e sviluppare progressivamente in azioni concertate tra Regione, Provincia ed Enti locali. Le direttive e le proposte del PTPG per le aree obiettivo definiscono l’assetto strutturale del territorio nel medio – lungo termine tramite:

  • la trama delle risorse ambientali e storico-culturali, dei percorsi verdi e degli interposti spazi agricoli di tutela e riserva produttiva e paesistica;
  • la rete ecologica provinciale, primo elemento ordinatore dell’assetto insediativo e condizione di riqualificazione ambientale, che connette le aree di maggior valore naturalistico delle dorsali montane e dei principali percorsi fluviali alle aree interposte;
  • il sistema policentrico urbano con le sue più recenti espansioni, articolato in sub-sistemi insediativi, da orientare e valorizzare nelle rispetto delle specifiche identità e relazioni.

A questo fine il Piano agisce in prevalenza a livello intercomunale, definendo preliminarmente la morfologia dei diversi sub-sistemi: costruzioni urbane complesse (unitarie, policentriche, conurbazioni); insediamenti urbani isolati (nucleari o lineari); costruzioni non urbane ed insediamenti diffusi (nuovo habitat non urbano). La gerarchia delle funzioni di servizio è articolata su vari livelli di offerta:

  • concentrazione di funzioni superiori in 4 centri di sostegno della rete urbana (Anagni, Frosinone, Sora – Isola Liri, Cassino);
  • sviluppo del ruolo di centri intermedi per l’offerta di servizi alla popolazione e alla produzione nei 10 centri dei sub-sistemi locali; è qui prevista la creazione di cittadelle integrate ospitanti le funzioni strategiche (direzionalità economica, università, ricerca e sviluppo, logistica, servizi ambientali, ecc.);
  • rafforzamento del ruolo dei centri di base come riferimento organizzativo per i servizi dell’insediamento minore o diffuso.

Le funzioni produttive sono legate al rilancio degli agglomerati ASI, con indirizzi innovativi, servizi specializzati, integrazione produttiva. La pianificazione delle funzioni legate alla valorizzazione delle risorse locali (turismo, agricoltura specializzata, beni culturali) sono demandate al livello locale.

di Piano della Mobilità

13/nov/2015

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La Provincia di Latina si estende dall’Agro pontino sino al Garigliano ed ai Monti Lepini, Ausoni ed Aurunci. Comprende le isole di Ponza, Ventotene e Santo Stefano. Si tratta di un territorio con una particolare configurazione geografica estesa in lunghezza e con realtà sociali assai diverse per tradizione e culture. Il territorio provinciale è rappresentato per il 58,67% da territorio agricolo; esso è posto al centro di un vasto bacino di domanda alimentato dalle aree metropolitane di Roma e Napoli, il che ne favorisce lo sviluppo turistico costiero, al costo tuttavia di notevoli livelli di congestione estiva e di disordine urbanistico in alcune aree dal delicato equilibrio ambientale. Per quanto riguarda il sistema produttivo, la maggior parte delle aree industriali è nata nel quadro di intervento della Cassa per il Mezzogiorno, con un’ottica puntata all’industria medio – grande, attualmente in crisi a causa dello scarso contenuto tecnologico ed innovativo.

Il PTPG della Provincia di Latina, non è a tutt’oggi pervenuto alla ratifica da parte della conferenza di copianificazione ed è allo stato di Documento Preliminare di Indirizzo (DPI). Tenendo conto degli indirizzi regionali, il DPI ha approfondito la problematica delle relazioni economiche e spaziali della Provincia di Latina, ipotizzando un’organizzazione policentrica dei servizi e delle funzioni strategiche partendo dalle specificità culturali, oltre che sociali ed economiche, delle tre sub-aree provinciali: nord – pontino, sud – pontino e zona montana. La metodologia adottata per la redazione del PTPG è quella del piano – processo: gli obiettivi della strategia provinciale sono il risultato della concertazione delle varie amministrazioni comunali che individuano le politiche utili alla concretizzazione degli interventi programmati. Tutto il processo è concepito in forma flessibile, in modo da adeguarsi ai limiti della trasformabilità del territorio, al mutare delle condizioni di fattibilità e delle risorse disponibili. Le strategie di piano prevedono:

  • il rafforzamento delle direttrici strutturali storiche con interventi strategici mirati all’inserimento di centralità urbane e di servizi: (emergenze architettoniche, completamenti o trasformazione di manufatti edilizi, formazione di aree verdi strutturanti e di aree di comparto perequato);
  • la definizione programmatica delle parti che costituiscono unità omogenee da un punto di vista tipo-morfologico e che sono regolate con sezioni distinte di norme di indirizzo;
  • la definizione di localizzazioni strategiche dei servizi, secondo la loro classificazione e gerarchia funzionale.

La struttura urbana, intesa programmaticamente nel suo assetto policentrico, può essere caratterizzata e riqualificata con l’individuazione di alcune aree strategiche con vocazioni funzionali specializzate e prevalenti. Le azioni di piano sono differenziate con riferimento alle diverse componenti morfologiche del territorio e specificate a livello normativo.

Azioni sui tessuti urbani. Conservazione urbanistica, consistente nel restauro e ripristino dei tessuti di qualità e nel risanamento urbanistico dei tessuti ordinari. Nuovi servizi pubblici in aree private, secondo i meccanismi della perequazione, da attuarsi senza ricorso all’esproprio.

Azioni sui tessuti rurali. Per gli insediamenti rurali si prescrivono regole di conservazione delle caratteristiche morfologiche dell’edilizia e degli spazi di pertinenza in rapporto alla condizione produttiva dei fondi. Le trasformazioni d’uso delle aree rurali si presentano sempre più frequentemente e vanno quindi valutate sulla base di una griglia di riferimento normativo che tenga anche conto della reversibilità o meno di tali trasformazioni.

di Piano della Mobilità

09/nov/2015

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Il Comune di Roma riveste un ruolo primario, nel territorio del Lazio, in termini di popolazione residente, imprese ed addetti, mobilità, pertanto, si è ritenuto importante analizzare i principali strumenti di pianificazione e programmazione comunale.

L’area comunale romana, nel corso dell’ultimo decennio è stata caratterizzata da un progressivo incremento delle attività, nonché da un lieve incremento della popolazione residente e da un’espansione della residenzialità sia nella periferia che nei comuni contermini, causa di un maggiore pendolarismo verso la Capitale ed in particolare all’interno del GRA nella città consolidata. Inoltre, la crescita dei flussi turistici e delle funzioni direzionali ha determinato una serie di trasformazioni nell’area più centrale della città.

Il sistematico incremento della domanda di mobilità e la sua stretta connessione con le dinamiche di trasformazione della società comporta che la pianificazione e l’organizzazione dei trasporti recepisca, in tempi rapidi e nel rispetto dei valori culturali ed ambientali, le esigenze dei cittadini e delle imprese.

Di seguito sono stati analizzati nel dettaglio le previsioni del Nuovo PRG del Comune di Roma (2008), il Piano Strategico della Mobilità Sostenibile (Linee d’Indirizzo, 2009), il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU, documento di discussione 2013).

Nuovo Piano Regolatore Generale del Comune di Roma

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Il Nuovo Piano Regolatore Generale (NPRG) di Roma è stato adottato nel 2003 ed approvato il 12 febbraio 2008 con deliberazione n. 18 del Consiglio Comunale. I principi cardine del nuovo PRG sono: orizzonte metropolitano, decentramento e policentrismo, tutela ambientale e del patrimonio storico-culturale, più servizi e funzioni urbane per le periferie, cura del ferro.

La strategia urbanistica del piano prefigura un nuovo assetto decentrato di una struttura urbana policentrica sostenibile ed accessibile, in cui i tessuti residenziali, le attività più periferiche, così come gli insediamenti diffusi, si riorganizzano intorno ai nuovi luoghi delle centralità urbane e metropolitane, spazi altamente qualificati per attività con forti contenuti innovativi, saldamente incardinati nelle aree residue dei tessuti stessi, in corrispondenza dei nodi di massima accessibilità del sistema della mobilità. Questa strategia, che mira a trasformare la città da un organismo monolitico, in un sistema metropolitano policentrico, assume una dimensione metropolitana, sia all’interno che all’esterno dei confini comunali nel rapporto con il territorio provinciale e con quello regionale.

L’obiettivo strategico della “rottura dell’isolamento del piano comunale”, la consapevolezza di non poter prescindere nella sua definizione all’interno di un “orizzonte metropolitano”, guidano nel tempo la promozione e la costruzione, ispirate a principi di copianificazione e sussidiarietà, di un sistema efficace di relazioni con il quadro della pianificazione provinciale e regionale, e con i rispettivi Enti di riferimento.

Per quanto concerne il confronto con il PTRG adottato con DGR 2581 del 19/12/2000, il nuovo Piano Regolatore Generale di Roma si pone in sostanziale compatibilità ai suoi obiettivi. In particolare, il NPRG prevede azioni programmatiche che riguardano il sistema relazionale relativamente al rafforzamento del sistema dei nodi di scambio e a quello della rete ferroviaria con l’obiettivo di migliorare complessivamente il sistema della mobilità urbana, cercando peraltro di incentivare l’utilizzo del sistema di trasporto pubblico con probabili ricadute positive in ambito urbano. Ulteriori interventi che il NPRG mette in campo riguardano il sistema insediativo con particolare riguardo ai servizi ed alla residenza. Le azioni di Piano relativamente al sistema ambientale, con l’adozione di precisi obiettivi circa la salvaguardia e valorizzazione del sistema ambientale, attribuiscono al Piano precisi connotati circa il principio di sostenibilità ambientale dello stesso.

Relativamente al sistema delle infrastrutture per la mobilità, la proposta del nuovo PRG segue espressamente i criteri di pianificazione di una mobilità sostenibile, definiti dal Libro bianco 2001 UE e, a livello nazionale, il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica.

In tale quadro di riferimento, i principali criteri di intervento che hanno orientato le proposte di assetto della mobilità nel nuovo PRG hanno riguardato:

  • una stretta integrazione fra politiche urbanistiche e politiche della mobilità in sede di pianificazione degli usi del suolo e di disegno dei vari tipi di rete nonché di programmazione ed attuazione contestuale dei sistemi di trasporto e degli insediamenti;
  • la consapevolezza di dover concentrare gli sforzi su forti investimenti per realizzare infrastrutture di trasporto rapido di massa con orizzonti di medio lungo-periodo;
  • la necessità di perseguire anche soluzioni di breve periodo di tipo più leggero capaci di velocizzare e dare priorità, accessibilità e affidabilità al trasporto pubblico di superficie in grado di apportare benefici meno consistenti ma in tempi più rapidi e a costi contenuti;
  • la necessità di far lavorare le diverse reti in modo integrato attraverso punti di corrispondenza e nodi di scambio;
  • l’opportunità di estendere e proteggere nello stesso tempo forme di mobilità pedonale e ciclabile;
  • la ricerca di strumenti normativi e organizzativi per la razionalizzazione della distribuzione delle merci a livello territoriale (ferrovie dedicate e interporti) e in ambito urbano attraverso piattaforme logistiche anche di piccole dimensioni;
  • la predisposizione di apparati fisici e normativi finalizzati a ridurre l’impatto ambientale da traffico motorizzato.

Per quanto riguarda la politica di integrazione del sistema insediativo con quello dei trasporti, si è fatto riferimento al modello di “concentrazione decentralizzata” che si basa sullo sviluppo policentrico e la localizzazione dei servizi attorno ai nodi della rete di trasporto pubblico a elevate capacità, estesa nelle periferie e resa più capillare nell’area centrale.

La rete di trasporto pubblico, organizzata intorno a direttrici ad elevata capacità su ferro e su corridoi di superficie con elevate prestazioni ed ad una rete di adduzione su autobus, può agire da catalizzatore di uno sviluppo compatto nelle zone suburbane.

Gli obiettivi del nuovo PRG sono:

  • realizzare un significativo riequilibrio tra le modalità del trasporto collettivo e individuale, riducendo in maniera significativa la dipendenza dai mezzi di trasporto motorizzati individuali e spostando quote consistenti della domanda e di risorse sui servizi collettivi;
  • migliorare le condizioni ambientali, attraverso la riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico, e la sicurezza dei cittadini durante gli spostamenti.

Il sistema si basa su una rete principale che utilizza diverse tecnologie: linee ferroviarie, metropolitane, tranviarie e corridoi per il trasporto pubblico in sede propria con sistemi innovativi ad alte prestazioni. Il servizio autobus completa il sistema con un’elevata capillarità e svolge il ruolo di adduzione al sistema del ferro nei nodi di interscambio. Le aree a bassa densità di domanda prevedono servizi con minibus, anche a domanda.

La rete stradale, con un incremento limitato a pochi essenziali tratti che completano soprattutto l’intelaiatura portante del settore orientale, è riclassificata per conseguire minori impatti nelle zone residenziali, un deflusso più regolare, ed evitare prestazioni che possano ridurre la competizione del trasporto pubblico.

Piano Strategico per la Mobilità Sostenibile

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In tema di pianificazione del sistema dei trasporti l’Amministrazione Comunale di Roma ha pubblicato nel 2009 il Piano Strategico per la Mobilità Sostenibile (PSMS). Tale Piano è un documento di indirizzo, di respiro pluriennale, finalizzato al miglioramento delle prestazioni complessive dell’offerta di trasporto attraverso la valorizzazione dei sistemi collettivi; al potenziamento delle capacità e dell’efficienza del sistema su ferro, con la previsione delle indispensabili strutture di supporto, quali parcheggi pubblici, stazioni attrezzate e nodi di scambio modale; all’incentivazione dell’intermodalità per le persone e per le merci con la conseguente riduzione dei fenomeni di congestione del traffico.

Le opportunità per intervenire strategicamente sul sistema di trasporti, nel breve periodo, riguardano il potenziamento e l’ottimizzazione dell’attuale sistema di mobilità attraverso:

  • la riorganizzazione della rete di trasporto pubblico di superficie attraverso il ridisegno della rete portante e della rete periferica;
  • l’individuazione di tracciati idonei per il potenziamento della rete tranviaria e per sistemi di trasporto innovativi di media capacità, avviando la fase progettuale/realizzativa di quegli interventi già valutati a livello di fattibilità tecnico-trasportistica;
  • la realizzazione degli interventi di ottimizzazione e potenziamento delle attuali metropolitane (impianti di segnalamento e di alimentazione, depositi, armamento, ecc.) necessarie a garantire la massima efficacia alle due nuove tratte B1 e C in corso di realizzazione;
  • il potenziamento dei servizi ferroviari metropolitani anche attraverso la rinegoziazione dei livelli di offerta erogati;
  • il potenziamento dei parcheggi di scambio esistenti e la rapida realizzazione di quelli in fase di progettazione avanzata;
  • l’attuazione di nuove politiche, anche innovative, per la regolazione della mobilità privata, incluse le due ruote;
  • la diffusione delle tecnologie per l’informazione e l’accessibilità ai servizi, sia del trasporto pubblico che privato;
  • la valorizzazione dei modi non motorizzati, non solo per gli spostamenti occasionali ma anche per l’accessibilità sistematica al trasporto pubblico;
  • la promozione di modi di trasporto collettivo di “nicchia” (taxi collettivo, car sharing, car pooling, ecc.) mirati a soddisfare le particolari esigenze di parte della popolazione e di aree con caratteristiche tali da richiedere servizi su misura del territorio urbano.

La finalità principale del PSMS è quella di contribuire a conferire un assetto ordinato ed efficace al sistema dei trasporti dell’area metropolitana romana per garantire ai cittadini un’adeguata tutela dei diritti alla mobilità, alla sicurezza e alla salute, in breve per una Mobilità Sostenibile. In tale ottica, il PSMS pone una serie di obiettivi quantitativi per il futuro:

  • migliorare l’accessibilità delle persone e delle merci all’area romana ed al suo hinterland, prioritariamente incrementando la ripartizione modale a favore del trasporto pubblico;
  • ridurre l’inquinamento atmosferico ed acustico dovuti al traffico ed alla congestione;
  • garantire la tutela dei beni archeologici ed architettonici della città nonché del suo patrimonio verde;
  • migliorare la sicurezza e la qualità delle infrastrutture;
  • aumentare la conoscenza ed il rispetto delle regole.

Il soddisfacimento di questi obiettivi si traduce in un’idea organizzativa della città che prevede:

  • un’articolazione della mobilità tale per cui con l’avvicinarsi al centro sia sempre maggiore l’utilizzo del trasporto pubblico ed in periferia, nonché nelle centralità, sia comunque garantita l’accessibilità a sistemi forti su ferro di elevata qualità;
  • l’allontanamento del traffico veicolare di attraversamento sia nella città consolidata che nelle periferie;
  • il potenziamento della mobilità di connessione con porti e aeroporti;
  • la valorizzazione delle vie d’acqua;
  • la progressiva pedonalizzazione del Centro Storico cioè la creazione di una rete percorsi pedonali protetti nel centro storico abbinata alla pedonalizzazione integrale di aree a forte valenza attrattiva, quindi l’estensione di tale rete di percorsi alle aree meno centrali;
  • l’uso diffuso di tecnologie per il controllo e l’informazione del traffico privato e della mobilità pubblica;
  • un processo educativo del cittadino e delle istituzioni addette ai controlli verso una maggiore consapevolezza delle regole e della sicurezza stradale.

Per la realizzazione di un sistema insediativo di tipo policentrico a rete, come previsto dal nuovo PRG, non è sufficiente che in ciascuna centralità sia garantita la presenza di una semplice fermata del trasporto pubblico, magari collocata a margine del sistema insediativo, con un treno, spesso già pieno, con frequenza di un’ora o mezz’ora. E’ necessario analizzare criticamente le potenzialità che le Ferrovie possono offrire e rivedere gli accordi sull’organizzazione dei servizi, sul potenziamento infrastrutturale e tecnologico e sui contratti di servizio per garantire un servizio urbano di qualità, in grado di qualificarsi come elemento portante della rete dei trasporti.

Lo strumento fondamentale e privilegiato è individuato nelle ferrovie riqualificate cioè il potenziamento dell’intermodalità sull’intera provincia e in generale sull’intera regione. Le ferrovie regionali saranno oggetto di un profondo ripensamento per trasformarsi nella vera ossatura della rete principale di trasporto dell’area metropolitana, quindi con elevate capacità di trasporto e frequenze che le connotino quali vere e proprie metropolitane regionali, e con servizi concretamente integrati e coordinati con quelli urbani. E non più solamente parcheggi di scambio ai terminali delle metropolitane, ma parcheggi diffusi in corrispondenza di ogni stazione ferroviaria dell’area metropolitana per raccogliere i pendolari nel luogo più prossimo alle loro residenze evitando di congestionare le strade di accesso in città.

A questo sistema di captazione dovrà essere associata un’adeguata ristrutturazione dei servizi COTRAL che attualmente in molti casi costituiscono vere e proprie duplicazioni del sistema ferroviario. La rete COTRAL dovrà operare sinergicamente con quella ferroviaria assumendo principalmente la funzione di adduttore al sistema di maggiore capacità. Anche all’interno della città deve essere avviata la trasformazione delle stazioni ferroviarie urbane in efficaci nodi di interscambio tra ferrovia e rete portante del trasporto di superficie e ove presente rete metro.

Nuovo Piano Generale del Traffico di Roma Capitale PGTU

Documento di discussione (13 dicembre 2013)

Sciopero vigili e corteo, a Roma rischio caos

Il primo PGTU fu approvato nel 1999 e riguardava il solo centro abitato di Roma interno al GRA. In quegli anni l’Amministrazione era intenzionata a operare sia per il governo della domanda di mobilità, sia per accrescere l’offerta di trasporto. Il PGTU era stato preceduto nel 96 da una estesa tariffazione della sosta che portò nelle casse comunali circa 10 milioni di euro l’anno, impiegati in un ampio programma di parcheggi di interscambio. Nei primi anni dopo l’approvazione del PGTU, tra il 1999 e il 2001, furono effettuate le prime gare per l’affidamento di servizi di TPL. Il corrispettivo pubblico per v-km passò dai 3,3 – 3,6 euro dei gestori in house a 2,2 euro. Questi costi applicati a tutti i gestori avrebbero portato a un risparmio nel solo 2004, di circa 193 milioni di euro, ovvero di un terzo dei corrispettivi effettivamente erogati dalla Regione e dal Comune. Gli anni successivi furono rivolti però allo sviluppo del sistema ferroviario e metropolitano con grandi e purtroppo lentissime e costose realizzazioni.

Il governo della domanda di mobilità ebbe una battuta d’arresto, così come la ricerca di efficientare il TPL. Nel corso degli ultimi 4 anni l’Atac è arrivata a circa 12.000 dipendenti con un fatturato di 1,2 miliardi di euro e una perdita in termini operativi di quasi 700 milioni di euro, nonostante abbia ricevuto circa 3 miliardi di euro di contributi pubblici. Una vettura-km ATAC costa quasi 3 volte il costo in Gran Bretagna e il doppio di quello svedese. Il culmine dell’abdicazione nel governo della domanda di mobilità si è avuta con la riduzione nel 2008 dei parcheggi a pagamento e delle tariffe.

Il problema della mobilità romana è prioritario per la soluzione di quello regionale, così è molto positiva la presentazione nel dicembre 2013 di un documento preliminare del nuovo PGTU con obiettivi molto avanzati come il pricing.

Il contesto di riferimento della città dal 1999 ad oggi è profondamente cambiato in termini di assetto del territorio, di distribuzione della popolazione, di livelli di motorizzazione. Inoltre, alcune leggi nazionali e regionali, entrate in vigore negli ultimi anni, condizionano fortemente le scelte in termini di pianificazione della mobilità, ad esempio nel caso del Piano regionale della Qualità dell’Aria, della normativa acustica e delle norme per la progettazione delle strade.

Il nuovo PGTU suddivide il territorio comunale in sei ambiti:

  • Zona 1 – Area Centrale Mura Aureliane;
  • Zona 2 – Anello Ferroviario;
  • Zona 3 – Circonvallazione esterna;
  • Zona 4 – G.R.A.;
  • Zona 5 – Zona extra G.R.A. e perimetrazione centri urbani;
  • Zona 6 – Acilia – Ostia.

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Per ciascuna zona il PGTU prevede delle specifiche azioni d’intervento tese al miglioramento delle criticità del sistema dei trasporti.

Per quel che concerne la pedonalità i principali interventi riguardano l’introduzione di isole ambientali e di aree pedonali nella Zona 1 e in tutto l’ambito urbano e la creazione di zone 30 e di ZTPP nelle altre zone del PGTU. Uno degli obiettivi principali è la riorganizzazione della rete pedonale soprattutto a favore degli utenti deboli (es. persone con ridotta mobilità, bambini ecc.) mediante l’abbattimento delle barriere architettoniche e la riorganizzazione degli spazi pedonali.

Relativamente alla mobilità ciclabile il nuovo PGTU prevede la definizione di un programma di attuazione pluriennale a partire dal Piano Quadro della Ciclabilità che mira allo sviluppo dell’intermodalità (bicicletta e TP), alla realizzazione di campagne di sensibilizzazione all’uso della bicicletta e di piste ciclabili locali nonché alla ricucitura della rete ciclabile principale esistente.

Per il sistema di trasporto pubblico, gli obiettivi da perseguire sono il miglioramento dell’accessibilità alle stazioni ferro; aumento della velocità commerciale; razionalizzazione della rete del trasporto pubblico. La rete di superficie sarà riorganizzata individuando una rete portante caratterizzata da affidabilità, frequenze elevate e maggiori velocità commerciali. La rete portante si attesta sui sistemi su ferro, favorendo l’intermodalità tra trasporto pubblico di superficie e trasporto metropolitano. Il sistema tranviario costituisce parte della rete portante. La restante parte della rete (rete locale) sarà costituita da linee di adduzione alla rete portante su gomma e su ferro collegando la periferia con i principali nodi di scambio delle linee principali (stazioni della metropolitana, stazioni ferroviarie dell’anello).

La tariffazione della sosta rappresenta uno dei principali strumenti di regolazione e gestione della domanda di spostamento nelle zone servite dal trasporto pubblico; per tale motivo il nuovo PGTU prevede un sistema di azioni per l’organizzazione e la gestione della sosta tariffata teso ad incentivare al massimo la scelta del TPL e di sistemi di mobilità dolce. Si prevede la redazione di nuovo Piano Urbano dei Parcheggi. Il nuovo Piano parcheggi definirà l’individuazione dei nuovi siti e delle relative modalità attuative in relazione alle reali esigenze della città di concerto con le indicazioni dei Municipi.

Il PGTU prevede misure che incentivano la riorganizzazione della rete stradale attraverso la nuova classifica funzionale delle strade ed il rispettivo regolamento viario, nonché da interventi tesi al miglioramento della sicurezza stradale.

Per quel che concerne la distribuzione delle merci il PGTU prevede la riorganizzazione e il miglioramento dell’efficienza della distribuzione garantendo la salvaguardia delle esigenze di espletamento delle attività artigianali e di servizio, la riduzione del numero di veicoli circolanti attraverso l’aggregazione dei soggetti che distribuiscono le merci e l’aumento del coefficiente di riempimento, il cambio di alimentazione dei mezzi verso modalità a basso impatto ambientale, la razionalizzazione delle aree di carico/scarico merci.

In prospettiva il PGTU prevede che i sistemi di bike e car sharing dovranno essere parte integrante di una nuova politica di mobilità in grado di offrire estensivamente ulteriori alternative all’uso del mezzo individuale sia per city users che per i cittadini romani. A partire dal Centro storico questi sistemi dovranno essere diffusi nelle aree esterne, in particolare, nelle aree sottoposte a misure di limitazione del traffico, nonché nelle aree ad elevata densità abitativa e turistica. I cardini di questi servizi saranno anche le stazioni del ferro ed i nodi di scambio che dovranno costituire veri e propri hub della mobilità sostenibile degli utenti/cittadini potranno avere a disposizione un ventaglio di scelte per potersi spostare e fare intermodalità con il trasporto pubblico.

E’ necessario attuare una nuova politica di diffusione delle tecnologie digitali, che sia anche coerente ed in attuazione del Piano Nazionale delle Tecnologie ITS finalizzate all’informazione, alla regolazione, al monitoraggio e al controllo della mobilità pubblica e privata, con l’obiettivo di riuscire a trovare, tramite concetti quali quelli di dati aperti ed interoperabilità, un efficace equilibrio tra la spinta d’innovazione tecnologica, il livello dei servizi ai cittadini ed una razionalizzazione della spesa della Pubblica Amministrazione.

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Il nuovo PGTU prevede specifici strumenti per la regolazione della domanda di spostamenti con mezzo privato e, in particolare, per la gestione degli accessi nelle zone centrali della città, mediate l’introduzione di ZTL nel Centro Storico, Zona Trastevere e ZTL merci. Per tutta l’area centrale e semicentrale (prima e seconda zona PGTU) la regolazione della domanda avviene attraverso il sistema di tariffazione della sosta su strada; nelle zone più esterne attraverso l’uso integrato del sistema pubblico-privato con i nodi di scambio. Il Piano prevede, inoltre, la possibile introduzione di un sistema di pricing tra la prima e la seconda zona PGTU che consenta al contempo una maggiore tutela delle zone centrali e l’internalizzazione dei costi del trasporto privato. Tale misura dovrà essere contestuale all’attuazione di specifiche misure di razionalizzazione e potenziamento del TP sulle direttrici portanti e alla disponibilità diffusa di sistemi di mobilità alternativa quali il bike ed il car sharing.

Per la sostenibilità dei nuovi insediamenti urbanistici, il Piano individua metodi e fornisce indicazione sulla raccolta dei dati da utilizzare negli studi d’impatto sulla mobilità che sono di supporto all’approvazione dei nuovi interventi edificatori.

Inoltre, vengono individuati dei valori obiettivo per l’offerta di trasporto pubblico da assicurare per ogni ambito PGTU in relazione ai valori di ripartizione modale di ciascuna area.

Nella ripartizione per fasi, ogni quota di edificabilità privata è subordinata alla preventiva o contestuale realizzazione delle infrastrutture di mobilità e dei servizi pubblici, che ne assicurino l’agibilità, l’accessibilità e la funzionalità urbanistica.

Infine, il nuovo PGTU definisce le linee guida per la redazione o l’aggiornamento dei Piani di settore: Piano Quadro della Ciclabilità (PQC); Piano delle merci e della logistica urbana; Piano della sosta; Piano Urbano Parcheggi; Piano comunale della Sicurezza Stradale; Piano dei bus turistici e delle linee Gran Turismo; Piano di riorganizzazione della rete del TPL di superficie.

di Piano della Mobilità

02/nov/2015

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La Provincia di Roma è un’area economicamente forte, che ha conosciuto negli anni prima della crisi una fase di sensibile espansione; la sua economia svolge, infatti, un ruolo trainante per la Regione e per il Paese, con un’offerta di beni e servizi rivolta per quasi il 50% della sua produzione ai mercati esterni, raggiungendo punte ancora più elevate per quanto riguarda le funzioni amministrative, le attività di ricerca, la direzionalità e la gestione delle grandi infrastrutture di trasporto. Tuttavia, è un’area che presenta al suo interno una sensibile disomogeneità, sia in relazione alla densità e alle dinamiche della popolazione residente, che in relazione alle caratteristiche della produzione e dell’economia. Tutto ciò comporta enormi problemi per la governabilità del territorio, dato l’enorme divario di peso economico e sociale tra la Capitale e il resto del territorio provinciale.

La struttura insediativa romana può essere interpretata come un sistema a più anelli: il “core” denso e sempre più economico della città compatta con prevalenze degli addetti sui residenti; un più ampio anello residenziale con varie funzioni economiche; un’ampia cintura verde rappresentata dall’agro romano; una corona con forti funzioni residenziali rappresentata dai comuni residenziali dinamici; infine una corona più esterna caratterizzata da esodo della popolazione e dalla presenza degli Appennini.

La ratifica dell’Accordo di Pianificazione relativo al Piano Territoriale Provinciale Generale della Provincia di Roma è recentissima (13 gennaio 2010). Le tematiche principali intorno a cui si sviluppa il Piano costituiscono anche indirizzi per la pianificazione comunale, e riguardano principalmente la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali, l’integrazione territoriale attraverso lo sviluppo di sistemi a rete, il coordinamento tra le politiche di localizzazione dei servizi di rango metropolitano e quelle di gestione dei sistemi di trasporto. Il Piano, che potrebbe essere riassunto in due termini, sostenibilità e partecipazione, ha quindi la funzione di accompagnare in maniera flessibile lo sviluppo del territorio, coordinando la progettualità delle amministrazioni locali e degli altri soggetti interessati. Il macro-obiettivo della strategia provinciale è quello dell’equipotenzialità di sviluppo socio-economico del territorio, da perseguire attraverso azioni di marketing territoriale mirate a rafforzare il tessuto produttivo e a valorizzare le potenzialità locali. Il raggiungimento di tale obiettivo passa necessariamente attraverso la discussione ed il confronto tra gli attori della trasformazione in cui la Provincia ha il ruolo di “mediatore”, su temi di interesse sovralocale, quali i grandi progetti di localizzazione delle funzioni metropolitane, il recupero dei sistemi produttivi, le reti infrastrutturali di trasporto e la verifica della sostenibilità ambientale.

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L’obiettivo generale perseguito dal PTPG può essere riassunto nello slogan “Costruire la Provincia Metropolitana”. Questo vuol dire organizzare il funzionamento metropolitano del territorio provinciale, inteso come “sistema integrato” costituito da componenti insediative e funzionali diverse per peso, risorse e specializzazione, connesse tra loro da relazioni efficienti e dinamiche di tipo reticolare. Sarà necessario, inoltre comporre la dialettica tra Regione, Provincia, sistemi locali e Roma, in termini di integrazione nella diversità di ruoli e risorse e porre natura e storia come componenti-valore (cioè invarianti caratterizzanti l’identità del territorio provinciale) e come condizioni di sostenibilità ambientale delle trasformazioni. Gli obiettivi del Piano sono così specificati:

  • relazioni materiali ed immateriali più efficienti e stabili, per lavoro, servizi e tempo libero, tra area centrale e sistemi locali di comuni e tra la provincia e la regione, privilegiando il trasporto collettivo;
  • sviluppo e valorizzazione delle risorse e dei modelli produttivi e insediativi locali, potenziando al contempo il sistema provincia nella sua globalità, attraverso lo sviluppo di funzioni innovative e di relazioni competitive rispetto ai mercati esterni;
  • assunzione di natura e storia come invarianti ordinatrici del territorio ai fini di una migliore qualità e di una maggiore fruibilità sociale; la riqualificazione dell’insediamento urbano e territoriale, nella sua varietà morfo-tipologica e nella nuova dimensione di area vasta intercomunale, contro la semplificazione e omogeneizzazione metropolitana;
  • ricorso generalizzato alla cooperazione interistituzionale ed in particolare intercomunale, attraverso una valutazione preventiva della fattibilità e degli effetti ambientali e sociali degli interventi proposti.

Da questi obiettivi generali discendono strategie ed azioni di sistema riguardanti: il sistema della mobilità, il sistema ambientale, il sistema insediativo morfologico e il sistema insediativo funzionale.

Sciopero vigili e corteo, a Roma rischio caos

Il confronto tra il Piano Provinciale e il nuovo Piano Regolatore Generale del Comune di Roma, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 18 del 12/02/2008., individua le linee comuni ai due strumenti urbanistici riportate di seguito:

  • assumere la coincidenza del processo di pianificazione con quello della gestione;
  • immaginare il nuovo piano come un piano strutturale, uno strumento di riferimento e di definizione delle compatibilità, entro cui rilanciare lo sviluppo della città;
  • orientare la progettualità forte e quella diffusa verso una strategia generale chiara, esplicita e condivisa;
  • ricostruire il rapporto spezzato fra trasporti, urbanistica ed architettura;
  • assumere i principi della sostenibilità, della perequazione e della sussidiarietà;
  • predisporre le condizioni per una reale costruzione della dimensione metropolitana;
  • rendere strutturale la fruizione dei valori storici nei processi di riqualificazione diffusa della città;
  • individuare nel sistema della mobilità (la cosiddetta cura del ferro) le linee guida per l’attuazione dei programmi di trasformazione.

di Piano della Mobilità

26/ott/2015

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La L.R. n.38 del 23 dicembre 1999 e s.m.i. “Norme sul governo del territorio” disciplina la pianificazione territoriale e urbanistica del Lazio, ovvero regola le trasformazioni fisiche e funzionali del territorio aventi rilevanza collettiva, nonché le azioni che determinano tali trasformazioni. La pianificazione territoriale regionale si esplica mediante il Piano Territoriale Regionale Generale (PTRG). Esso definisce gli obiettivi generali e specifici delle politiche regionali per il territorio, dei programmi e dei piani di settore aventi rilevanza territoriale, nonché degli interventi di interesse regionale.

Lo schema di PTRG del Lazio è stato adottato alla fine del 2000 come Quadro di Riferimento Territoriale (QRT). Più che un documento di pianificazione, il QRT costituisce un documento di indirizzi propedeutico alla formazione degli strumenti urbanistici sott’ordinati che, sulla base di una preliminare analisi del contesto socio economico e territoriale del Lazio, arriva a definire gli obiettivi (generali e specifici) delle politiche regionali per il territorio, e le rispettive azioni da intraprendere nei programmi e nei piani di settore. Tra gli obiettivi riguardanti il territorio vi sono:

  • Migliorare l’offerta insediativa per le attività portanti dell’economia mediante il potenziamento e la razionalizzazione dell’attività turistica, la razionalizzazione delle funzioni direzionali di alto livello, il potenziamento delle attività di ricerca e delle attività culturali;
  • Sostenere le attività industriali mediante la razionalizzazione degli insediamenti esistenti.

Il sistema insediativo è suddiviso in tre macrosettori: servizi superiori e reti, sedi industriali e reti, morfologia insediativa, servizi, residenza.

Per i servizi superiori e reti gli obiettivi sono i seguenti:

  • Indirizzare e sostenere i processi di sviluppo e modernizzazione mediante il sostegno allo sviluppo di nuove funzioni e alle funzioni superiori di eccellenza, e mediante il miglioramento e il riadeguamento dei modelli organizzativi di quelle esistenti;
  • Indirizzare e sostenere i processi di decentramento e di sviluppo locale delle funzioni superiori in tutto il territorio regionale, dilatando spazialmente il nucleo delle funzioni di eccellenza e integrando in una rete regionale unitaria di centralità urbane le funzioni rare (di livello regionale ed interregionale), superiori (di livello provinciale ed interprovinciale) e intermedie (di livello sub-provinciale);
  • Indirizzare e sostenere i processi di integrazione e di scambio tra le funzioni superiori all’interno e con il resto del mondo, riorganizzando i collegamenti tra le sedi delle funzioni di eccellenza in un sistema interconnesso alle grandi reti transnazionali e ristrutturando i collegamenti tra le sedi delle funzioni rare, superiori e intermedie, in un sistema regionale reticolare connesso a quello delle funzioni di eccellenza.

Per le sedi industriali e le reti gli obiettivi sono i seguenti:

  • Indirizzare e sostenere sul territorio regionale i processi in corso di rilocalizzazione, ristrutturazione e modernizzazione delle sedi industriali e relative reti di trasporto;
  • Portare a “sistema competitivo” l’offerta di sedi industriali di interesse regionale;
  • Riorganizzare, aggregare e qualificare i comprensori produttivi regionali in “Parchi di Attività Economiche” con interventi differenziati in rapporto alle esigenze.

Per la morfologia insediativa, i servizi e residenza gli obiettivi sono i seguenti:

  • Rafforzare e valorizzare le diversità ed identità dei sistemi insediativi locali e di area vasta e le diverse regole di costruzione urbana del territorio, potenziando l’organizzazione urbana provinciale e dell’area centrale metropolitana valorizzando l’articolazione, i caratteri e le regole dei sistemi insediativi componenti, e limitando la dispersione insediativa;
  • Migliorare la qualità insediativa in termini funzionali e formali, promuovendo la diffusione di attività e di servizi nei tessuti urbani, la valorizzazione delle specificità morfologiche, il recupero del degrado urbano e delle periferie, migliorando la qualità edilizia diffusa e l’utilizzazione del patrimonio abitativo;
  • Migliorare la qualità e la distribuzione di servizi mediante l’integrazione della distribuzione dei servizi sovra comunali, il potenziamento della distribuzione delle attrezzature sanitarie e delle attrezzature per l’istruzione superiore sul territorio, mediante l’incremento della grande distribuzione commerciale all’ingrosso e della distribuzione al dettaglio.

Gli obiettivi del QRT, per quanto concerne il quadro amministrativo e normativo consistono nel:

  • Riorganizzare l’amministrazione del territorio, individuando dimensioni demografiche e territoriali congrue per la soluzione unitaria dei problemi di pianificazione territoriale e di gestione dei servizi e riavvicinando i cittadini all’amministrazione del territorio;
  • Assicurare agli strumenti di programmazione e pianificazione un’idonea gestione, ovvero razionalizzando gli strumenti, le strutture e le procedure di gestione (PRS e QRT) e potenziando le attività di informazione, di documentazione a di analisi.

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L’assetto territoriale del Lazio viene configurato nello schema di PTRG come un sistema sostanzialmente unitario, suddiviso in sottosistemi coincidenti con le cinque province, con l’aggiunta di quella che viene chiamata la città metropolitana. Il sistema regionale è quindi schematizzabile in un nucleo centrale fortemente identitario, l’area romana, due aree a nord e a nordest (province di Viterbo e Rieti) di particolare valore paesistico, ma dal peso demografico piuttosto modesto, e due aree a sud sud-est (province di Frosinone e Latina), caratterizzate da un più marcato sviluppo demografico ed industriale concentrato nella valle del Sacco e nella pianura pontina. Il tessuto connettivo di tali sottosistemi è il vasto reticolo ambientale della regione, costituito dalle riserve e dai parchi naturali, e non ultimo dal litorale, caratterizzato da tratti sostanzialmente unitari.

Attraverso la lettura dei caratteri essenziali del sistema regionale sia dal punto di vista insediativo che socio-economico, lo schema di PTRG sottolinea la nota atipicità del Lazio rispetto al resto delle regioni italiane, dovuta all’accentuata disparità (in termini di peso demografico, concentrazione delle attività economiche, dotazione infrastrutturale, risorse culturali ecc.) tra l’area romana e le altre realtà territoriali. Tuttavia il PTRG definisce come obiettivo prioritario il riequilibrio territoriale basato sulla complementarità e l’interdipendenza tra i sottosistemi regionali, da ottenersi attraverso l’estensione dei fattori di competitività dall’area romana al resto del territorio. Tema centrale per lo sviluppo del contesto regionale è, dunque, quello della realizzazione di sistemi integrati di aree che ospitino diverse funzioni urbane, primo tra tutti quello dell’area romana (che necessita operazioni di ristrutturazione in un’ottica di effettivo policentrismo), seguito dalle realtà locali valorizzate nelle loro peculiarità e nei loro punti di forza, non “in alternativa” a Roma, ma in una chiave di complementarietà.

L’assetto del territorio regionale può ritenersi ormai definito nella sua dimensione provinciale, laddove le cinque province hanno messo a punto i rispettivi Piani Territoriali Provinciali Regionali (PTPG), mentre manca ancora il piano di assetto complessivo, fermo, appunto, allo schema generale del 2000. Trattasi probabilmente di una precisa scelta politico-amministrativa, riconducibile alla volontà di procedere dal basso verso l’alto, anche se questo ha determinato alcuni scollamenti e disomogeneità nelle strategie di sviluppo programmate a livello provinciale e locale.

A livello locale, lo stato della pianificazione comunale nel Lazio può essere sinteticamente connotato attraverso la percentuale di territorio regionale coperto da PUCG (cioè i vecchi Piani Regolatori Comunali), pari al 79% (298 Comuni su 378). È la Provincia di Roma ad avere la più alta percentuale di Comuni dotati di Piani (92%), mentre la Provincia di Rieti (62%) risulta essere quella con la minor percentuale. Purtroppo, è ancora preoccupante il numero di comuni privi di strumento urbanistico (80, pari al 21% del totale). Significativo è anche il numero di Comuni (49) che hanno adottato e controdedotto il PUCG, trasmettendolo alla Regione per l’approvazione. Numerosi Comuni (96), infine, hanno poi sottoposto a revisione il loro piano urbanistico attraverso una Variante Generale che ha un iter amministrativo del tutto simile a quello del PUCG.

Nel seguito, per delineare il quadro di assetto territoriale regionale, sono stati analizzati gli strumenti di pianificazione urbanistica (Piano Territoriale Provinciale Generale) delle cinque province laziali, nonché le previsioni del nuovo PRG del Comune di Roma, del Piano Strategico della Mobilità Sostenibile e del nuovo Piano Generale del Traffico Urbano (documento di discussione).

di Piano della Mobilità

19/ott/2015

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Nel Gennaio 2013 l’atto d’indirizzo per la definizione del Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale, emanato dall’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera, ha posto le basi per un riordino organico degli scali italiani, sotto il profilo infrastrutturale, dei servizi e delle gestioni. L’atto di indirizzo recepisce gli orientamenti comunitari espressi negli Orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti contenuti nella proposta del 6 febbraio 2012 di nuovo Regolamento del Parlamento e del Consiglio, nel Libro Bianco sullo spazio unico europeo dei trasporti del 28 marzo 2011, nel Regolamento “Cielo Unico Europeo – Single European Sky” del 10 marzo 2004 finalizzati alla ottimizzazione degli impianti esistenti e al miglioramento della qualità del servizio. Tra gli aeroporti considerati di rilevanza strategica a livello UE in quanto pertinenti a città o nodi primari è compreso Roma Fiumicino, mentre Roma Ciampino è inserito nella Comprehensive Network. Con riferimento a Roma Fiumicino, l’atto di indirizzo individua prioritario il potenziamento della capacità, dell’accessibilità e della intermodalità nello scalo.

I contenuti dell’atto di indirizzo sono in linea con quanto previsto nel piano di sviluppo degli aeroporti che ricadono sul territorio regionale, predisposto da ENAC, d’intesa con Aeroporti di Roma.

I piani di sviluppo dell’aeroporto di Fiumicino “Leonardo da Vinci” prevedono il raddoppio dello scalo per far fronte ad un futuro aumento della domanda, stimato dalla stessa AdR fino a 110 milioni di passeggeri nel 2044. Entro l’anno 2020 si prevede l’innalzamento della soglia di capacità dello scalo a 50 milioni di passeggeri/anno. Bisogna dire che con gli attuali trend e con lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria, che si muove ormai verso velocità di 350 km/h, queste stime risultano alquanto sovradimensionate. D’altra parte Heathrow con due piste serve 72 milioni di passeggeri il doppio di Roma Fiumicino.

Il progetto, chiamato “Fiumicino Nord” o “Fiumicino Due”, prevede la costruzione di una seconda aerostazione e di due nuove piste di atterraggio. Entro il 2020 è previsto il completamento di una nuova pista di volo, il potenziamento dei piazzali di sosta aeromobili e del sistema aerostazioni: verrà realizzata l’area di imbarco A, direttamente collegata al Terminal 1, e saranno completate le aree di imbarco E ed F, e quindi il Terminal 4 e l’area di imbarco J, direttamente collegati al Terminal 3. Il collegamento dei due impianti (il vecchio ed il nuovo) sarà garantito da un people mover. Il completamento complessivo del progetto è previsto per il 2044 ed il budget complessivo è stimato in 12,1 miliardi di euro di capitali totalmente privati.

Sono in programma due nuovi sistemi di smistamento e controllo bagagli, uno a servizio del Terminal 1 ed uno a servizio del Terminal 3. Per facilitare l’accessibilità verrà introdotto un nuovo sistema di trasporto automatizzato GRTS (Ground Rapid Transit System) che collegherà i Terminal con il Parcheggio Lunga Sosta e l’area Cargo City (http://www.adr.it/azn-piano-di-sviluppo).

È stato completato a luglio 2012 il MasterPlan a Lungo Termine (anno 2044), che prevede l’espansione nell’area a nord rispetto all’attuale impianto (vedi Figura 1).

Il progetto prevede una espansione dei confini del Leonardo da Vinci di ulteriori 1.300 ettari in aggiunta ai 1.600 attuali e la realizzazione di infrastrutture tali da ridisegnare completamente l’aeroporto.

In dettaglio lo sviluppo a Nord individua:

  • Nuovi Terminal per una superficie di circa 1 milione di metri quadrati
  • 100 uscite di imbarco di cui almeno il 70% dotate di loading bridge
  • Due nuove piste di volo
  • 170 nuove piazzole di soste per aeromobili
  • Un nuovo sistema di vie di rullaggio per consentire un agevole deflusso degli aerei
  • Nuove centrali tecnologiche tali da garantire una consistente aliquota di autoproduzione del fabbisogno di energia elettrica: il 30% del fabbisogno di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili; il 50% del fabbisogno di energia termica proveniente da fonti non rinnovabili;
  • Una nuova stazione ferroviaria per il collegamento diretto con il centro di Roma ed una stazione di people mover automatico per agevolare il collegamento con i Terminal esistenti
  • Un nuovo sistema di strutture ricettive, terziarie, servizi e parcheggi

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Figura1 – Piano di sviluppo a lungo termine dell’aeroporto di Fiumicino

Visti gli indirizzi ministeriali e il piano di sviluppo per l’aeroporto di Fiumicino, il potenziamento e la razionalizzazione del sistema aeroportuale prevedono la trasformazione in city airport per l’aeroporto di Ciampino. In particolare, nel Contratto di Programma ENAC-ADR 2012/2021 è previsto il mantenimento della quota attuale di movimenti giornalieri e la chiusura temporanea al 2019 per riqualifica globale con riapertura in configurazione City Airport al 2020. Il Contratto di Programma prevede che la chiusura nel 2019 sia conseguente alla delocalizzazione del traffico sul nuovo aeroporto di Viterbo, la cui entrata in esercizio però non è più prevista. Ne consegue che eventuali operazioni e chiusure al traffico dell’aeroporto di Ciampino saranno possibili solo in relazione alla realizzazione del previsto ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino.

La “Nuova Intesa Generale Quadro” sottoscritta nel 2011 da Regione Lazio e dal Governo Centrale, pur se non inserita nell’allegato Infrastrutture della Legge Obiettivo, indica i seguenti problemi e interventi.

I problemi derivanti dalla condivisione della linea tra il servizio FR 1 e il Leonardo Express, aggravata negli ultimi anni a seguito della realizzazione di ulteriori due fermate (Fiera di Roma e Parco Leonardo) tra Ponte Galeria e Fiumicino Aeroporto, rendono necessario un intervento di potenziamento dell’infrastruttura. L’intervento proposto riguarda il quadruplicamento della tratta tra Fiumicino e Ponte Galeria di circa 7,3 km, mediante la realizzazione di un corpo ferroviario in rilevato, la realizzazione delle nuove stazioni di Ponte Galeria e di Fiera di Roma.

Tutto ciò consentirà di rispondere in maniera soddisfacente al prevedibile futuro incremento della domanda aeroportuale. Il Quadruplicamento della  tratta ferroviaria tra Ponte Galeria e Fiumicino Aeroporto, compresa la nuova stazione di Fiera di Roma interagisce con il sistema ferroviario nazionale, in modo da favorire l’accesso all’hub intercontinentale di Fiumicino sia con le infrastrutture di rilevanza nazionale del territorio del centro-nord che del centro-sud. Tale esigenza comporta la necessità di raccordare la nuova infrastruttura ferroviaria anche con il sistema portuale di Fiumicino.

di Piano della Mobilità

12/ott/2015

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Il sistema aeroportuale regionale conta 11 aeroporti, di cui si riporta la codifica ICAO (Figura 1):

  1. Aeroporto Leonardo da Vinci, a Fiumicino (LIRF);
  2. Aeroporto Giovan Battista Pastine, nei pressi di Ciampino (LIRA);
  3. Aeroporto di Roma-Urbe (LIRU);
  4. Aeroporto di Latina (LIRL);
  5. Aeroporto di Frosinone (LIRH);
  6. Aeroporto di Guidonia (LIRG);
  7. Aeroporto di Viterbo (LIRV);
  8. Aeroporto di Pratica di Mare (LIRE);
  9. Aeroporto di Furbara (LIAR);
  10. Aeroporto di Rieti (LIQN);
  11. Aeroporto di Aquino (LIAQ).

La collocazione delle infrastrutture non deriva da un’organica strategia di pianificazione del territorio e sviluppo dell’offerta di mobilità, ma trova la sua origine nel patrimonio delle infrastrutture militari che nel ventesimo secolo nacquero per soddisfare esigenze di organizzazione difensiva e di base logistica.

Gli unici aeroporti aperti al traffico civile sono i due aeroporti internazionali “Roma Fiumicino” e “Roma Campino”, che costituiscono per volume di movimenti aeromobili, passeggeri e cargo, un vero fulcro per il sistema aeroportuale nazionale.

Campino è un aeroporto il cui 99% del traffico passeggeri è generato da compagnie aeree low cost verso alcune destinazioni nazionali e verso le principali città europee, il traffico gestito dai corrieri espressi e il traffico dell’Aviazione Generale (voli di Stato, umanitari e protezione civile). Viterbo, Frosinone, Latina, Pratica di Mare, Furbara e Guidonia sono attualmente scali militari; Rieti e Aquino sono dedicati alle attività di aeroclub, e Roma Urbe è specializzato nelle attività di aeroclub, aerotaxi e protezione civile.

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Figura 1 – Aeroporti del Lazio

Nelle tabelle e le figure che seguono (da Tabella 1 a Tabella 3 e da Figura 2 a Figura 4) sono sintetizzati i dati riguardanti lo sviluppo dei movimenti e dei passeggeri registrati negli ultimi quattordici anni negli aeroporti del Lazio, derivati dagli annuari statistici dell’ENAC. Le tabelle e le figure sono relative al trasporto aereo commerciale svolto con servizio di linea e non di linea con origine/destinazione a livello nazionale ed internazionale.

L’andamento differenziato per i movimenti a carattere internazionale e quelli a carattere nazionale evidenzia che i movimenti internazionali seguono un andamento crescente fino al 2008, per poi decrescere, risalire e attestarsi nell’ultimo quinquennio sopra quota 200.000/anno. I movimenti nazionali hanno invece registrato un andamento altalenante nell’ultimo decennio per poi scendere dal 2009 ed attestarsi intorno 150.000 movimenti/anno. Il numero di passeggeri circolati negli aeroporti del Lazio segue lo stesso andamento dei movimenti, sia per quanto riguarda il trend complessivo sia per quanto riguarda la differenziazione tra nazionali ed internazionali. In entrambi gli aeroporti la composizione del traffico passeggeri ha una connotazione decisamente internazionale.

Il traffico merci, negli anni esaminati, ha conosciuto una riduzione in termini di tonnellate mobilitate; dal 2007, la mobilitazione di cargo riguarda in maniera più sostanziale le OD estere rispetto quelle nazionali. La movimentazione cargo nazionale a Ciampino è fortemente ridimensionata a partire dal 2008.

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Tabella 1 – Figura 2 – Movimenti complessivi aeroporti del Lazio, 1999-2012

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 Tabella 2 – Figura 3 – Passeggeri complessivi aeroporti del Lazio, 1999-2012

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Tabella 3 – Figura 4 – Cargo complessivo aeroporti del Lazio, 1999-2012

di Piano della Mobilità

05/ott/2015

Visione: Sistema aeroportuale

Negli ultimi dieci anni il traffico passeggeri in Italia è cresciuto in linea con quello degli altri Paesi Europei con un tasso di crescita annuo medio del 4,8%, superiore a quanto registrato a livello mondiale.

Lo studio affidato da ENAC all’ATI One-Works NOMISMA-KPMG prevede che il traffico passeggeri negli scali nazionali raddoppierà nel periodo 2008-2030 (Figura 1), passando da circa 133 milioni di passeggeri nel 2008 a circa 266 milioni nel 2030 (CAGR +3,2%).

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Figura 1- Previsione passeggeri negli aeroporti italiani

La crescita del traffico passeggeri nel nostro Paese è dovuta principalmente al traffico internazionale con tassi di crescita importanti soprattutto nelle tratte con i principali Paesi Europei (Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna) e in misura decisamente minore con l’Asia e l’Africa.

Attualmente in Italia esistono 112 aeroporti, di cui 11 esclusivamente di uso militare, 11 militari aperti al traffico civile e 90 aperti al traffico civile (Figura 2).

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Figura 2 – Tipologia di aeroporti in Italia

Nel Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (P.G.T.L.) del 2001 è stato definito un Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT), inteso come insieme integrato di infrastrutture sulle quali si effettuano servizi di interesse nazionale ed internazionale costituenti la struttura portante del sistema italiano di offerta di mobilità delle persone e delle merci. La finalità del SNIT è quella di indirizzare gli investimenti infrastrutturali allo sviluppo di un sistema di reti fortemente interconnesso, che superi le carenze e le criticità di quello attuale, da conseguire nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale e di sicurezza stabiliti dalla UE.

Per quanto riguarda gli aeroporti, nel SNIT è stato individuato un insieme minimo di infrastrutture aeroportuali comprendente i 23 scali che nel 1998 hanno avuto un traffico superiore a 500.000 unità, e che complessivamente movimentano circa il 99% dei passeggeri ed il 97% delle merci. Nel gruppo di 23 aeroporti del SNIT sono compresi gli scali di Roma Fiumicino e Roma Ciampino.

Per far fronte alla crescita del traffico passeggeri nei prossimi anni, dovranno essere eseguiti gli interventi di adeguamento e potenziamento già pianificati: molti aeroporti, infatti, presentano alcune criticità che dovranno essere risolte per consentire un livello adeguato di servizio. Proprio sul tema della pianificazione, è d’obbligo una prima riflessione sugli strumenti oggi in uso che dovranno essere sempre più caratterizzati da una doppia veste: da una parte sarà necessaria una pianificazione strategica a livello nazionale, dall’altra sarà indispensabile una pianificazione tattica a livello regionale e locale per giungere ad uno sviluppo coordinato ed intelligente dell’insieme di tutte le infrastrutture di trasporto.

Lo sviluppo degli scali aeroportuali italiani è quindi legato agli interventi di adeguamento e potenziamento già pianificati e alla realizzazione delle opere di connessione intermodale già programmate, dando priorità a quelle di collegamento con gli aeroporti intercontinentali strategici, cioè Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Venezia.

di Piano della Mobilità

28/set/2015

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Gli scenari evolutivi in termini di traffico merci e passeggeri e la realizzazione degli interventi infrastrutturali servono a valorizzare le specificità delle singole realtà portuali; a sfruttare la complementarietà tra i porti; a sviluppare una strategia per la logistica.

In Tabella 1 riportati i principali investimenti, relativi alle diverse realtà portuali, negli scenari Do Minimum e Do Everything. Per quanto al Porto di Civitavecchia, gli interventi sono stati numerati in tabella e sono indicati nel layout del porto in Figura 1.

Tabella1 Sistema portuale negli scenari Do Minimum e Do Everything.

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Figura 1 Layout del porto di Civitavecchia con gli interventi in corso e in programma.
Fonte: elaborazione CTL su dati Autorità Portuale di Civitavecchia.

 

Il sistema dei porti minori

Il sistema dei porti di Anzio, Nettuno, Terracina, Formia, Ponza, Ventotene, costituisce una realtà caratterizzata da funzioni e servizi dedicati prevalentemente al turismo a breve raggio, al diporto e al pendolarismo (collegamenti con le isole pontine).

Nel futuro, si prevede che tali scali si costituiscano come un sistema coordinato, con una pianificazione calata all’interno di una strategia territoriale regionale. A tale proposito lo studio “Linee guida per la redazione del nuovo Piano dei Porti e delle Coste”, predisposto dalla Regione Lazio nel 2011, si è incentrato sull’assetto territoriale delle coste laziali, sui porti, analizzando l’inquadramento urbanistico e ambientale, la valenza economica e turistica, la mobilità marittima e viaria. Lo studio è stato finalizzato a fornire elementi per la predisposizione del Piano di gestione integrata delle aree costiere della Regione Lazio. Gli elementi principali dello studio sono stati sintetizzati in tre macro aree della costa laziale, e specificamente:

  • Macro area Nord (Montalto di Castro-Cerveteri). Si evidenzia che il tratto di circa 40 km di costa (da Montalto di Castro a Civitavecchia) è sostanzialmente privo di strutture portuali. Sono possibili infrastrutturazioni di medie e picco le dimensioni per la nautica minore. Al fine di evitare rischi del fenomeno dell’erosione delle coste e nel rispetto della sostenibilità ambientale, si può intervenire con strutture snelle ed integrate con il territorio come luogo di aggregazione in sintonia col paesaggio naturale e culturale esistente. Nell’area insistono diverse zone classificate di importanza comunitaria (SIC) ed archeologica. Discreta è la valenza turistica del litorale e la domanda di nautica da diporto anche per la vicinanza con l’arcipelago toscano. I collegamenti viari sono di tipo a scorrimento veloce, con maggiori punti critici nella tratta Civitavecchia-Tarquinia. Da migliorare i nodi di scambio mare-ferro-gomma.
  • Macro area Centro (Ladispoli-Nettuno). In questa macro area sono in fase di approvazione o di realizzazione nuove infrastrutturazioni per la nautica maggiore. Si possono prendere in considerazione nella fascia nuove realizzazioni, su darsene interne o piccoli approdi, che diano continuità al sistema portuale capace di attirare un qualificato turismo nautico ed in grado di animare le marinerie locali promuovendo lo sviluppo sociale ed economico con la valorizzazione delle zone retrostanti. La zona è segnata da una forte presenza di industria turistica e cantieristica. Il baricentro è la città di Roma nella cui zona gravitano i Porti di Ostia e Fiumicino e, più a sud, Anzio e Nettuno. Sono previsti nei prossimi anni interventi per gli scambi intermodali specialmente intorno agli hub di Fiumicino e di Anzio. Area di forte valenza balneare, (la città di Anzio è stata classificata bandiera Blu per l’anno 2011) con presenza di alcune aree marine protette nella zona di Ladispoli, si presta, inoltre, in un quadro di strategia di sviluppo sostenibile, alla ricezione di strutture mobili e snelle stagionali, quali punti d’ormeggio, scali d’alaggio o rimessaggi a terra con servizi essenziali e di poco o alcun impatto, capaci di offrire all’utenza diversità di opportunità turistiche. Considerato il forte flusso di traffico, in special modo nei mesi estivi, lo studio ha proposto la realizzazione di una “metropolitana del mare” di collegamento con le principali località costiere e porti limitrofi.
  • Macro area Sud (Latina – Minturno – Isole). Fascia costiera rilevante dal punto di vista turistico ambientale e paesaggistico con la presenza di splendide spiagge, parchi ed aree marine protette e Comuni con Bandiera Blu. La vicinanza alle Isole Pontine, e più a sud con le isole campane di Ischia e Procida, determina una notevole richiesta di turismo nautico a fronte di una disponibilità di posti barca per la nautica sia maggiore che minore attualmente in sufficienti. Nella stessa zona sono attive le linee di collegamento con le isole pontine ed è allo studio forme di turismo per minicrociere intorno all’arcipelago pontino e campano per le quali sono auspicabili forme di collaborazione in sinergia con i piani e programmi dell’Autorità Portuale. La zona è supportata da una rete viaria, essenzialmente la via Pontina e via Flacca, particolarmente trafficata e congestionata e da una rete ferro viaria non adeguata. Auspicabile individuare nuove forme di capacità ricettiva di qualità capace di integrare e valorizzare il contesto naturale circostante. Possibili realizzazioni di nuove infrastrutturazioni per nautica minore anche, se compatibile idrogeologicamente, sfruttando i corsi d’acqua e i canali.

di Piano della Mobilità

21/set/2015

porto_di_civitavecchia

Assumendo un ciclo economico favorevole, non caratterizzato da recessioni severe come quella attuale, il trasporto passeggeri, influenzato dall’andamento del turismo internazionale, ha un trend positivo.

Ci si può attendere dunque un incremento dei volumi sulle principali direttrici Ro/Pax, sia verso i paesi europei del Mediterraneo (in primis la Spagna) che verso le economie emergenti, quali le aree Nord Africane e quelle dell’Europa orientale.

Tuttavia il contributo più significativo dovrebbe provenire dal settore crocieristico, che già riveste un ruolo primario per la portualità laziale, in particolare per Civitavecchia. Il mercato in tale settore è destinato a mutare nei prossimi anni, nella direzione di uno sviluppo di massa delle crociere, che perderanno il loro carattere di prodotto piuttosto elitario.

L’offerta crocieristica pertanto seguirà l’andamento, che si è iniziato ad osservare, di tariffe sensibilmente più basse rispetto al recente passato. Questo processo passa per l’affermazione della logica delle economie di scala e del conseguente incremento delle dimensioni delle navi che permettono di ripartire i costi gestionali su un più ampio numero di passeggeri.

Il prodotto crociera sembra tuttavia soggetto ad una differenziazione per cui, se da un lato ci sarà l’affermazione sul mercato di vettori di ampie dimensioni associati a tariffe relativamente abbordabili, dall’altro permarrà un segmento “old style”, di stampo maggiormente esclusivo, nel quale troveranno impiego vettori di dimensioni più ridotte e con tariffe relativamente più alte.

Il Porto di Civitavecchia

Il porto di Civitavecchia, già negli ultimi anni è assurto a una posizione leader in questo settore, con volumi di passeggeri trasportati (somma di imbarchi, sbarchi e transiti) intorno ai 2 milioni annui e con una componente home port intorno al 30%. La concentrazione in un unico soggetto imprenditoriale dei principali armatori crocieristici ha favorito il cambiamento dello scalo da semplice porto di transito ad hub del turn – around nel Mediterraneo, per le operazioni di sbarco passeggeri, imbarco passeggeri, rifornimento carburante, pulizie, imbarco del catering, carico di bagagli, merce e posta.

di Piano della Mobilità

14/set/2015

Scenari: Sistema logistico e trasporto merci

Nello scenario a medio lungo termine, ci si attende una crescita dello short sea shipping, innanzitutto sulle direttrici verso Spagna e la Sicilia, grazie alla maggiore convenienza economica della soluzione via mare o della soluzione combinata strada/mare rispetto alla modalità “tutto strada”. Ad esempio, per alcuni trasporti merci tra le città di Civitavecchia e Barcellona la soluzione di trasporto “tutto strada” già ad oggi risulta meno conveniente di una soluzione via mare nel caso di una tratta port to port e meno conveniente di una soluzione combinata nel caso di una tratta “door to door”.

Accanto a direttrici di traffico maggiormente consolidate come quelle sopra riportate, si prevede uno sviluppo delle relazioni con i mercati dell’area del Maghreb e dell’Africa settentrionale in generale, che dal 2014 entreranno a far parte dell’area di libero scambio. Queste relazioni dovrebbero tradursi sia nello sviluppo del traffico merci che in quello misto merci/passeggeri. Relativamente al primo settore, in questa area geografica potrebbero essere implementati nuovi servizi di linea a servizio del trasporto del segmento delle merci deperibili, quali ad esempio frutta secca ed agroalimentare. Contestualmente dovrebbero essere fatti investimenti nella logistica intermodale. I paesi maggiormente accreditati ad essere interessati da questo processo di sviluppo sono Marocco, Tunisia ed Egitto

In generale, il Nord Africa dovrebbe essere destinato a giocare un ruolo di rilievo negli scambi mondiali, anche grazie ai massicci investimenti cinesi nell’area sub sahariana, con il Mediterraneo che potrebbe porsi come un hub per gli scambi tra l’Europa, la Cina e gli Stati Uniti d’America.

L’interscambio commerciale italiano, come si può vedere dalla Figura 1 e Figura 2 seguenti, al netto della fasi di contrazione dovute alla crisi mondiale ed agli sconvolgimenti politico istituzionali della cosiddetta “primavera araba”, mostra positivo dinamismo. La variazione tendenziale di importazioni e di esportazioni, infatti, presenta un trend crescente, con diversi periodi caratterizzati da incrementi superiori a quelli rilevati relativamente agli scambi con il complesso dei paesi extra UE. Tale tendenza ci si attende che venga confermata nel medio lungo periodo.

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Figura 1 – Variazione tendenziale delle esportazioni italiane.
Fonte: SACE

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Figura 2 – Variazione tendenziale delle importazioni italiane.
Fonte: SACE

Il sistema laziale di porti è interessato a servire la domanda proveniente dai mercati africani emergenti e gli investimenti previsti, volti al raddoppio della capacità attuale, sono le condizioni per svolgere un ruolo maggiore. Accanto a questi, occorre venga realizzata una serie di interventi volti a:

  • Innovare i modelli di gestione delle merci;
  • Migliorare la viabilità di servizio al porto;
  • Incrementare il livello di sicurezza all’interno dello scalo;
  • Agevolare l’espletamento delle pratiche e dei controlli doganali per le merci con provenienza extra UE.

Ulteriori prospettive di crescita potrebbero derivare dalla realizzazione di opportune infrastrutture di terra che permettano al sistema portuale di espandere direttamente la sua influenza anche sulle economie dell’Est Europa.

Ad esempio, la Figura 3 riporta il mercato potenziale per il porto di Civitavecchia nello scenario della realizzazione di un land bridge (qui inteso come collegamento stradale più efficiente) con il porto di Ancona.

Le medesime potenzialità risiederebbero in altri collegamenti di terra con altri siti portuali, ad esempio con quelli di Bari e di Brindisi, che permetterebbero di accedere ai mercati dell’area balcanica e del sud est Europa.

Interventi di questa natura, di interesse sia pubblico che privato, potrebbero essere agevolati nella loro realizzazione dallo sviluppo di schemi di partenariato pubblico privato, in un’ottica win-win all’interno delle relazioni tra Amministrazioni e aziende ad altri soggetti privati.

fig 3

Figura 3 – Mercato potenziale per un land bridge tra i porti di Civitavecchia ed Ancona.
Fonte: DevelopMed

Venendo all’evoluzione di specifici segmenti di traffico merci nei singoli scali, per il Porto di Civitavecchia ci si attende un’espansione del general cargo e, più nello specifico, del segmento del freddo, del ciclo del carbone e delle merci speciali. Il porto, infatti, vede lo sviluppo del settore delle merci reefer. Il bacino di riferimento è costituito dallo ship chandling del settore crocieristico, con lo scalo orientato a costituirsi come hub per il rifornimento delle provviste delle navi da crociera. Relativamente al ciclo carbonifero, ci si attende un consolidamento di questa merce alla rinfusa grazie all’attività della nuova centrale termoelettrica di Torre Valdaliga nord.

Infine, per le merci speciali, relative ai “macchinari speciali” o a loro componenti, a pezzi di meccanica industriale ad alto valore tecnologico, ci si attende l’evoluzione da settore di nicchia a settore con un peso significativo. L’evoluzione in termini di traffico di merce unitizzata, vale a dire di semirimorchi e container, richiede invece che il porto si integri in maniera efficiente con le piattaforme logistiche e con un eventuale distripark nell’area del comune di Tarquinia.

Lo scalo potrebbe mutare la sua natura da luogo di semplice interscambio delle merci a elemento della catena logistica nazionale. L’opportunità potrebbe essere sfruttata considerata l’ampia disponibilità di spazi in cui impiantare la logistica portuale, le aree per la sosta, lo stoccaggio e la movimentazione di merce unitizzata. In altri termini, le attività di trasporto e distribuzione svolte nel porto e nel suo retroterra si costituirebbero come un sub sistema di quello produttivo.

Il porto di Fiumicino si inserisce in un’area logistica e commerciale che vede la presenza dell’aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci con la relativa Cargo City, della Commercity, l’interporto di Fiumicino (per ora gomma-gomma), la nuova Fiera di Roma, il nodo autostradale tra corridoio Tirrenico e GRA. Gli esiti degli interventi passati e le tendenze in atto non fanno ritenere per il porto una vocazione merci, tranne che per quanto riguarda i prodotti petroliferi. Lo scalo potrà rafforzare il suo ruolo come polo per la cantieristica e per la marineria locale.

Il porto di Gaeta rimane uno scalo minore a servizio delle imprese localizzate nelle aree di Latina, Frosinone, Cassino e Caserta, sia dal punto di vista del loro approvvigionamento che da quello della commercializzazione delle loro produzioni. Ci si attende un consolidamento nel settore della movimentazione dei settori petroliferi.

di Piano della Mobilità

07/set/2015

PORTO-di-Civitavecchia

In base ai dati pubblicati dalla relativa Autorità Portuale il porto di Civitavecchia nel periodo Gennaio-Settembre 2013 ha movimentato in totale merci per oltre 8,4 milioni di tonnellate, con un decremento del 4% rispetto allo stesso periodo del 2012 (Tabella 1).

(Tabella 1) Dati di traffico del porto di Civitavecchia relativi ai primi nove mesi del 2013 e variazione sul 2012.
Fonte: Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta.

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Tali merci sono costituite per circa il 50% da rinfuse solide, il 40% da merci unitizzate e per la restante parte da rinfuse liquide. Le rinfuse solide sono costituite per la maggior parte da sbarchi di carbone, mentre le rinfuse liquide riguardano per la quasi totalità sbarchi di prodotti raffinati. In merito alle merci unitizzate, la quota prevalente è il traffico Ro-Ro che si suddivide quasi a metà per quanto agli sbarchi (52%) e agli imbarchi (48%). Sempre nello stesso periodo, il porto ha registrato 2319 navi (accosti) con un decremento del 10% rispetto allo stesso periodo del 2012. Il traffico di contenitori è cresciuto del 6%, registrando oltre 42.000 TEU nel 2013.

Mentre i passeggeri di linea registrano un calo del 9% i crocieristi (imbarchi, sbarchi e in transito) si attestano a oltre 1,95 milioni nei primi 9 mesi del 2013 con un incremento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2012. Infine, gli automezzi risultano in calo del 16% rispetto al 2012 e si ripartiscono sostanzialmente a metà per quanto agli imbarchi e agli sbarchi.

Analizzando il l’andamento del traffico negli ultimi cinque anni, escludendo il 2013 per il quale non si hanno dati definitive, sulla base delle statistiche pubblicate da Assoporti e realizzate mediante le rilevazioni fornite dalle Autorità Portuali (Tabella 2), si può notare una generale crescita dei traffici del porto (merci, contenitori, crocieristi) ad esclusione del traffico complessivo di passeggeri che registra un lieve decremento.

(Tabella 2) Dati di traffico del Porto di Civitavecchia. Periodo 2008-2012.
Fonte: ASSOPORTI.

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Il traffico merci complessivo (Figura 1) composto da rinfuse liquide, solide e da merci unitizzate, è tendenzialmente in crescita nel periodo 2008-2012 con un incremento relativo medio del 10%.

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(Figura 1) Andamento del traffico merci complessivo, in migliaia di tonnellate, per il porto di Civitavecchia nel periodo 2008-2012, e tendenza. Elaborazione CTL su dati Assoporti.

Nello specifico, le rinfuse liquide sono costantemente in crescita nel periodo 2008-2012 e riguardano per la quasi totalità sbarchi di prodotti raffinati. Le rinfuse solide hanno visto il predominante traffico di carbone (sbarchi) crescere notevolmente fino quasi a triplicarsi negli anni, mentre la quota di cereali (circa 165 tonnellate, sbarchi) è gradualmente scomparsa; altre rinfuse, in quantità minori, riguardano prodotti metallurgici, i minerali grezzi e i fertilizzanti. Le merci unitizzate (contenitori, Ro-Ro e altro) sono complessivamente in lieve decremento, mentre i contenitori sia in peso che in TEU risultano in costante crescita (Figura 2).

In termini di TEU i contenitori (circa il 60% in sbarco) registrano un incremento relativo medio del 26% tra il 2008 e il 2012. I contenitori in sbarco risultano praticamente sempre pieni, mentre per quelli in imbarco prevalgono i vuoti, tranne che nel 2012.

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(Figura 2) Andamento del traffico di contenitori in TEU per il porto di Civitavecchia nel periodo 2008-2012 e tendenza. Elaborazione CTL su dati Assoporti.

Considerando il traffico passeggeri totali e croceristi (Figura 3), si registra per quelli totali una lieve tendenza negativa (incremento relativo medio del -1,3% nel periodo 2008-2012), mentre per i crocieristi un incremento relativo medio dell’8%. Si nota, inoltre, una forte crescita nel 2011 (var. del 36% sul 2010), mentre un decremento del 7% nel 2012. Considerando i dati parziali del 2013 è possibile stimare una crescita del 7% dei croceristi nel 2013 rispetto al 2012 (Figura 4).

La quota dei croceristi rispetto ai passeggeri totali è salita dal 43% del 2008 al 59% del 2012.

Traffico passeggeri totali e croceristico

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(Figura 3) Andamento del traffico passeggeri totali e croceristico per il porto di Civitavecchia nel periodo 2008-2012 e tendenza. Elaborazione CTL su dati Assoporti.

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(Figura 4) Andamento del traffico passeggeri crocieristi del porto di Civitavecchia nel periodo 2008-2013. Il dato 2013 annuale è stimato in base all’andamento dei primi 9 mesi del 2013 in base alla tendenza 2012. Elaborazione CTL su dati Assoporti e Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta.

di Piano della Mobilità

31/ago/2015

porto-civitavecchia

Il sistema portuale laziale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, nell’attuale recessione globale, ha mantenuto il complesso dei traffici e quindi ha avuto una relativa stabilità finanziaria.

All’interno di una ripresa economica mondiale, specifiche opportunità di crescita per i porti laziali, sia in termini di passeggeri che di merci, sono costituite dalle relazioni con i Paesi del Mediterraneo meridionale e dalla loro stabilizzazione istituzionale, nonché dalle relazioni con economie dinamiche quali quelle dell’area dell’Est Europa e della Turchia. Come si può osservare dalla Figura 1, infatti, la posizione geografica italiana è strategica all’interno dei sistemi di Autostrade del Mare (ADM) definiti in ambito europeo, con i porti laziali serviti dall’ADM dell’Europa del Sud-Est.

Cattura 1

Figura 1

La posizione strategica di cui possono beneficiare i porti laziali va poi considerata alla luce della interconnessione tra Autostrade del Mare e rete TEN (Trans European Network).

Il sistema infatti offre grandi opportunità per un’ articolazione intermodale dei traffici merci e passeggeri (vedi Tabella 1).

Tabella 1

2

di Piano della Mobilità

03/ago/2015

Mobilità sostenibile per il Lazio

Accanto alla descrizione del sistema stradale e dei relativi scenari di riferimento si ritiene opportuno, in questa sede, fornire una breve descrizione di quelle che sono le infrastrutture per la mobilità ciclistica e gli strumenti pianificatori, presenti nella Regione Lazio. Questa scelta è dettata dall’importanza che si ritiene questo modo di trasporto dovrà assumere nel futuro della mobilità della Regione.

Dal punto di vista normativo e d’indirizzo a livello Comunitario fin dai primi anni ’90 ci sono stai diversi atti volti a supportare la ciclabilità e in generale la mobilità dolce. Nello specifico costituiscono riferimento a livello comunitario i seguenti atti:

  • 1994 – Il Consiglio d’Europa (94/914/CE) definisce le misure necessarie per rendere più efficace ed efficiente il sistema di mobilità urbano migliorando la tutela delle utenze deboli e integrando nella strategia sui trasporti urbani la ciclabilità;
  • 2002 – il Parlamento Europeo (1600/2002/CE) ribadisce la necessità di incrementare la mobilità pedonale e ciclistica;
  • 2008 – La Commissione Europea approva il Libro Verde: Verso una nuova cultura della mobilità urbana (SEC 2007 1209) nel quale promuove la mobilità pedonale e ciclistica individuando le autorità locali e regionali come attori di questa trasformazione. Fra gli strumenti indicati per questo cambiamento ci sono forme innovative di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini dal basso;
  • 2009 – La Commissione comunica al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni il Piano d’azione sulla mobilità urbana (SEC 2009 1211/1212) nel quale viene sottolineata l’importanza di politiche di supporto al trasporto pubblico, la mobilità pedonale e ciclistica.

Per quanto riguarda la normativa a livello nazionale è importante ricordare:

  • La Legge 366 del 1998 finalizzata allo sviluppo della mobilità ciclistica. Tra gli interventi disposti nella legge figurano: realizzazione di infrastrutture ciclabili anche in integrazione con il trasporto pubblico locale, il supporto al cicloturismo, il supporto alla ciclabilità tramite iniziative di informazione e formazione. La legge ha introdotto nel Codice della Strada una serie di obblighi per gli enti proprietari delle strade sostanzialmente mantenuti nelle stesure successive dello stesso. Gli obblighi sono:
    • Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E e F dei comma 2 dell’articolo 2 devono avere, per l’intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza (Art 13, comma 4 bis);
    • Gli enti proprietari delle strade provvedono altresì, in caso di manutenzione straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza (Art 14, comma 2 bis);
    • Parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie possono essere utilizzate per misure di supporto alla mobilità ciclistica.
  • inoltre il Decreto Legge 27 giugno 2003 n.151, poi convertito in legge ha introdotto le seguenti modifiche al Codice della Strada:
    • nella definizione delle aree pedonali, tra i soggetti che possono utilizzarle sono state incluse anche le biciclette;
    • la definizione utente debole della strada: pedoni, disabili in carrozzella, ciclisti e tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade.
  • le norme tecniche per la progettazione delle piste ciclabili sono definite dal D.M. 30/11/1999 n.557.

E’ importante ricordare che, allo stato attuale, sono in discussioni ulteriori modifiche al Codice della Strada volte a favorire la diffusione della ciclabilità.

Per quanto riguarda la Regione Lazio, negli ultimi anni sono stati approvati diversi strumenti pianificatori da diversi enti locali al fine di favorire la ciclabilità. Gli strumenti pianificatori approvati che hanno una maggiore rilevanza a livello regionale, sono:

  • il Piano di fattibilità per lo sviluppo del cicloturismo – rete ciclabile regionale, approvato dalla Regione Lazio nell’Aprile del 2009;
  • il Piano quadro della ciclabilità provinciale della Provincia di Roma, approvato dalla Provincia di Roma nell’Ottobre del 2012;
  • il Piano quadro della ciclabilità di Roma Capitale, approvato da Roma Capitale nell’Aprile del 2012.

Il Piano di fattibilità per lo sviluppo del cicloturismo della Regione Lazio ha come principale obiettivo garantire i percorsi ciclabili a lunga percorrenza di svago e per cicloturismo. In tal senso il piano individua una serie di percorsi che, ricalcando i principali percorsi cicloturistici individuati a livello Europeo ne garantiscono la continuità nella Regione Lazio. I percorsi proposti, quindi, non sono pensati per la mobilità ciclistica quotidiana ma per valorizzare e rendere accessibili in bicicletta le principali attrazioni naturalistiche e monumentali della Regione. Inoltre, come intento dichiarato, il piano propone il recupero e la riconversione a piste ciclabili delle molte ferrovie dismesse presenti nel Lazio coerentemente con molte esperienze simili presenti a livello europeo.

Il Piano Quadro della Ciclabilità Provinciale

Il Piano Quadro della Ciclabilità Provinciale (PQCP) si propone “oltre che di mettere in sicurezza chi già ora si muove in bicicletta, di incrementare l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto primario, capace di soddisfare anche gli spostamenti sistematici nei luoghi urbanizzati, fra casa e lavoro e di accesso ai servizi, oltre a quelli ricreativi, sportivi e cicloamatoriali già tradizionalmente praticati su scala provinciale”. I suoi obiettivi, quindi, sono molto ampli e riconoscono alla ciclabilità un ruolo di vettore anche negli spostamenti quotidiani. Il Piano è stato redatto in coerenza con gli altri strumenti pianificatori provinciali come il Piano Territoriale Provinciale Generale e durante la sua redazione è avvenuta anche una consultazione e coordinamento con il Piano Quadro della Mobilità ciclabile di Roma Capitale approvato nello stesso periodo. Il Piano individua, nel territorio della Provincia, diversi sistemi territoriali e poli attrattori. Sulla base di questi sistemi territoriali e poli attrattori definisce una rete di piste ciclabili sia radiali che tangenziali rispetto a Roma.

Concludendo, si ritiene opportuno anche fornire una breve descrizione del Piano Quadro della Ciclabilità di Roma Capitale (PQCR) per il peso che la stessa ha nel sistema regionale. Il Piano costituisce variante al vigente PGTU della Capitale e quindi, in base anche agli articoli del Codice della Strada sopra riportati, rappresenterà uno strumento importante per la realizzazione di una rete ciclabile nella Capitale. Il Piano ha tre finalità:

  • l’inserimento delle indicazioni del Piano in ogni intervento di trasformazione della città;
  • l’inserimento sistematico e in via prioritaria delle infrastruttura per la ciclabilità nella programmazione ordinaria delle trasformazioni del territorio determinate dai diversi strumenti di pianificazione dei trasporti e urbani, dagli interventi di riqualificazione e dalle nuove linee di trasporto ecc.;
  • la definizione delle priorità d’intervento e la programmazione degli interventi.

Il Piano prevede quattro diversi tipi d’intervento. Il primo riguarda lo sviluppo di infrastrutture lineari per la ciclabilità a livello principale e locale con una gerarchizzazione e un ordine di priorità nella realizzazione delle stesse. Gli altri tre sono lo sviluppo di infrastrutture puntuali per la ciclabilità quali parcheggi per biciclette presso i nodi di scambio con il trasporto pubblico locale; l’accesso del trasporto delle biciclette sui mezzi del trasporto pubblico locale; i servizi di mobilità innovativi come il bike sharing.

Il Piano individua tre tipi d’infrastrutture lineari: la rete locale, la rete principale e i corridoi verdi. Complessivamente sono previsti interventi per circa 1.150 km di nuove piste ciclabili di cui circa 60 già finanziate rispetto ai circa 250 km di percorsi ciclabili, inclusi quelli nelle aree verdi, ora esistenti nella Capitale.

Per quanto riguarda gli scenari di riferimento sono state considerate le infrastrutture ciclabili previste nel Piano Regionale e Provinciale. Per quelle realizzate all’interno del Comune di Roma o pianificate nel Piano Quadro della Ciclabilità di Roma Capitale sono state considerate solo quelle infrastrutture che hanno una spiccata valenza extraurbana e collegano Roma ai Comuni limitrofi.

Gli scenari di riferimento riguardano lo scenario Do Minimum (Tabella 1) ovvero l’offerta di infrastrutture ciclabili già realizzate o in cantiere, ma comunque finanziate, e priva di rilevanti difficoltà politiche e istituzionali, e lo scenario Do Everything (Tabella 2 Interventi previsti nello scenario Do  ovvero l’offerta di infrastrutture ciclabili comprensiva anche degli interventi previsti nei piani, ma non ancora finanziati.

Tabella 1

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Tabella 2

2

 

 

di Piano della Mobilità

27/lug/2015

Sciopero vigili e corteo, a Roma rischio caos

Il traffico stradale determina, come noto, una serie di impatti sia sugli utenti della strada che sul resto della Comunità, costretto a sopportarne le cosiddette “esternalità”.

Nell’ambito degli studi preliminari al Piano è stata condotta un’analisi delle problematiche attuali, generate dal trasporto stradale sulla rete della Regione Lazio. Si è fatto riferimento agli impatti più significativi, ovvero quelli che determinano maggiori conseguenze negative sia sulla salute che sulla qualità di vita dei cittadini: congestione, sicurezza ed emissioni atmosferiche.

Congestione

Per arrivare ad una valutazione quantitativa dell’impatto indotto dal traffico veicolare sul funzionamento delle infrastrutture stradali, è stato verificato il livello di servizio (LdS).

Cattura

Si può osservare che i livelli di servizio D, E ed F interessano solamente il 15% circa della rete autostradale. In particolare, bisogna precisare che questi archi critici sono localizzati esclusivamente sul GRA di Roma e sui tronchi di penetrazione da Roma Est e da Roma Sud. Essendo il tracciato ormai completamente collocato in aree urbanizzate, si riscontrano criticità e forti impatti sulla popolazione delle aree limitrofe.

Si osserva che la rete autostradale è piuttosto efficiente dal punto di vista della congestione, ad eccezione degli ingressi nella città di Roma, in particolare per l’A24 e l’A12; mentre l’A1 risulta in congestione nella tratta precedente l’intersezione con la Salaria.

Le altre tipologie di viabilità (strade regionali e provinciali) sono in massima parte caratterizzate da condizioni di circolazione buone (LdS C) o molto buone (LdS A e B), ad eccezione di tutta la viabilità di accesso all’area metropolitana romana e di alcune tratte stradali concentrate tra Roma, Latina e Frosinone. Tra queste, le maggiori criticità si hanno sulla SR148, con livelli di servizio più o meno scadenti sulla tratta tra Roma ed Aprilia.

Sicurezza

Nella tavola 2 sono raffigurati i tronchi stradali della rete con livelli di criticità “Medio” (Indice di Probabilità pari a cinque) e “Alto” (Indice di Probabilità maggiore di cinque). L’indicatore utilizzato è, appunto, l’Indice di Probabilità, un indicatore che attribuisce un punteggio a ogni elemento stradale in funzione di tre fattori: dimensione del fenomeno (frequenza degli incidenti), esposizione a rischio (tasso di incidentalità – rapporto tra la frequenza d’incidente e il traffico giornaliero medio annuale TGM) e gravità degli incidenti avvenuti (tasso di gravità – rapporto tra il numero di morti e feriti e il numero di incidenti).

Cattura2

Tavola 2

Risultano in particolare critiche per i collegamenti a sud le strade: via Casilina, la SR411, la SR637, la SR627, la SR217, la SR630, la via Pontina e la Nettunense. Per i collegamenti a est soprattutto l’A24, la via Salaria. A nord la SR489, la SR71, la strada dei Monti Cimini e la strada Tuscania – Tarquinia.

In particolare il GRA, l’A24 e la Via Pontina evidenziano criticità anche dal punto di vista della sicurezza del traffico merci. Infatti, se si confrontano le strade con livello di criticità Medio e Alto con le strade sulle quali la frequenza chilometrica di incidenti con veicoli pesanti coinvolti risulta essere elevata (maggiore di 0,5 incidenti/km), il GRA, l’A24 e la Via Pontina confermano la loro problematicità. Per altre strade, come l’A1 e l’A1 Diramazione Roma Sud e l’A1 Diramazione Roma Nord, sebbene si evidenzi un numero di incidenti per chilometro con veicoli pesanti piuttosto elevato, il livello di criticità non risulta tale, per via della combinazione fra la frequenza, il tasso d’incidentalità e il tasso di gravità.

Emissioni atmosferiche

La valutazione della situazione attuale in termini di emissioni atmosferiche è stata condotta mediante un’analisi macro, in cui sono state calcolate le emissioni sull’intera rete laziale ed un’analisi di tipo micro in cui sono state stimate le emissioni annuali su ogni infrastruttura per le diverse tipologie veicolari e di inquinanti.

In tabella 1 sono riportate le emissioni annuali totali per ciascun inquinante. Complessivamente, il Lazio produce il 5% delle emissioni annue di anidride carbonica (CO2) italiane (pari a circa 120 milioni di tonnellate) legate al trasporto stradale.

Cattura3
Tabella 1

Riguardo al contributo delle due categorie di veicoli individuate, le emissioni di polveri sottili (PM10) e di ossidi di azoto (NOx) sono dovute per il 60% ai veicoli commerciali, mentre per quanto concerne l’emissione di monossido di carbonio (CO), di composti organici volatili (VOC), di ammoniaca (NH3) e di metano (CH4) il contributo dei mezzi pesanti è decisamente più modesto. Le emissioni annue di anidride carbonica (CO2) nella Regione Lazio sono invece dovute ai veicoli commerciali per una quota di circa il 37%.

I risultati riportati in tabella 2 rappresentano invece il contributo alle emissioni inquinanti complessive attribuibile a ciascuna tipologia stradale.

Come prevedibile, la quota maggiore (attestata intorno al 40%) è prodotta sulle autostrade, mentre la viabilità principale e quella provinciale pesano rispettivamente per il 17% ed il 15%. Questo andamento dipende ovviamente dall’entità dei flussi veicolari e, in particolare, da quello dei veicoli merci, che transitano sulle diverse tipologie stradali, essendo le emissioni direttamente proporzionali ad essi.

I valori di emissioni sono stati studiati anche localmente su ciascun tratto della rete stradale regionale. Un esempio di risultato di questo studio è riportato nella tavola 3. L’esame della figura conferma che l’elevato volume di traffico complessivo e le elevate velocità permesse rendono le autostrade la principale sorgente di emissioni inquinanti prodotte dal traffico veicolare. L’assenza di aree abitate nei pressi dei tracciati autostradali rende, fortunatamente, gli impatti per la popolazione molto bassi.

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Tabella 2
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Tavola 3

Inquinamento acustico

La stima del livello sonoro equivalente prodotto dal traffico veicolare stradale, è stata condotta con un modello di calcolo analitico, i cui parametri di input sono: il flusso veicolare, la percentuale di veicoli pesanti, la velocità media, la larghezza della carreggiata, la distanza del ricettore dall’asse della strada ed infine la tipologia di pavimentazione stradale.

I risultati ottenuti dal modello di calcolo, a livello di ciascuna tratta stradale, sono stati poi incrociati con i dati relativi alla distribuzione della popolazione, sia diurna che notturna, per evidenziare non solo la localizzazione dei superamenti dei limiti previsti dalla normativa ma anche l’eventuale entità della popolazione esposta a questa tipologia di inquinamento.

Un esempio dei risultati delle elaborazioni effettuate è riportato nella tavola 4, dove sono evidenziate le infrastrutture per le quali è stato stimato il superamento teorico dei limiti imposti dalla normativa nell’ora di punta notturna, ad una distanza dall’infrastruttura pari a 150 metri.

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Tavola 4

È possibile sottolineare come il superamento teorico dei limiti normativi sia presente nell’ora di punta della notte su gran parte della rete principale (viabilità principale extraurbana e autostrade). Situazione meno critica si osserva per l’ora di punta della mattina e del pomeriggio, dove condizioni critiche si hanno per l’Autostrada A1, una parte dell’A24, la SR148 Pontina ed il GRA di Roma.

Per completezza di analisi, questi dati devono essere poi confrontati con la distribuzione della popolazione residente lungo le infrastrutture viarie per verificare se la popolazione è esposta a livelli di rumore superiori a quelli previsti dalla normativa.

Lungo le autostrade, all’interno della fascia di pertinenza dei 150 m, non esistono agglomerati abitati e quindi il superamento dei limiti è comunque tollerabile. Situazione ben diversa si registra sulla SR148 Pontina e sulla SS7 Appia, dove invece l’inquinamento acustico, in particolare per la fascia notturna, interessa diversi centri abitati, quali Aprilia, Latina, Formia, Cisterna e molti di quelli situati nell’area dei Castelli Romani (vedi tavola 5, dove è indicata la popolazione per 100 m lineari di infrastruttura nella fascia suddetta).

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Tavola 5

 

di Piano della Mobilità

20/lug/2015

Scenari: Sistema stradale

La rete viaria nel Lazio presenta una struttura fortemente radiale rispetto alla città di Roma, all’interno della quale sono presenti però alcuni significativi elementi tangenziali, quale la bretella autostradale Fiano – S. Cesareo. Questa costituisce al tempo stesso sia l’elemento di continuità della dorsale autostradale Nord – Sud (A1 Milano – Napoli) sia l’unica arteria di connessione tra i sistemi insediativi della valle del Tevere, della valle dell’Aniene e dell’area dei Castelli.

Le principali infrastrutture di connessione tra la costa e l’entroterra laziale (la Orte –Civitavecchia e la SR156 Frosinone – Latina) costituiscono ulteriori elementi a servizio delle direttrici tangenziali.

Di interesse nazionale sono due importanti assi infrastrutturali (A1 Milano – Napoli e A24/A25 Roma – L’Aquila/Pescara), che si intersecano all’altezza di Tivoli; sono quindi schematizzabili come direttrici passanti Nord-Sud e Est-Ovest.

Di rilevante interesse è anche il Grande Raccordo Anulare (GRA) dove però si mescolano flussi di livello regionale con quelli di livello urbano, cosa che contribuisce ad aumentare la congestione, malgrado la recente realizzazione della terza corsia, accompagnata però dall’apertura di nuovi svincoli.

Nel complesso la Regione Lazio conta circa 8.000 chilometri di Strade Provinciali e Regionali, 545 chilometri di Strade Nazionali e circa 470 chilometri di Autostrade. La rete stradale del Lazio è gestita in parte da Province e Comuni e in parte da ASTRAL (per un totale di 1.500 chilometri di Strade Regionali), ANAS (per circa 590 chilometri di strade, di cui circa 490 di Strade Statali, 85 di Autostrade e 12 in corso di classifica / declassifica), Autostrade per l’Italia (per quanto riguarda la A12 e il tratto dell’A1 che ricade nella Regione) e Strada dei Parchi (per quanto riguarda il tratto dell’A24 che ricade nella Regione). Viste le caratteristiche radiali rispetto a Roma della rete infrastrutturale regionale e la carenza di collegamenti tangenziali, al fine di migliorare l’accessibilità all’area romana, si delinea la necessità di potenziare i sistemi trasversali di collegamento.

Per quanto riguarda la domanda di trasporto, nel 2011 si registravano un totale di circa 74 miliardi di passeggeri-km che si sono spostati, utilizzando autovetture e mezzi a due ruote motorizzate. Rispetto al 2001 si registrava una contrazione di circa il 17%, assorbita in parte (+8%) dai passeggeri-km del trasporto pubblico (escluso quelli del Gruppo Ferrovie dello Stato) (Fonte: Conto Nazionale Trasporti 2011).

La Figura 1 mostra il trend dei passeggeri-km nel periodo 2001-2011. L’andamento dei passeggeri-km del trasporto individuale evidenzia una riduzione quasi costante dal 2001 al 2008 (con una eccezione per il 2005 in cui si è registrato un aumento rispetto all’anno precedente). Dal 2008 al 2009 si è invece registrato un aumento consistente, seguito da un andamento pressoché costante (fra il 2009 e il 2010) e infine fra il 2010 e il 2011 da una drastica riduzione del numero dei passeggeri-km.

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Figura 1

Più del 60% degli spostamenti privati coinvolge in origine o destinazione la Provincia di Roma. Quasi il 40% di tali spostamenti è attratto dalla Capitale e un ulteriore 10% dagli altri Capoluoghi di Provincia. Viceversa, meno dell’8% degli spostamenti è generato dalla Capitale e solo un 4% dagli altri Capoluoghi. Si tratta dunque di una domanda fortemente polarizzata in direzione dei centri principali e di Roma in particolare.

Le statistiche sul numero di veicoli-km sulle Autostrade della Regione sono riportate nella Tabella 1. I valori si riferiscono, in alcuni casi (es. Firenze-Roma e Roma-Napoli) all’intera tratta autostradale, incluso quindi il tratto esterno al Lazio.

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Tabella 1

La Tabella 1 mostra anche le variazioni percentuali di veicoli-km rispetto all’anno precedente. Si nota in tutti i casi una diminuzione del numero di veicoli-km (mediamente, per l’intero anno, di circa il 9%).

di Piano della Mobilità

13/lug/2015

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Oltre agli interventi già cantierati o finanziati descritti nell’articolo precedente, lo scenario di riferimento Do Everything include tutti gli interventi previsti dai diversi strumenti di pianificazione e di programmazione per la rete ferroviaria regionale ma che attualmente non sono ancora in fase di realizzazione.

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Molti degli interventi previsti riguardano la riorganizzazione del nodo ferroviario di Roma. Infatti, l’esercizio della linea AV/AC Torino-Milano-Napoli ha attratto il traffico passeggeri di media e lunga percorrenza offrendo l’occasione per la riorganizzazione dei trasporti regionali e metropolitani. A tal riguardo, RFI ha programmato una serie di interventi per il nodo di Roma che in parte sono stati già realizzati, in parte sono in corso di realizzazione e in parte sono ancora da realizzare. Questi interventi sono stati progettati tenendo conto della necessità di integrare il trasporto ferroviario con gli altri modi di trasporto pubblico e privato.

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La Figura 1 mostra l’assetto finale del nodo ferroviario di Roma mettendo in evidenza le infrastrutture previste, includendo quindi anche gli interventi in corso di realizzazione.

Un primo intervento riguarda la realizzazione della Gronda Merci di Roma. L’intervento prevede la costruzione di un nuovo collegamento nord-sud per l’instradamento dei treni merci della linea dorsale Firenze-Roma e della tirrenica Pisa-Roma verso la linea Roma-Formia-Napoli. Il risultato atteso è un consistente alleggerimento del traffico merci gravante sulle stazioni Tiburtina, Trastevere, Ostiense, Tuscolana e Casilina, e la specializzazione delle linee del nodo di Roma. L’intervento si articola in due progetti:

  • La chiusura dell’anello di cintura nord fra le stazioni di Vigna Clara, Nuovo Salario e Nomentana, per una lunghezza di circa 4km con un nuovo ponte sul Tevere. L’intervento prevede la riattivazione della fermata di Vigna Clara e la creazione a Tor di Quinto di un importante nodo di scambio con la linea Roma-Viterbo e con il terminale nord della nuova linea metro C.
  • La costruzione della Cintura sud, per la quale è previsto un nuovo tracciato a doppio binario lungo circa 26km che parte da Ponte Galeria e arriva alla stazione di Pomezia su sede indipendente, per poi proseguire affiancata alla Roma-Formia fino alla stazione di Campoleone in corrispondenza della quale si innesta sulla Roma-Formia. A metà del percorso in corrispondenza di Vitinia è prevista la creazione di un importante nodo di scambio (“Tevere sud”) con la Roma-Lido. L’intervento prevede oltre alla fermata Vitinia, anche le nuove fermate Castel Romano e Pomezia Centro.

Gli interventi per il Potenziamento Tecnologico del Nodo di Roma sono finalizzati ad aumentare la produttività e l’efficienza della gestione della circolazione. Gli interventi, di cui è in corso la progettazione preliminare previsti sono:

  • Nuovo Posto centrale per il governo della circolazione vicino la sala AV di Roma Termini.
  • SCC di nodo comprendente la gestione di apparati multistazione per le tratte: Roma Tiburtina – Orte; Roma Casilina – Campoleone – Nettuno;Ciampino – Colleferro e linee dei Castelli.
  • Distanziamento con sezioni corte tra Roma Tiburtina e Roma Ostiense;
  • Interventi di velocizzazione.

Il Contratto di Programma 2007/2011 include la realizzazione del nodo di interscambio del Pigneto, che prevede la creazione di due nuove fermate sulla linea FL1 Fara Sabina-Fiumicino Aeroporto e sulla linea Roma-Castelli/Cassino (FL4-FL6) in corrispondenza della fermata della Metro C, che deve ancora essere costruita. E’ in fase di completamento la progettazione definitiva degli interventi ferroviari.

Un altro intervento sul nodo di Roma è relativo alla realizzazione di fermate e l’adeguamento delle stazioni per il servizio metropolitano di Roma. Oltre alle già citate Vigna Clara, Tor di Quinto (chiusura cintura nord) e Pigneto, le nuove fermate previste nel Protocollo d’Intesa sono: Ponte di Nona e Guidonia Collefiorito sulla FL2; Villa Senni sulla FL4 Ciampino–Frascati (già citata nello scenario Do Minimum); Massimina sulla FL5; Divino Amore sulla FL8. Inoltre è previsto lo studio di fattibilità per le fermate di Pineto, Farneto e Aurelia 2 (cintura nord). Infine è prevista la costruzione della Stazione Zama lungo la linea ferroviaria FL1.

A questi interventi si aggiungono quelli che riguardano l’adeguamento e il potenziamento di alcune linee regionali. Un primo intervento riguarda la realizzazione della nuova linea ferroviaria Passo Corese-Rieti appartenente al sistema “Corridoio trasversale e dorsale appenninica”. L’opera prevede la realizzazione di una linea a semplice binario, lunga circa 49km, che collega le stazioni di Fara Sabina (attualmente operativa sulla linea Chiusi-Roma) e Rieti (attualmente operativa sulla linea Terni-L’Aquila-Sulmona) e che prevede una stazione intermedia a Osteria Nuova. La linea collegherà Rieti e Fiumicino aeroporto. Il progetto è articolato in due sottoprogetti entrambi appartenenti al Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS): la tratta Fara Sabina-Osteria Nuova di circa 22km, e la tratta Osteria Nuova-Rieti di circa 27km.

Figura 1

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di Piano della Mobilità

06/lug/2015

Tra gli interventi previsti da RFI nell’ambito del riassetto del nodo di Roma, è già in corso il potenziamento e l’adeguamento degli impianti ferroviari nella stazione Tiburtina che prevedono l’ottimizzazione dell’armamento e delle tecnologie per il miglioramento dell’esercizio ferroviario (cadenza dei treni, fermate disponibili, separazione dei flussi di traffico); è in corso di realizzazione anche il Piano Regolatore Generale della stazione. Inoltre, sono in corso di realizzazione presso la Stazione Termini le opere infrastrutturali complementari agli edifici stazione.

Interventi in corso di realizzazione

Una serie di interventi in corso di realizzazione riguardano l’adeguamento e il potenziamento di alcune linee regionali.

Lungo la FL2 Roma-Lunghezza-Tivoli è in corso di realizzazione il potenziamento della tratta Lunghezza-Guidonia Colle Fiorito (situata circa 900m prima della vecchia stazione di Guidonia, che verrà soppressa). L’intervento prevede il raddoppio dei binari per altri 10 km oltre all’adeguamento delle tecnologie (che include l’adozione del sistema automatico di distanziamento dei treni e il sistema di controllo della marcia del treno) per incrementarne la capacità. E’ inoltre prevista la creazione di parcheggi di scambio presso le fermate di Guidonia e Bagni di Tivoli. Raddoppiando la capacità di traffico verso Guidonia, quest’intervento va a potenziare i trasporti ferroviari in una delle aree che, negli ultimi anni, è stata caratterizzata da una significativa espansione urbana.

Lungo la FL4 Roma-Frascati/Albano Laziale/Velletri sono in corso interventi di adeguamento delle tratte Ciampino-Frascati e Ciampino-Albano. L’intervento sulla tratta Ciampino – Frascati consiste nella realizzazione della nuova stazione di Villa Senni, che è quasi completato (manca solo la realizzazione del parcheggio di interscambio sul lato di proprietà del Comune), mentre la realizzazione del nuovo punto d’incrocio a Frascati con attivazione del secondo binario e nuovo sistema di regolazione del distanziamento in linea è stato completato nell’Agosto 2013. Sulla tratta Ciampino-Albano è invece previsto il potenziamento della stazione di Marino, il rinnovo della linea elettrica e il potenziamento della sottostazione elettrica di Ciampino.

Gli interventi previsti e finanziati relativi alla FL6 Roma-Ciampino-Cassino consistono nel Nuovo Piano Regolatore della Stazione di Ciampino e 2 nuovi binari tra Capannelle e Ciampino, nonché la realizzazione dell’apparato per il controllo e la gestione della circolazione dei treni nella stazione di Ciampino. A tal riguardo, si è alla fine optato per il più moderno Apparato Centrale Computerizzato (ACC) invece del tradizionale Apparato Centrale Elettrico a Itinerari (ACEI). Per quanto riguarda la FL7 Roma-Formia, è in corso di realizzazione il nuovo apparato nella stazione di Latina e la realizzazione di sezioni corte (Provincia di Roma e CTL, 2011).

Interventi di potenziamento

Infine, gli interventi di potenziamento in corso di realizzazione lungo la FL8 Roma-Nettuno riguardano il raddoppio della linea tra Aprilia e Campoleone.

Gli interventi di potenziamento della linea Orte-Falconara, che unisce la dorsale Milano-Roma con la direttrice adriatica, consistono nel raddoppio dei binari. Al momento è in corso di realizzazione il raddoppio della tratta ferroviaria Castelplanio-Montecarotto (nelle Marche). Questo intervento oltre ad aumentare la potenzialità della linea, creerà una connessione fra la rete ferroviaria e altri sistemi di mobilità. L’intervento prevede inoltre la realizzazione di due lunghi viadotti sul fiume Esino, di due ponti, di sei sottovia ferroviari, di un sottopasso pedonale e l’ammodernamento della stazione Castelplanio, che verrà dotata di pensiline e di un sottopasso munito di scale e rampe per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Gli interventi di potenziamento in corso sulla ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo includono la realizzazione della nuova stazione di Prima Porta, i cui lavori sono in uno stato avanzato, e della nuova stazione di Piazzale Flaminio, il cui inizio lavori è previsto a breve.

Infine, sono previsti degli interventi per la riqualificazione delle stazioni Fiera di Roma e Val d’Ala e per la messa in sicurezza della Galleria Cassia Monte Mario (l’intervento è propedeutico al progetto Cintura Nord). Molti altri interventi, avviati e previsti sulle infrastrutture ferroviarie di RFI e concesse, andranno verificati in seguito.

Gli interventi in corso di realizzazione lungo le linee regionali sono parte di interventi più completi e strutturati che sono stati presi in considerazione dagli strumenti di programmazione e pianificazione; presi però così singolarmente sono solo in grado di apportare dei miglioramenti di capacità e prestazioni in modo parziale e localizzato.

In conclusione, lo scenario Do Minimum prevede una configurazione della rete ferroviaria regionale molto simile all’attuale, che non è in grado di soddisfare i requisiti necessari per essere considerata una rete efficiente e integrata con gli altri modi di trasporto.

 

di Piano della Mobilità

30/giu/2015

Presentazione Vivalto

La rete ferroviaria del Lazio è oggi quasi interamente di proprietà dello Stato e gestita da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Le uniche tratte ferrate di proprietà della Regione (ex ferrovie concesse) sono la Roma-Lido, Roma- Giardinetti e Roma-Civita Castellana-Viterbo che sono gestite dall’Agenzia del Trasporto Autoferrotranviario del Comune di Roma (ATAC).

Le linee ferroviarie in esercizio gestite da RFI sono complessivamente lunghe 1207km, di cui 644 km sono linee fondamentali, 335 km linee complementari e 228 km linee di nodo. Le linee elettrificate si estendono per 1104 km, di cui 859 km sono a doppio binario. La lunghezza complessiva dei binari è di 2065km, di cui 1780km appartengono alla linea convenzionale e 285 km a quella Alta Velocità (AV). Per quanto riguarda l’attrezzaggio tecnologico, 602 km della rete sono forniti di sistemi di gestione della circolazione a distanza (Sistema Comando e Controllo della Circolazione – SCC, e Centralized Traffic Control – CTC), 965 km di Sistema per il Controllo della Marcia del Treno (SCMT), 120km di Sistema Supporto Condotta (SSC) , e, infine, 139 km sono coperti dall’ERTMS (European Rail Traffic Management System), ovvero il sistema europeo di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario per l’interoperabilità su rete AV/AC.

La rete ferroviaria del Lazio gestita da RFI presenta una struttura radiale con centro il nodo di Roma (Figura 2.6‑1 e Tavola A in allegato) che riveste un ruolo fondamentale per la rete ferroviaria regionale, nazionale e internazionale. La struttura della rete del nodo di Roma è caratterizzata da un anello aperto che circonda il centro della Capitale e che funge da collegamento tra le varie linee regionali che si diramano in senso radiale verso l’esterno.

Il numero complessivo di stazioni con servizio viaggiatori ammonta a 170. Secondo la classificazione degli aspetti prestazionali e funzionali delle stazioni messa a punto da RFI (www.rfi.it), le stazioni di Roma Termini e Roma Tiburtina risultano appartenere alla categoria “Platinum”, ovvero risultano caratterizzate da una frequentazione superiore ai 6000 viagg. medi/giorno e un alto numero di treni medi/giorno con elevata incidenza di treni di qualità. Le stazioni di Ciampino, Civitavecchia, Fiumicino Aeroporto, Formia, Orte, Roma Ostiense, Roma S. Pietro e Roma Trastevere appartengono invece alla categoria “Gold”, ovvero sono impianti medio-grandi caratterizzati da una frequentazione abbastanza alta, con una offerta trasportistica significativa sia locale che di qualità. Delle restanti 108 appartengono alla categoria “Silver”, che include impianti medio-piccoli con una frequentazione media per servizi metropolitani-regionali e di lunga percorrenza inferiore a quella delle “Gold”, e 52 alla categoria “Bronze”, che include impianti piccoli che svolgono servizi regionali e sono caratterizzati da una bassa frequentazione. Delle 170 stazioni solo 21 dispongono di servizi di assistenza alle Persone a Ridotta Mobilità.

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La rete ferroviaria gestita da RFI nel Lazio a Dicembre 2012

 

Specifiche delle singole linee

I servizi passeggeri sulla rete RFI sono forniti da Trenitalia del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane mediante 8 linee ferroviarie regionali (FL) e la linea espressa Roma Termini–Aeroporto di Fiumicino (denominata Leonardo Express).

La linea FL1 “Orte – Roma Tiburtina – Fiumicino Aeroporto” utilizza l’infrastruttura delle linee ferroviarie Firenze-Roma (oggi detta linea lenta per distinguerla dalla “Direttissima”) e Roma – Fiumicino: la Roma-Fiumicino, che è utilizzata anche dalla linea Leonardo Express, è a doppio binario ed è lunga 31km;  la Firenze – Roma è una linea classificata come fondamentale a doppio binario che si sviluppa per 314km di cui circa 100km nel Lazio.

La linea FL2 “Roma Tiburtina – Tivoli” utilizza l’infrastruttura della linea Roma- Sulmona – Pescara che è classificata come complementare ed è complessivamente lunga 240km di cui circa 70km  nel Lazio. La linea è a binario singolo eccetto per il tratto iniziale da Roma Tiburtina a Lunghezza. Infatti nel 2005 è stato attivato il doppio binario nel tratto compreso tra Roma Prenestina e Salone, mentre, dal 2007, quello fra Salone e Lunghezza.

La linea FL3 “Roma Ostiense – Cesano – Viterbo Porta Fiorentina” utilizza l’infrastruttura della linea ferroviaria Roma-Capranica-Viterbo classificata come complementare. La linea è lunga circa 90km ed è a doppio binario solo da Roma Ostiense a Cesano di Roma (questo tratto è classificato come linea di nodo).

La FL4 ”denominata “Linea dei Castelli” inizia da Roma Termini e da Ciampino in poi si dirama in tre tratte tutte a binario semplice e classificate come linee complementari: la tratta Ciampino – Frascati, lunga 24km da Roma; la tratta Ciampino – Albano Laziale, lunga 28km da Roma; la tratta Ciampino – Velletri, lunga 41km da Roma.

La linea FL5 “Roma Termini – Civitavecchia” utilizza l’infrastruttura della ferrovia Tirrenica, che collega Roma con Livorno lungo la costa tirrenica. La linea, che è una delle principali direttrici della rete ferroviaria italiana, è a doppio binario ed è lunga circa 300km di cui circa 130km nel Lazio.

La linea FL6 “Roma Termini – Frosinone – Cassino” utilizza l’infrastruttura della linea ferroviaria Roma – Napoli via Cassino, che è classificata come fondamentale ed è a doppio binario e complessivamente lunga 250km di cui circa 150km nel Lazio. Il primo tratto da Roma Termini a Ciampino, classificato linea di nodo, è in comune con la linea FL4 “Roma Termini – Frascati/Albano Laziale/Velletri”.

La linea ferroviaria Roma – Napoli via Formia, che è lunga 214km di cui circa 140km nel Lazio. La linea, classificata come fondamentale, è a doppio binario.

La linea FL8 Roma Termini – Nettuno utilizza l’infrastruttura della linea ferroviaria Roma-Napoli via Formia fino a Campoleone (circa 30km) e quella della linea Albano Laziale-Nettuno. L’infrastruttura della linea Albano Laziale-Nettuno lunga complessivamente circa 60km è attualmente in servizio solo tra Campoleone e Nettuno (circa 30km); è una linea a semplice binario classificata come complementare.

Tutte le linee considerate sono a scartamento ferroviario ordinario (1435mm) e sono alimentate in corrente continua a 3kV.

Linee secondarie

Altre tre linee secondarie sono:

  • La linea Terni-Rieti-L’Aquila-Sulmona (164km) in comune con tre regioni collega due dorsali della rete nazionale: la Roma–Ancona e la Roma–Pescara.
  • La linea Roccasecca-Avezzano (79km) in comune con l’Abruzzo è stata chiusa e dismessa da FS, ma l’accordo tra le due Regioni prevede la riapertura a settembre.
  • La linea Priverno-Terracina attualmente è sospesa per frana e sostituita da autobus.

Delle linee ferroviarie gestite da ATAC, la Roma-Lido e la Roma-Giardinetti, entrambe a doppio binario, si sviluppano all’interno del territorio urbano, mentre la Roma-Civita Castellana-Viterbo è la sola ad avere carattere propriamente regionale. La ferrovia Roma-Lido, a doppio binario e alimentata in corrente continua a 1.5 kV, si estende per 28km senza passaggi a livello e serve 13 stazioni con banchine che permettono l’accesso a raso. La tramvia Roma-Giardinetti con numerosi attraversamenti a raso, si estende per 9km e serve 19 stazioni, è a doppio binario, a scartamento ridotto (950mm), ed elettrificata a 1650 V in corrente continua. La Roma-Civita Castellana-Viterbo è a doppio binario per il tratto urbano (stazione di Montebello) con 15 stazioni, e a binario unico per il tratto extraurbano con 25 stazioni. La linea, che ha una lunghezza complessiva di 102km, è a scartamento ordinario ed elettrificata a 3kV in corrente continua. Ha numerosi passaggi a livello.

Il recente D.G.R. n.409 del 30.06.2014 “Indirizzi programmatici finalizzati all’aggiornamento dell’elenco delle opere del Programma Infrastrutture Strategiche di cui alla L. 443/2001 ricadenti nel territorio della Regione Lazio, preliminari alla sottoscrizione di una Nuova Intesa Generale Quadro ed all’integrazione del XII° Allegato Infrastrutture. Approvazione del documento tecnico recante l’elenco delle opere con l’indicazione delle priorità assegnate” fissa delle priorità alle opere ferroviarie programmate.

Nella carta dei servizi 2013 del Lazio di Trenitalia tali linee hanno assunto la nuova denominazione di “FL”.

di Piano della Mobilità

22/giu/2015

Le fasi del Piano

Scenario Do Everything

Lo scenario Do Everything, oltre gli interventi descritti per lo scenario Do Minimum, tiene conto anche di interventi relativi alla realizzazione di corridoi protetti e riservati per gli autobus e del completamento delle azioni per lo sviluppo dell’infomobilità incluse nel Piano Regionale dell’Infomobilità.

Corridoi del Trasporto Pubblico

I corridoi del trasporto pubblico, sul piano strettamente trasportistico, servono ad integrare le reti del ferro dove queste sono carenti, a costituire linee di adduzione ai nodi di scambio, a fornire percorsi preferenziali ai servizi di trasporto pubblico extra-urbani.

Dal punto di vista degli obiettivi più generali possono dare un valido contributo a stabilire delle relazioni più strette fra i diversi sub-sistemi provinciali, a migliorare l’accessibilità ai poli funzionali locali, ovvero ad incentivare uno sviluppo decentrato dell’area metropolitana rispetto a quello monocentrico di Roma.

I corridoi sono previsti in tre settori nord-est, sud-est e sud-ovest, (Figura 1) dove maggiori sono le esigenze di fornire servizi ad alta capacità e ad alta qualità per attrarre un’utenza numerosa e crescente.

L’effetto di questo intervento sulla domanda e sull’offerta di trasporto pubblico su gomma è difficilmente quantificabile. Si tratta di interventi che contribuiscono a efficientare i servizi regionali su gomma, aumentando la velocità commerciale dei mezzi, riducendo i ritardi e dunque rendendo maggiormente appetibile il servizio da parte degli utenti. In via conservativa è possibile ipotizzare che le percorrenze chilometriche non subiscano variazioni, mentre il numero di passeggeri trasportati dovrebbe aumentare del 5%.

Figura 1 I corridoi del trasporto pubblico

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Completamento dell’infomobilità

Il completamento dell’infomobilità a livello regionale riguarda la totale attuazione delle azioni previste nel Piano Regionale dell’Infomobilità, in aggiunta ai servizi minimi descritti in precedenza (sistema di bigliettazione regionale integrata e piattaforma integrata di infomobilità).

In particolare, gli obiettivi da perseguire nella Regione Lazio riguardano:

  • il pieno sviluppo dei sistemi di informazione all’utenza;
  • per il trasporto pubblico la completa realizzazione di un sistema di pagamento elettronico integrato regionale e il monitoraggio delle flotte.

La realizzazione di queste attività contribuirà ad aumentare l’efficienza dei servizi di trasporto pubblico e la loro attrattività. Da un lato, dovranno permettere agli utenti di essere pienamente informati sui servizi di cui possono usufruire (orari, tempi di spostamento, coincidenze, ecc.) e di pianificare nel dettaglio e in maniera integrata i loro spostamenti (calcolo “multimodale” del percorso da un’origine ad una destinazione). Dall’altro lato, dovranno permettere alla Regione e ai singoli operatori di trasporto pubblico di monitorare i servizi offerti e dunque di pianificare, in tempo quasi reale, l’esercizio (es. monitoraggio delle flotte).
In via conservativa è possibile ipotizzare che l’offerta di trasporto pubblico non subiscano variazioni, mentre il numero di passeggeri trasportati dovrebbe aumentare del 6%.

Sintesi degli interventi

La Tabella 1 sintetizza gli interventi previsti negli scenari Do Minimum e Do Everything, indicando le variazioni dell’offerta e della domanda di trasporto ottenibili. Si nota come quasi tutti gli interventi comportino una riduzione delle percorrenze chilometriche (solo gli interventi di potenziamento dell’intermodalità e dell’infomobilità non incidono sulle percorrenze). Al contrario, sebbene le percorrenze si riducano, si registra un aumento della domanda di trasporto pubblico, conseguenza dell’efficientamento dei servizi.

Tabella 1 Interventi negli scenari Do Minimum (DM) e Do Everything (DE)

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di Piano della Mobilità

15/giu/2015

Le fasi del Piano

I principali interventi regionali, finalizzati al miglioramento del TPL e dell’intermodalità passeggeri, indicati nello Studio per la riorganizzazione, secondo principi di economicità ed efficienza, della rete e dei servizi di trasporto pubblico locale su gomma della Regione Lazio, riguardano:

  • il rafforzamento dell’intermodalità e del ruolo di trasporto primario della rete ferroviaria regionale;
  • l’efficientamento della rete di trasporto su gomma, assegnandogli il ruolo di adduzione;
  • la razionalizzazione del trasporto pubblico locale rafforzando la creazione delle unità di rete tramite consorzi tra Comuni;
  • il miglioramento e l’incremento di efficacia del servizio nelle aree a domanda debole con creazione di servizi dedicati;
  • il miglioramento dell’informazione all’utenza;
  • il completamento della piena accessibilità ai servizi socio-sanitari ed amministrativi tramite il trasporto pubblico;
  • il controllo della qualità del servizio tramite sistemi di monitoraggio e di customer satisfaction.

A questi interventi si aggiunge la realizzazione di corridoi del trasporto pubblico (ovvero corridoi protetti e riservati per gli autobus), così come previsto dal Piano Regionale della Mobilità, del Trasporto e della Logistica.

Rispetto all’orizzonte temporale (2040), alcuni di questi interventi costituiscono uno scenario di base (Do Minimum), relativo ad interventi minimi di razionalizzazione ed efficientamento dei servizi di trasporto pubblico locale, ripresi dal documento approvato dalla Giunta nell’ottobre 2013. Costituiscono invece uno scenario complessivo (nel seguito Do Everything) la realizzazione di tutti gli interventi previsti nei piani regionali.

Scenario Do Minimum

Trasporto pubblico extra-urbano

Il trasporto pubblico extra-urbano su gomma, al fine di fornire un servizio efficace ed efficiente, dovrebbe essere utilizzato principalmente per collegamenti di breve/media distanza tra i Comuni e verso i nodi di scambio ferroviari, in modo da garantire, unitamente alla rete ferroviaria regionale, un’ampia copertura territoriale a costi inferiori.

Gli interventi minimi finalizzati alla razionalizzazione ed all’efficientamento del servizio di trasporto pubblico extra-urbano su gomma riguardano:

  • l’esternalizzazione di una quota parte della percorrenza chilometrica annualmente prodotta pari almeno al 10% della produzione totale in linea;
  • la riduzione e il reindirizzamento verso le stazioni ferroviarie dei percorsi con estensione superiore a 60 km ed in parte sovrapposti alle linee ferroviarie regionali;
  • la riduzione della produzione chilometrica annua fuori servizio.

L’esternalizzazione dei servizi è relativa all’affidamento esterno di parte della produzione chilometrica annua, ai sensi dell’art. 4-bis del D.L. 78/09. Ci si riferisce a percorsi:

  • intra-comunali che svolgono servizio in sovrapposizione con il trasporto pubblico locale comunale, all’interno di Comuni non dotati di trasporto pubblico locale, all’interno di Comuni dotati di trasporto pubblico locale e non in sovrapposizione con quest’ultimo;
  • con estensione inferiore a dieci chilometri che svolgono servizio all’interno delle unità di rete, con origine/destinazione presso stazioni ferroviarie;
  • con estensione compresa tra dieci e 20 chilometri che svolgono servizio con origine/destinazione presso stazioni ferroviarie;
  • nelle aree a domanda debole ovvero quelle porzioni di territorio, urbane o interurbane, con domanda di trasporto di bassa consistenza e caratterizzata da notevole dispersione spaziale e temporale.

L’esternalizzazione dei servizi porterebbe un risparmio complessivo pari a circa 14 milioni di vetture-km e comporterebbe un trasferimento di passeggeri dal trasporto pubblico extra-urbano su gomma ad altri operati privati che operano a livello locale dell’11% circa (ovvero circa 12 milioni di passeggeri).

La razionalizzazione dei percorsi superiori ai 60 km si riferisce ai percorsi che offrono un servizio di adduzione a Roma in sovrapposizione alle linee ferroviarie Regionali e Concesse. La scelta è motivata dal fatto che oltre una certa lunghezza del tracciato, l’accumulo di ritardo dovuto all’interazione con il traffico stradale, porta ad una forte irregolarità del servizio su gomma rispetto a quello offerto dalla ferrovia. Inoltre, il costo dei passeggeri trasportati sulle linee ferroviarie risulta minore di quello del trasporto pubblico extra-urbano su gomma.

La riduzione di questi percorsi e il loro reindirizzamento presso le stazioni ferroviarie al di fuori del G.R.A. aumenterebbe il grado di intermodalità della rete Co.Tra.L. diminuendo sia i tempi di percorrenza degli utenti diretti verso la capitale (meno 10-20% rispetto allo stato attuale) che i costi del servizio. Questo intervento porterebbe ad un risparmio complessivo pari a circa cinque milioni di vetture-km, senza incidere sul numero di passeggeri trasportati.

L’ottimizzazione della produzione chilometrica fuori sevizio (allo stato attuale pari a circa 13 milioni di vetture-km all’anno) effettuata dalle vetture Co.Tra.L., valutata rispetto a nuovi assetti infrastrutturali dei depositi. comporterebbe una riduzione compresa tra quattro e sei milioni di vetture-km, senza incidere sul numero di passeggeri trasportati.

Trasporto pubblico urbano a Roma

Scenari: Roma e provincia

Nel caso di Roma, gli interventi minimi riguardano:

  • la ridefinizione della rete portante con servizi ordinari ad alta frequenza con il supporto di interventi puntuali di fluidificazione e di riprogettazione delle aree di scambio;
  • la riduzione del numero di linee e il contenimento delle lunghezze dei percorsi particolarmente lunghi e tortuosi;
  • la progettazione e attuazione di interventi prioritari sulla rete tranviaria;
  • l’eliminazione delle sovrapposizione dei percorsi;
  • la razionalizzazione e potenziamento dei servizi per l’intermodalità con i servizi su ferro;
  • la razionalizzazione e regolarizzazione del trasporto pubblico nelle zone periferiche anche con servizi ad orario e servizi flessibili per aree a domanda debole;
  • il controllo e aumento della regolarità del servizio;
  • il miglioramento dell’informazione, anche statica, a bordo dei mezzi.

La ridefinizione della rete portante e l’ottimizzazione dei servizi offerti porterebbero ad una riduzione complessiva di circa dieci milioni di vetture-km, senza riduzione di utenza servita.

Nel caso di rimodulazione/razionalizzazione delle linee ed eliminazione delle sovrapposizioni del servizio su gomma, si avrebbe una diminuzione di circa il 5% delle percorrenze complessive, ed un aumento delle percorrenze dell’ordine del 3% per effetto dell’aumento delle frequenze di servizio. Tali ipotesi determinerebbero una riduzione complessiva di circa 3,5 milioni di vetture-km.

Il miglioramento delle condizioni di servizio dovrebbe incrementare di circa l’1,2% i passeggeri serviti, ovvero circa 15 milioni di passeggeri.

Con riferimento alla regolarizzazione del servizio e all’aumento della velocità commerciale, ipotizzando un incremento di un km/h rispetto agli attuali 15, si avrebbe una maggiore attrattività del servizio, con conseguente aumento del numero di passeggeri di circa l’1,3%, ovvero di circa 16 milioni di passeggeri.

Trasporto pubblico urbano (escluso Roma)

Nel caso degli altri centri urbani, caratterizzati da servizi eserciti da operatori privati, gli interventi minimi riguardano:

  • la riprogrammazione e efficientamento dei servizi in modo da raggiungere gli obiettivi programmatici stabiliti dal DPCM del 11/03/2013, già avviata dalla Regione;
  • l’assorbimento della esternalizzazione di parte del servizio di trasporto pubblico extraurbano Co.Tra.L.

Il primo intervento porterà a una ridefinizione dei fabbisogni basata sui piani inviati dai comuni e sull’adeguamento dell’offerta di trasporto all’effettiva domanda.

Potenziamento dell’intermodalità

Il potenziamento dell’intermodalità ha l’obiettivo di spostare parte degli utenti del servizio di trasporto pubblico, extra-urbano e locale, dalla gomma al ferro. In particolare, gli interventi riguardano l’avvicinamento delle fermate dei servizi di trasporto pubblico ad alcune stazioni ferroviarie che svolgeranno la funzione di nodi di scambio gomma-ferro; e il coordinamento degli orari del servizio su gomma con quelli del servizio ferroviario.

Il primo intervento, rendendo più agevole il passaggio dalla gomma al ferro, potrà aumentare gli utenti del trasporto pubblico regionale su ferro di circa l’1%.

Un migliore coordinamento orario fra gomma e ferro consentirebbe di far svolgere al servizio di trasporto pubblico, extra-urbano e locale, su gomma una funzione di adduzione al servizio ferroviario. La misura, includendo anche il trasporto locale su gomma, può portare a un aumento del 2% degli utenti del trasporto regionale ferroviario.

Potenziamento dell’infomobilità

Nello scenario Do Minimum il potenziamento dell’infomobilità riguarda lo sviluppo parziale di un sistema di bigliettazione integrata regionale e lo sviluppo di una piattaforma integrata di infomobilità.

Il sistema di bigliettazione elettronica integrata dovrà coinvolgere tutte le aziende di trasporto pubblico operanti nel Lazio e dovrà essere integrato con un sistema telematico di monitoraggio della flotta e informazione all’utenza.

L’adozione di un sistema di integrazione tariffaria regionale consentirebbe di migliorare l’accessibilità al sistema di TPL, accrescere gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti e degli abbonamenti e incentivare l’utente all’uso del mezzo pubblico anche attraverso un maggiore ricorso all’intermodalità. Mediante l’uso di questo sistema, si può supporre di ottenere un incremento medio della domanda di trasporto pubblico regionale pari al 3%.

L’intervento principale per l’integrazione delle informazioni sul trasporto pubblico nella Regione Lazio dovrà avvenire attraverso l’implementazione (parziale nel caso dello scenario Do Minimum) di una Piattaforma Integrata di Infomobilità, così come previsto nel Piano Regionale dell’Infomobilità.

La piattaforma integrata dovrà fornire agli utenti informazioni in tempo reale di diverso genere (es. orario dei mezzi per utenti del trasporto pubblico, situazione sulla viabilità o sui parcheggi per gli automobilisti, ecc.), al fine di indirizzare alcune scelte a beneficio dei tempi di percorrenza necessari a compiere un percorso. Queste funzionalità saranno gestite ed erogate dai diversi sistemi delle aziende di trasporto pubblico che operano nella Regione.

L’utilizzo di sistemi telematici influenza notevolmente la qualità, l’efficacia, la sicurezza e l’efficienza del sistema dei trasporti e, di conseguenza, contribuisce a migliorare le condizioni ambientali. Lo sviluppo della piattaforma integrata dovrebbe permettere di ottenere un incremento medio della domanda di trasporto pubblico regionale pari al 3%.

di Piano della Mobilità

08/giu/2015

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L’introduzione di un sistema di integrazione tariffaria rappresenta uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo di un sistema di trasporto pubblico effettivamente ed efficacemente rispondente alle esigenze di mobilità delle persone. L’integrazione tariffaria, consentendo una maggiore facilità di utilizzo dei mezzi pubblici, determina da un lato un incremento dell’utenza e dall’altro una maggiore fidelizzazione della clientela.

Alcune aziende di trasporto pubblico (ATAC e Co.Tra.L., insieme a Trenitalia) hanno realizzato, nel 1994, il sistema tariffario integrato Metrebus, che consente ai titolari di biglietti e abbonamenti integrati di viaggiare indifferentemente sui mezzi delle tre aziende, nei limiti di validità del titolo acquistato. Il sistema è a sua volta suddiviso in: Metrebus Roma, che coinvolge il trasporto pubblico in ambito Comune di Roma, e Metrebus Lazio, che coinvolge il trasporto pubblico in ambito regionale.

Attualmente, il sistema coinvolge solo una parte delle aziende di trasporto pubblico regionali, mentre per avere maggiori benefici l’integrazione dovrebbe essere estesa a tutti i soggetti che eserciscono un servizio di trasporto pubblico nella Regione Lazio. Inoltre, non viene sfruttata la possibilità di raccogliere e memorizzare le informazioni contenute nelle smart card utilizzate nei sistemi Metrebus.

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Un tema centrale dell’informazione sui servizi di trasporto pubblico riguarda l’integrazione delle informazioni, finalizzata, nel caso della Regione Lazio, a fornire agli utenti informazioni complete e dettagliate su tutti i servizi di trasporto operanti nel territorio. L’integrazione delle informazioni contribuisce a migliorare l’accessibilità degli utenti ai servizi offerti, grazie ad una migliore conoscenza e consapevolezza delle possibilità.

di Piano della Mobilità

03/giu/2015

Presentazione Vivalto

Nell’ottica di un sistema di trasporto pubblico integrato ed efficiente, il trasporto ferroviario regionale, caratterizzato da un insieme di linee radiali da e verso Roma, dovrebbe essere inteso come il principale mezzo pubblico a servizio della Capitale (Roma è il maggiore attrattore di utenti; circa il 40% dei pendolari del Lazio si spostano verso Roma da altri Comuni). Il trasporto su gomma (in particolare quello extra-urbano) dovrebbe, invece, essere inteso sia come un servizio di adduzione alla ferrovia, per gli utenti che compiono spostamenti lunghi, che come servizio tra aree della Regione non collegate dalla ferrovia (laddove, ovviamente, la domanda sia tale da giustificare questo servizio).

L’organizzazione di un servizio di questo tipo implica sia degli elevati standard di accessibilità ai sistemi di trasporto pubblico, che dei servizi ferroviari e su gomma coordinati temporalmente, in modo da limitare il più possibile i tempi di trasbordo.

Un adeguato scambio gomma-ferro non può prescindere da livelli elevati di accessibilità al trasporto pubblico, ovvero dal fatto che la distanza fra fermata del trasporto su gomma, extra-urbano o locale che sia, e stazione ferroviaria non sia troppo grande (solitamente si fa riferimento ad una distanza massima di 100 metri).

I nodi di scambio gomma-ferro che hanno almeno una fermata del trasporto su gomma extra-urbano entro 100 metri dalla stazione ferroviaria sono, allo stato attuale, quasi il 60%. Va però evidenziato che in quasi il 70% dei nodi ci sono percorsi di trasporto pubblico extra-urbano su gomma che passano fra i 100 e i 1.000 metri dalla stazione.

L’accessibilità al trasporto ferroviario mediante mezzi di trasporto pubblico su gomma è quindi oggi un concetto poco radicato nella Regione Lazio. L’analisi dello stato attuale evidenzia tuttavia che, senza cambiamenti radicali dei percorsi del trasporto pubblico extra-urbano su gomma, esistono ampi margini per migliorare l’accessibilità dei nodi di scambio gomma-ferro.

Un’analisi del coordinamento orario gomma-ferro (per i nodi che presentano una fermata Co.Tra.L. entro 100 metri da una stazione ferroviaria) è stata effettuata sulla base dell’orario ferroviario di Trenitalia e di quello della Co.Tra.L., nella fascia oraria dalle 5.00 alle 9.15 del mattino di un giorno feriale tipo.

Nella fascia oraria dalle 5.00 alle 9.15, il trasporto pubblico su gomma extra-urbano è risultato scarsamente coordinato con quello ferroviario, e viceversa. In particolare, al contrario di quanto dovrebbe accadere nella fascia oraria del mattino, il grado di integrazione medio ferrovia-Co.Tra.L. è pari a circa il 35% ed è superiore al grado di integrazione medio Co.Tra.L.-ferrovia in direzione Roma, pari al 20%. Infine, nel caso del coordinamento orario Co.Tra.L.-ferrovia in direzione opposta a Roma, la percentuale di integrazione modale è molto bassa ed è, in media, pari al 13% circa.

di Piano della Mobilità

25/mag/2015

Scenari - Trasporto pubblico

Il trasporto pubblico nella Regione Lazio è prodotto da aziende, pubbliche e private, che eserciscono servizi (ferroviari e su gomma) in ambito urbano ed extra-urbano.

Nel complesso, l’offerta di trasporto pubblico nel Lazio è pari a circa 340 milioni di vetture-km l’anno, mentre vengono trasportati circa 1,6 miliardi di passeggeri all’anno (Tabella 1).

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Tabella 1

L’offerta maggiore è quella relativa al trasporto pubblico urbano, che assorbe, in termini di vetture-km/anno, circa il 69% del totale. Il TPL urbano conta anche il maggior numero di passeggeri l’anno (circa l’85% del totale, con Roma che assorbe circa il 77% della domanda di trasporto pubblico regionale).

L’offerta di trasporto pubblico extra-urbano su gomma rappresenta il 24% del totale delle vetture-km contro il 7% del trasporto ferroviario regionale. Ma occorre ricordare che una vettura ferroviaria ha una capacità 3 – 4 superiore a quella di un autobus. Il trasporto pubblico su gomma assorbe circa il 6% della domanda di trasporto regionale, contro l’8% del trasporto ferroviario.

Il trasporto pubblico urbano a Roma fa registrare il maggiore rapporto tra passeggeri e vetture-km, mentre risulta molto basso nel caso del trasporto su gomma extra-urbano. Nel complesso, il rapporto passeggeri su vetture-km (calcolato come media pesata dei valori dei singoli modi) è di poco inferiore a cinque.

Una recente indagine sul Trasporto Pubblico Locale, promossa dalla Regione Lazio per la campagna multicanale People Moving del Movimento Consumatori e condotta dalla società IPSOS, ha consentito di considerarne l’uso e la soddisfazione.

In generale la soddisfazione per il servizio TPL è leggermente inferiore alla sufficienza. Solo due utenti su cinque lo giudicano insufficiente, ma con valutazioni molto negative. Gli utenti del Comune di Roma valutano inadeguate la puntualità (31%), le destinazioni servite (29%), gli orari (14%) e la frequenza (14%). Gli utenti del resto della Regione valutano inadeguate le destinazioni servite (30%), gli orari (21%), la puntualità (20%) e le frequenze (14%). Un miglioramento del servizio potrebbe recuperare da dieci a 13 punti percentuali sulla modalità privata, il che sarebbe coerente con quanto avviene nelle altre Regioni europee con percentuali di uso del trasporto pubblico oltre il 30%. Tra i mezzi, la metropolitana è l’unica che ha un voto medio positivo 6,4; gli altri sono tutti negativi e i treni regionali sono risultati i meno soddisfacenti con 5,7.

Circa la metà degli utenti intervistati riconosce tuttavia un miglioramento nella qualità del trasporto pubblico, ad eccezione degli utenti della Provincia di Roma (escluso il Comune di Roma) che danno un giudizio molto negativo. Solo il 30% lo ritiene migliorato e ben il 25% lo ritiene peggiorato.

Il disservizio più rimarcato dai viaggiatori è relativo alla puntualità. Lo lamentano il 44% degli utenti del treno e il 63% degli utenti del TPL su gomma extra-urbano. Altri reclami si riferiscono al sovraffollamento e alla scarsa pulizia.

 

di Piano della Mobilità

18/mag/2015

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La Regione Lazio ha, da alcuni anni, messo a punto dei programmi di razionalizzazione dei servizi di trasporto pubblico e delle condizioni di intermodalità passeggeri, che si concretizza attraverso l’adozione di alcuni piani che costituiscono, ad oggi, il riferimento per lo sviluppo di questi servizi a livello regionale:

  • il Piano Regionale dell’Infomobilità, approvato nel 2008;
  • lo Studio per la riorganizzazione, secondo principi di economicità ed efficienza, della rete e dei servizi di trasporto pubblico locale su gomma della Regione Lazio, redatto nel 2009;
  • il recentissimo documento Riprogrammazione dei Servizi di Trasporto Pubblico Locale e di Trasporto Ferroviario Regionale, adottato dalla Giunta regionale nell’ottobre 2013.

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Quest’ultimo documento definisce le azioni da realizzare nel breve periodo per razionalizzare ed efficientare i servizi di trasporto pubblico eserciti, così come richiesto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2013 – Definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario.

di Piano della Mobilità

11/mag/2015

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Le tendenze in atto vedono la crescente presenza sul mercato di operatori privati, il cui mercato è in crescita, favorito anche dalla politica tariffaria di Trenitalia, principale impresa ferroviaria italiana, che va nella direzione di una crescita delle tariffe e quindi di prezzi ancor meno competitivi per i potenziali clienti.

La previsione di una ripresa dell’intermodale terrestre (gomma-ferro) sul traffico internazionale è realistica se il trend continua. Le imprese italiane dell’autotrasporto internazionale, già sofferenti per la crisi e per la concorrenza dei vettori europei, dovrebbero convertire gradualmente parte della propria attività dalla lunga distanza all’intermodale.

Un aspetto particolare del trasporto intermodale è costituito dalle Autostrade del Mare. Civitavecchia manifesta tendenze positive e visti gli interventi di miglioramento dell’accessibilità del porto in corso d’opera, si ritiene che il mercato possa ulteriormente crescere. Questo dipende dal trend economico positivo della Turchia, ma anche da una ripresa economica della sponda africana del mediterraneo.

Interporti, terminali e piattaforme logistiche

Le componenti infrastrutturali del sistema logistico di supporto alle tre funzioni sono interporti, terminali e piattaforme logistiche.

Si definisce Interporto un «complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire la mobilità delle merci tra le diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e l’efficienza dei flussi logistici» (fonte: Ministero dei Trasporti).

Il terminale è un impianto per l’interscambio delle unità di carico tra almeno due modi di trasporto.

Una piattaforma logistica è un’area di movimentazione e stoccaggio delle merci, finalizzata a supportare aree produttive (stoccaggio dei prodotti per l’invio verso i centri distributivi), o aree di consumo (distribuzione).

  • L’impianto che attualmente svolge la funzione di terminale è quello di Pomezia – Santa Palomba, gestito da SGT. Nella rete nazionale degli interporti (UIR) vengono classificati l’interporto di Orte e quello di Frosinone.
  • L’interporto di Orte è realizzato in parte. Ha avviato le attività nel 2012 (magazzini gomma-gomma) e risulta in fase di appalto per quanto riguarda la realizzazione dei binari ferroviari e del secondo lotto di magazzini. L’interporto ha attivato il servizio di dogana.
  • L’interporto Romano di Fiumicino è adiacente all’aeroporto di Fiumicino e, ad oggi, ospita corrieri e vettori stradali. Non si conosce la previsione in merito allo sviluppo del previsto terminale ferroviario. Il progetto definitivo dello svincolo sull’autostrada A12 della viabilità di adduzione all’Interporto di Fiumicino è stato approvato per via ordinaria. Il soggetto aggiudicatore è la Regione Lazio.
  • L’interporto di Civitavecchia – Piattaforma Logistica ha un magazzino raccordato (il raccordo non è tuttavia operativo) e lavora prevalentemente come magazzini doganali a temperatura controllata per gli approvvigionamenti delle navi da crociera per il porto di Civitavecchia.

Non si riscontrano avanzamenti per il previsto interporto di Roma-Est a Tivoli e per l’interporto di Frosinone. La società di gestione di quest’ultimo ha pubblicato un bando di gara (G.U. 5a Serie Speciale-Contratti Pubblici n.11 del 29/01/2014) per l’affidamento in concessione della progettazione esecutiva, costruzione e successiva gestione dell’infrastruttura dell’interporto previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta.

Rimane anche in sospeso il cosiddetto Centro Intermodale del Tevere a Montelibretti, previsto dal contratto di programma tra Ministero dei Trasporti e RFI (2011), anche se senza copertura finanziaria. L’opera dovrebbe costare 85 Mln di Euro, sostituire lo scalo di San Lorenzo di Roma, e dovrebbe estendersi per 25 ettari. La struttura sarebbe divisa in tre aree: una per i magazzini, un fascio di otto binari dedicato a carico/scarico autocarri, «autostrada viaggiante», parcheggi e palazzina dipendenti, infine, un fascio di 14 binari (ulteriori 10 in seconda fase) per gli arrivi e le partenze dei treni.

In sostanza, in merito agli interporti, nello scenario Do Minimum al 2030, senza considerare i programmi, vedrebbe presente solo Pomezia Santa Palomba e Orte. A questi si aggiungerebbero i terminali ferroviari di Roma Smistamento, Gaeta, Latina Scalo, Piedimonte, Anagni, Aprilia, Ferentino.

Lo scenario di riferimento al 2030 riportato in figura mostra diverse piattaforme, già operative a oggi o in via di completamento. Alcune sono dotate di raccordo ferroviario.

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di Piano della Mobilità

04/mag/2015

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Il trasporto delle merci svolge un ruolo vitale nell’economia e nella qualità della vita delle città. Esso è essenziale alle attività di produzione e di consumo ed influenza la competitività dei settori della produzione e del commercio. Allo stesso tempo il traffico merci è causa di danni all’ambiente. È in competizione con il trasporto passeggeri per l’accesso alle aree centrali della città e per la risorsa spazio di parcheggio.

Le amministrazioni delle città, in particolare Roma, hanno affrontato il problema con forme diverse di regolazione, in alcuni casi sperimentando misure innovative – iniziative di logistica urbana – con il duplice obiettivo di andare incontro alle esigenze degli operatori coinvolti e di realizzare una mobilità sostenibile nell’interesse della collettività. Tuttavia, tali iniziative (es. transit-point, uso di veicoli a basso impatto ambientale) sono state sporadiche e non sistematiche.

Il trend generale, tranne qualche eccezione, rimane quello di un approccio non strutturale e poco orientato ad incentivare la collaborazione pubblico-privata.

La diffusione delle tecnologie rimane scarsa, così come gli approcci regolatori. Segnali in tal senso vengono da alcune iniziative a Roma volte a sistematizzare l’approccio alla distribuzione urbana. Manca una chiara indicazione in merito all’adozione di specifici piani per la logistica urbana che integrino quelli urbani del trasporto.

Roma, rispetto agli altri capoluoghi di provincia, anche per via della dimensione e dei volumi di traffico merci che la interessano, ha regolamentato da tempo l’accesso dei veicoli merci nell’area urbana, introducendo una ZTL merci e stabilendo un permesso annuale a pagamento.

I recenti atti di revisione della regolamentazione disincentivano l’uso di veicoli con bassi standard emissivi e a premiano l’uso di veicoli eco-compatibili (e.g. metano, elettrico), e i progetti sperimentali condotti da vari soggetti privati, anche con la partecipazione dell’amministrazione. Nel futuro si prevedono comunque iniziative positive per la logistica urbana, soprattutto nel senso della sostituzione dei parchi veicolari con veicoli a basso impatto ambientale (metano nel breve termine, elettrico nel lungo termine), così come l’implementazione di alcune piattaforme urbane per l’ultimo miglio (transit-point), anche se l’effetto sul settore sarà limitato.

Dogane e ICT

Una delle criticità nei traffici merci in Italia è lo scarso coordinamento operativo con l’attività di servizio doganale.

Lo Sportello Unico Doganale è in via di implementazione e si ritiene operativo nello scenario di riferimento. Questo comporterà un’organizzazione più flessibile dell’organico doganale, in modo da assicurare la piena operatività (H24), come peraltro già avviene in altri Stati membri dell’Unione europea.

Il sistema prevede l’allineamento degli orari di servizio di tutti gli organi che esercitano funzioni di controllo sulle merci, in particolare presso i punti di ingresso ed uscita delle merci dal/nel territorio, accorpandoli tutti, ove possibile, in uno stesso luogo (creazione di centri polifunzionali di servizi).

L’eCustoms sarà un ulteriore elemento di efficienza. Al 2030 sarà ormai operativo il cosiddetto Maritime Single Window, una sorta di cloud degli sportelli unici (doganali e delle formalità portuali) in grado di ridurre i tempi di transito nei porti e di aumentare l’accessibilità.

In termini tecnologici, il recente decreto 1/02/2013 di recepimento della Direttiva 40/2010/UE sugli ITS, ha dato il via alla piena implementazione della piattaforma telematica nazionale Uirnet, che dovrebbe consentire la gestione integrata del sistema logistico.

di Piano della Mobilità

27/apr/2015

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Il sistema logistico consiste di elementi nodali, quali interporti, porti, aeroporti, piattaforme logistiche, terminali e scali merci, insieme a servizi di trasporto e logistica funzionali alle aree produttive e di consumo. Il trasporto intermodale delle merci (intermodalità) consiste nell’uso di almeno due modi (es. nave-ferrovia, ferrovia-strada) per trasportare specifiche unità di carico (es. container, semirimorchio, cassa-mobile) da un’origine ad una destinazione. L’unità di carico viene trasbordata da un modo ad un altro nei cosiddetti nodi intermodali, che possono essere i porti, gli interporti, i terminali ferroviari. Un particolare caso di intermodalità, importante per il Lazio, è costituito dalle Autostrade del Mare.

Stato Attuale

Il sistema logistico laziale, insieme anche all’Umbria, alle Marche e all’Abruzzo, ha una triplice funzione: area distributiva, area di transito merci sulla direttrice nord-sud, land bridge Tirreno-Adriatico. Non si registrano azioni macroterritoriali per lo sviluppo di tali funzioni. Contrariamente, si registra una fioritura di interventi di respiro locale senza un disegno integrato.

Il porto di Civitavecchia rappresenta potenzialmente il nodo primario, ma gli interventi degli ultimi anni e quelli in programma e cantierati, mentre evidenziano il rafforzamento della vocazione turistico-crocieristica, delle autostrade del Mare (intermodalità gomma-mare), fanno registrare l’assenza di un importante programma di sviluppo della logistica retroportuale e del traffico contenitori. Contrariamente, gli interventi di potenziamento delle infrastrutture viarie trasversali (autostrada Civitavecchia-Orte, ferrovia Orte-Falconara) andrebbero nella direzione di favorire la funzione di land bridge rafforzando il ruolo di Civitavecchia.

La tendenza degli ultimi anni ha portato ad una situazione di dispersione e frammentazione delle strutture logistiche, sia nelle realizzazioni, sia nei programmi pubblici e privati: molti nodi, di piccole dimensioni e dislocati sul territorio in modo non ottimizzato per la prevalente funzione distributiva sull’area romana. La logistica, dal canto suo, richiede concentrazione per generare economie di scala sia dal punto di vista delle attività di movimentazione delle merci che dal punto di vista dei trasporti.

La predominanza dell’area metropolitana di Roma e la sua tendenza a crescere, rendono fondamentale l’implementazione di misure di logistica urbana, ad oggi sporadiche e non sistematiche. Manca una programma regionale di coordinamento e armonizzazione dei piani per la logistica urbana, che integrino quelli urbani del trasporto.

La domanda di trasporto ferroviario delle merci nel Lazio è decisamente bassa. La capacità in dotazione degli impianti esistenti è sottoutilizzata, eccetto il terminale di Santa Palomba.

Il cargo aereo rimane una componente poco significativa. Il cargo city a Fiumicino ha l’area doganale, il magazzino automatico, le celle frigorifero, l’edificio spedizionieri e una capacità di 200.000 t/a sottoutilizzata.

I principali nodi del Lazio sono rimasti fuori della rete TEN-T Core.

Tendenze in atto

Il Lazio concorre all’assetto logistico dell’Italia Centrale, insieme a Umbria, Marche, Abruzzo, delimitata longitudinalmente a est dall’asse Adriatico che si salda più a nord con il Corridoio Adriatico-Baltico, a ovest invece dall’asse Tirrenico che congiunge i nodi portuali della Liguria e della Toscana con il nodo di Civitavecchia. Le regioni del centro sono inoltre interessate da una connessione trasversale, con una potenziale funzione land bridge, lungo la direttrice Adriatico – Tirrenico, tra il porto marchigiano di Ancona con quello laziale di Civitavecchia.

L’area Centrale negli ultimi anni ha evidenziato a scala nazionale il miglior trend di crescita rispetto al PIL per questo vanno sostenute politiche di “apertura” del sistema territoriale attraverso il porto di Civitavecchia  e il suo potenziale ruolo anche per la distribuzione sull’area romana. Il nodo ferroviario di Foligno rappresenta in territorio umbro il link tra l’area marchigiana e quella laziale. Un secondo asse trasversale è quello che interessa Latina e Pescara, dove dal 2012 è operativo l’interporto, completato sia nella parte ferroviaria che di magazzino.

Recentemente la rete transeuropea di trasporto, TEN-T, è stata rivista e articolata in una struttura «a doppio strato», comprendente una rete globale Comprehensive network e una rete centrale Core network. La rete globale costituisce lo strato di base della TEN-T e il suo completamento dovrà avvenire entro il 2050, mentre lo scenario temporale per la realizzazione della rete centrale è fissato al 2030.

Il futuro delle reti di trasporto europeo si affida in larga misura allo stimolo agli investimenti nazionali che verrà dalla leva finanziaria che l’Unione Europea riuscirà ad attivare mediante stanziamenti in conto capitale, prestiti agevolazioni sugli interessi, project bonds e nuovi strumenti di finanziamento come lo Strumento di garanzia del prestito per progetti di trasporti riguardanti Reti Transeuropee dei Trasporti (RTE) Loan Guarantee Instrument for trans-European transport network projects (LGTT) nel periodo 2014-2020.

Per questo scopo, a partire dal 2014, all’interno del bilancio comunitario, sarà disponibile uno strumento ad hoc, denominato Connecting Europe Facility, con il quale l’UE co-finanzierà gli interventi degli Stati Membri. La priorità privilegia le modalità di trasporto a minor impatto ambientale, l’intermodalità, le soluzioni basate sull’uso di tecnologie innovative (Intelligent Transport Systems ITS; European Rail Traffic Management System ERTMS), ovvero basate su energie più pulite (Gas Naturale Liquefatto GNL per il trasporto marittimo).

di Piano della Mobilità

20/apr/2015

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Il primo sistema automatico su strada operativo è stato realizzato a Rivium a Rotterdam per il collegamento tra una stazione e un parcheggio.

Sono oggi funzionanti due PRT (Personal Rapid Transit). Il primo all’aeroporto di Heathrow che, iniziato col progetto nel 2011, è tuttora regolarmente operativo con 21 veicoli su 3,8 km di linea, e il secondo a Masdar in Dubai. Un filobus semiautomatico è in funzione a Castellon in Spagna.

Nell’ambito di CityMobil, altri due dimostrativi hanno segnato un progresso importante rispetto allo stato dell’arte:

  • il dimostrativo di Roma, poi fermato per l’incipiente crisi finanziaria, è stato il primo sistema con veicoli automatici su strada a ricevere l’omologazione per portare passeggeri (sia pure pre-esercizio);
  • il dimostrativo conclusivo a La Rochelle è stato il primo a portare legalmente passeggeri su veicoli automatici in ambiente promiscuo condividendo la strada con pedoni ciclisti ed altri utenti in genere.

CityMobil ha anche condotto altri studi con simulazioni a diversi livelli di dettaglio e, dopo averne valutato i risultati assieme con quelli dei dimostrativi e degli showcase (piccoli dimostrativi di una settimana col solo proposito pratico di mostrare in una città interessata che la tecnologia c’è e funziona), ha concluso che questi sistemi di trasporto:

  • sono convenienti soprattutto nella periferia (anche lontana) delle grandi città, dove possono realizzare molto bene servizi del tipo “taxi collettivo” (one to many e many to one) per l’adduzione alle ferrovie e alle linee radiali;
  • oppure possono essere il sistema di trasporto pubblico prevalente (anche in centro) in piccole città (massimo 10.000 abitanti) purché si individuino spazi per delle corsie che siano almeno parzialmente riservate (per garantire velocità e sicurezza allo stesso tempo);
  • facendo crescere la taglia dei veicoli fino a farli diventare bus anche di grandi dimensioni, possono essere impiegati sui corridoi radiali della periferia esterna delle grandi città e come collegamento fra i diversi centri delle conurbazioni policentriche.

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Il progetto CityMobil2 (oggi alla fine del suo primo anno su quattro) ha completato 12 studi di fattibilità in altrettante città (Bruxelles, León, San Sebastian, Sophia Antipolis, La Rochelle, Saint Sulpice, il campus del CERN, Oristano, Milano, Reggio Calabria, Vantaa e Trikala) e, fra questi dodici siti, si appresta a sceglierne 5 per realizzare altrettanti dimostrativi.

Differenti fra loro per posizione in città, tipo di domanda da servire, orari di funzionamento e molto altro, questi dodici studi condividono l’esigenza di un sistema di trasporto a chiamata con piccole flotte di veicoli da 10 posti. Il progetto metterà a disposizione di ognuno dei siti selezionati sei veicoli e i necessari sistemi di controllo per 6-8 mesi in modo da verificare funzionalità, efficienza e soddisfazione dell’utenza sul campo.

Le applicazioni proposte dalle città spaziano dai sistemi di collegamento verso la ferrovia o altri trasporti di massa a sistemi a se stanti completamente autonomi a servizio dei centri cittadini:

  • Alla periferia di Bruxelles il sistema collegherebbe l’ospedale Saint Luc con la metropolitana e una serie di parcheggi per fare scambio verso la metro o verso l’ospedale;
  • a León collegherebbe la fermata del tram-treno distante 3 chilometri con l’università;
  • a San Sebastian collegherebbe la fermata del bus col centro di ricerche Technalia;
  • a Sophia Antipolis collegherebbe il BRT proveniente da Antibes con i campus industriali del parco tecnologico;
  • a La Rochelle servirebbe l’intero centro storico medioevale chiuso al traffico non elettrico e lo collegherebbe col porto e con la stazione ferroviaria;
  • a Saint Sulpice, alla periferia Ovest di Losanna, collegherebbe il centro del Comune con il campus dell’EPFL (École Polytechnique Fédérale de Lausanne) e farebbe servizio interno al campus e verso la fermata della metro all’estremità di questo;
  • nel CERN sostituirebbe i sistemi di trasporto interni;
  • a Oristano servirebbe da trasporto pubblico sul lungo mare di Torre Grande;
  • a Milano per collegare la metro con la zona di Cascina Merlata (residenza per sei mesi degli espositori dell’expo 2015) con l’ingresso dell’Expo;
  • a Reggio Calabria collegherebbe il centro direzionale con la stazione centrale;
  • a Vantaa, cittadina dove si trova l’aeroporto di Helsinki, sarebbe l’unico sistema di trasporto pubblico nella zona di nuova costruzione Maria Vantaa che nascerà nel 2015 a ridosso della ferrovia che collega Helsinki all’aeroporto;
  • a Trikala in Grecia sarà un trasporto pubblico per il centro cittadino.

La scelta dei 5 dimostrativi da effettuare sarà fatta con una metodologia quantitativa derivata dal progetto europeo MAESTRO, che si basa sulla verifica dell’esistenza delle condizioni tecnico-legali-economiche e, fra i siti che soddisfano tali condizioni, sulla previsione di efficacia tecnico-economica del dimostrativo.

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Tutti e cinque i dimostrativi di CityMobil2, di cui il primo inizierà a marzo 2014 e l’ultimo si concluderà a fine agosto 2016, hanno in comune la tipologia di servizio “taxi collettivo” da 10 posti su strade più o meno riservate.

Il Regno Unito ha assunto un ruolo di punta nell’automazione con il Piano Nazionale delle Infrastrutture del 2013, dove sono indicati investimenti di € 800 miliardi da parte di enti pubblici e privati ​​in auto senza conducente e robotica nel prossimo decennio, e Il progetto di auto automatiche a Milton Keynes finanziato dal governo

L’automazione consente di realizzare molte altre applicazioni altrettanto interessanti. A Roma, per esempio, si potrebbe integrare in un unico sistema il servizio di feeder nelle periferie lontane e l’uso dei corridoi radiali per penetrare in città.

La Provincia di Roma ha individuato 11 corridoi prioritari nei quadranti nord-est, sud-est e sud-ovest che dovranno consentire la rapida penetrazione in città dalla provincia e l’interscambio agevole con metro e ferrovie urbane.

Questi corridoi, se usati da autobus tradizionali avranno il vantaggio di diminuire notevolmente i tempi di percorrenza per l’ingresso a (ora di punta mattutina) e l’uscita da (ora di punta pomeridiana) Roma, ma dovranno avere un’interfaccia con delle linee di alimentazione che portino le persone dalle loro residenze al corridoio e viceversa.

Usando l’automazione (completa o parziale) si può pensare di usare veicoli molto più piccoli (10 posti) che facciano un servizio a chiamata con autista nelle aree periferiche. Quando i piccoli veicoli arrivano sul corridoio l’autista scende e il veicolo diventa automatico (completamente o perché forma un treno di diversi veicoli con un solo autista sul primo) e prosegue fino al capolinea in prossimità della metro o del treno.

Quindi il plotone di veicoli ritorna sullo stesso corridoio e, in prossimità di ogni zona periferica, il veicolo di quella zona specifica si separa dal convoglio e viene preso in gestione dall’autista che ha appena lasciato un veicolo sul corridoio per continuare a svolgere il servizio a chiamata nella zona assegnata. Un siffatto sistema lascerebbe invariato il numero di autisti necessari per il servizio e aumenterebbe le percorrenze (e quindi i consumi), ma solo in ragione dell’aumento dell’utenza, offrendo, di fatto, un servizio molto più capillare e attrattivo a costi invariati.

I sistemi automatici, anche solo parzialmente automatici, hanno ancora problemi di omologazione che li rende un investimento “rischioso” per il momento.

Tuttavia il progetto CityMobil2 sta redigendo la proposta di Direttiva Europea che armonizzerà l’omologazione dei sistemi di trasporto pubblico locale nei diversi paesi dell’Unione consentendo esplicitamente il ricorso (in circostanze ben definite) a sistemi stradali totalmente automatici, eliminando in tal modo il suddetto rischio definitivamente.

In conclusione, l’automazione può essere l’occasione per rilanciare il trasporto pubblico proprio in quelle aree in cui è storicamente più carente, o per supportare l’uso del trasporto pubblico convenzionale con servizi complementari (come, per esempio, il car-sharing one-way con rilocalizzazione automatica) in quelle aree in cui attualmente funziona bene, ma è sottoutilizzato.

di Piano della Mobilità

13/apr/2015

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L’automazione dei veicoli stradali, tecnicamente possibile già da diversi anni e oggi già legale in 4 stati americani (Nevada, Florida, DC, e California), promette grandi benefici in termini di sicurezza stradale (si stima che il 90% degli incidenti avvengano per errore umano), capacità delle strade (i migliori “riflessi” del pilota automatico consentono in principio di tenere distanziamenti più bassi in completa sicurezza), congestione (a parità di numero di veicoli e di capacità delle strade) e ambiente (il deflusso su strade meno congestionate è meno dispendioso in termini energetici e le ridotte distanze ad alta velocità consentono risparmi per “effetto scia”).

Inoltre l’automazione rende possibili e convenienti dei sistemi di trasporto pubblico innovativi con notevoli vantaggi, soprattutto nelle zone a domanda debole, rispetto al TPL convenzionale: maggiore capillarità, e qualità e comfort simile all’autovettura.

Sebbene molti dei benefici possibili siano da verificare, l’automazione avrebbe profondi effetti sull’economia, sulle infrastrutture e sullo stile di vita. Basti pensare a quanto cambierebbe l’accessibilità di un aeroporto con l’automazione: l’esigenza di parcheggi scenderebbe notevolmente, ma si dovrebbe ingrandire la zona “taxi”.

Per giungere alla completa automazione del veicolo stradale ci sono due modi alternativi:

  • la prima che ambisce ad automatizzare l’autovettura introducendo sistemi di ausilio alla guida sempre più complessi fino a rendere inutile il guidatore;
  • la seconda, invece, parte dai sistemi di trasporto guidati già completamente automatizzati ma operanti in ambiti ristretti e ambisce a impiegarli progressivamente in zone sempre più estese della città.

L’esempio più rilevante del primo modo sono le Google Cars che hanno riportato in auge il concetto dell’autostrada automatica dopo i tentativi abbandonati del consorzio California Path negli ultimi anni 80. Da allora tutti i costruttori di automobili parlano di automazione come punto di arrivo dei sistemi ACC (Advanced Cruise Control).

L’agenzia governativa americana NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration) ha quindi realizzato una scala con quattro livelli di automazione che liberano progressivamente il conducente dalle funzioni di “controllo”. Già a livello 3 è richiesto al conducente solo un “occasional control” e nel quarto può non essere a bordo.

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Sono state realizzate diverse roadmaps che prevedono in momenti differenti “il livello 4”. La maggior parte di esse lo collocano in un orizzonte ventennale, prevalentemente influenzate dai costruttori di automobili che vogliono risolvere il problema della responsabilità degli incidenti e delle loro conseguenze economiche prima di mettere in commercio la tecnologia.

D’altro canto Sergey Brin (uno dei due fondatori di Google) ha dichiarato in un’intervista all’Economist che Google metterà sul mercato la sua tecnologia di livello 4 entro il 2018.

La seconda strada è portata avanti da un gruppo di ricercatori e di aziende a livello europeo (tra cui il CTL, prominente fra queste, essendo coordinatore del progetto CityMobil2) che ha inanellato una serie di progetti di ricerca e dimostrazione e comincia a vedere i primi sistemi implementati in maniera permanente.

I progetti europei CityMobil e CityMobil2 (e prima di loro altri che li hanno preceduti) hanno organizzato (il primo) e stanno organizzando (il secondo) dimostrativi in sedi urbane tesi proprio a mostrare al pubblico e agli addetti ai lavori come tali sistemi siano ormai pronti per essere realizzati.

 

di Piano della Mobilità

07/apr/2015

waze

L’informazione agli utenti del sistema di trasporto ha avuto negli ultimi anni una grande diffusione, perlopiù caratterizzata dal fornire agli utenti, nel corso del loro spostamento, un’informazione sullo stato attuale dell’offerta di trasporto. Sono ancora nella fase primordiale di sviluppo i sistemi di informazione di tipo predittivo sull’evoluzione futura del sistema e sulla configurazione della domanda.

Le nuove tecnologie consentono di realizzare scambi di informazione in tempo reale tra utenti e aziende di trasporto, o agenzie della mobilità. La disponibilità di informazione sulla posizione e velocità degli utenti, dotati di navigatore o smartphone connesso in rete, consente di utilizzare gli utenti come “sonda” mobili per monitorare lo stato del sistema. E’ possibile in questo modo rilevare condizioni anomale di congestione o di incidente, senza costose infrastrutture fisse di monitoraggio, necessariamente limitate nello spazio. D’altra parte, è possibile fornire agli utenti delle informazioni, personalizzate in funzione della posizione e delle caratteristiche individuali.

La disponibilità di sensori a basso costo, di comunicazioni mobili consente la raccolta di quantità sempre più vaste di dati sia aggregati (traffico, ambiente) che individuali (esigenze di mobilità, preferenze personali) che vengono già oggi resi pubblici e, filtrati delle informazioni personali, lo saranno sempre più in futuro (open data). La questione rilevante è, oltre alle problematiche connesse alla privacy, un uso intelligente degli open data per trasformarli in servizi di informazione utili per la collettività e per i singoli individui (servizi a valore aggiunto).

Ancora, la diffusione delle cosiddette “social networks” consente agli utenti di scambiarsi direttamente informazioni e perfino di pervenire a scelte concordate. Le tecniche per l’utilizzazione delle informazioni desunte dagli utenti, sia in forma inconsapevole che consapevole, costituiscono un nuovo potente metodo di gestione delle informazioni, detto crowd-sourcing.

Le considerazioni precedenti possono essere sistematizzate in un’articolazione in livelli crescenti di partecipazione e completezza dell’informazione:

  • Livello 1. Informazione statica sull’offerta: informazione storica monodirezionale sulla rete ed i servizi (mappa stradale, linee ed orari del TPL);
  • Livello 2. Informazione dinamica sull’offerta: informazione monodirezionale aggiornata in tempo reale sulla rete ed i servizi (livello attuale di congestione stradale, posizione e tempi di arrivo degli autobus);
  • Livello 3. Informazione dinamica predittiva sull’offerta e sulla domanda: informazione bidirezionale aggiornata in tempo reale sulla rete ed i servizi (livello attuale e futuro della congestione stradale; posizione e tempi di arrivo degli autobus, numero di utenti a bordo e di sedili disponibili);
  • Livello 4. Informazione cooperativa dinamica: informazione multilaterale in tempo reale, tra utenti e azienda e viceversa, nonché tra gli utenti stessi; gli utenti possono beneficiare di uno scambio diretto di informazioni sulle prestazioni del sistema.
  • Livello 5. Sistema adattivo dinamico: integrazione della comunicazione multilaterale e del controllo del sistema di trasporto, che consente la previsione degli stati futuri della domanda e dell’offerta e la regolazione dinamica dell’offerta di trasporto in funzione delle esigenze di mobilità degli utenti sulla rete; sono così realizzabili sistemi di integrazione tra informazione e controllo, sistemi di trasporto collettivo a domanda, sistemi di trasporto pubblico con trasbordo sincronizzato, fino ai sistemi avanzati di auto-organizzazione del trasporto pubblico individuale (advanced car sharing, advanced personal transit) o di condivisione del trasporto privato (advanced car pooling).

Attualmente, i sistemi di informazione sul traffico o sul trasporto pubblico più diffusi sono collocabili al livello 2. Tipici esempi sono GoogleMaps e TomTom Traffic.

Prime applicazioni sistemi di informazione di livello 3 sono state introdotte in alcuni sistemi di informazione sul traffico (ad esempio INRIX), ma non raggiungono ancora un livello adeguato di affidabilità per la mancanza di una solida metodologia, relegata ancora nell’ambito accademico.

Esistono invece forme, ancora poco strutturate, di sistemi di livello 4, quali Waze per il traffico stradale e Moovit per il trasporto pubblico (diffuso a Roma, Milano e Torino), che realizzano un social network di utenti del trasporto, i quali hanno la possibilità di scambiarsi anche informazioni rilevate personalmente (code non segnalate, presenza di buche, o altre condizioni meritevoli di attenzione, nel caso di Waze; disponibilità di posti a sedere sugli autobus, giudizi sulla qualità del servizio e la pulizia dei veicoli, nel caso di Moovit).

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Un esempio di livello 5 è fornito invece dal sistema avanzato di car sharing, Citymobil, sviluppato nel corso di un progetto di ricerca europeo, basato su veicoli a guida semiautomatica, con disponibilità su strada previa chiamata dell’utente e con la possibilità di rilascio in un punto qualsiasi dell’area servita.

La guida automatica consente a questo sistema di trasporto pubblico di raggiungere autonomamente l’utente, e di ridistribuire i veicoli che hanno terminato il servizio nelle aree di maggiore generazione della domanda. Questo sistema raggiunge così un’accessibilità ed una flessibilità paragonabili, se non superiori (se si considerano i vincoli ed i tempi di ricerca del parcheggio), a quelle dell’autovettura privata.

Lo sviluppo di queste applicazioni (app) di mobil e mobility, sostenute da una politica di sostegno con incentivi fiscali, localizzativi, open data, incubator e di bandi mirati, è una importante occasione di occupazione di giovani intelligenze e di riduzione dei costi per le amministrazioni, le aziende e i cittadini.

Fondamentale sarà la realizzazione di modelli matematici avanzati che consentano di prevedere le condizioni do traffico future, i comportamenti degli utenti e di ottimizzazione la gestione dinamica del traffico e del sistema di trasporto multimodale attraverso strategie evolute di regolazione, pedaggio dinamico ed informazione.

La pervasività dell’informazione su dispositivi mobili personali consente di integrare il sistema di informazione sul trasporto con altri servizi di supporto personale alle attività dell’utente.

Ad esempio, l’integrazione del sistema di informazione sul viaggio (travel planner) con l’agenda personale dell’utente consente di realizzare un sistema di supporto alle decisioni personalizzato sulle esigenze e le preferenze specifiche dell’utente, suggerendo anche, ad esempio quale potrebbe essere l’ordinamento ottimale delle attività in funzione dei percorsi e dei tempi di attesa previsti.

L’idea, destinata ad affermarsi se prevalgono le tendenze emergenti in altri ambiti, è che la mobilità potrebbe essere sfruttata al meglio: tenendo conto delle esigenze individuali, il percorso “ottimo” non è lo stesso per tutti i soggetti, in quanto ciascuno può avere occasione di soddisfare le proprie esigenze. Nel caso del trasporto pubblico un planner individuale potrebbe trasformare la necessità di attendere nella opportunità di svolgere un’attività o soddisfare una esigenza specifica tra quelle ancora pendenti, tenendo conto della localizzazione corrente, del punto di possibile soddisfacimento dell’esigenza e del tempo a disposizione.

Nel caso di una diffusione su larga scala di un supporto di pianificazione individualizzata della mobilità si avrebbe l’opportunità di sviluppare una vera e propria logistica dei servizi a vantaggio della mobilità intelligente. L’aumento della densità della domanda di servizio in corrispondenza di determinati hub di interscambio renderebbe, infatti, economicamente vantaggiosa la comparsa di punti di servizio allineati con le esigenze più ricorrenti.

A titolo di esempio, questi potrebbero includere il rilascio di documenti di vario tipo da parte di sportelli che operino per conto di pubbliche amministrazioni (questo avviene oggi, ad esempio, per l’esazione di multe), o il ritiro di beni acquistati via internet, con significativa riduzione dei costi di consegna grazie alla eliminazione del problema dell’“ultimo miglio”.

Sia nell’ambito dell’accesso ai servizi che nel contesto dell’IoT un ruolo di particolare rilievo è svolto dalle tecnologie “contactless”, attraverso le quali è possibile accedere in modo automatizzato a un dato servizio previo opportuno riconoscimento e autenticazione a distanza. Ci si riferisce a queste situazioni anche come applicazioni di vicinanza o prossimità.

Seppur potenzialmente molto vantaggiose, tali tecnologie hanno sofferto fino a oggi di tutti i problemi legati alle prime fasi di utilizzo delle stesse. Ciò ha imposto dei vincoli teoricamente non richiesti al fine di non compromettere i necessari requisiti di sicurezza, limitando così le potenzialità in termini di quantità, qualità e velocità delle informazioni scambiate.

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Lo scenario oggi sta cambiando e la maturità dei sistemi contactless si manifesterà sempre più in futuro nell’estremo assortimento delle soluzioni tecnologiche disponibili per le più svariate applicazioni e per l’integrazione di diversi servizi, sia nel contesto logistico sia in quello dei trasporti e dell’infomobilità. Accanto a sistemi noti già da tempo, come il Bluetooth e l’RFID, la tecnologia NFC (Near Field Communication) ne rappresenta già oggi un’evoluzione sia in termini economici, cioè dei costi di produzione e utilizzo, sia in termini applicativi.

Nelle applicazioni logistiche, l’utilizzo di tag applicati alle merci trasportate e l’integrazione con le moderne tecnologie di comunicazione e di cloud computing permetterà la realizzazione di piattaforme sempre più complesse per la fornitura e la gestione di servizi orizzontali e verticali, ottimizzati in funzione del contesto politico, sociale e territoriale di riferimento.

Nondimeno, in tutte le applicazioni in cui sono previsti pagamenti automatici a distanza è fondamentale il requisito della sicurezza. Il livello di sicurezza è tanto più garantito quanto più le informazioni tra utente e gestore del servizio sono scambiate in modo rapido, affidabile e robusto. Utilizzando dei tag NFC montati all’interno di uno smartphone è già oggi possibile assolvere a funzioni di autenticazione sicura oggi ottenibili da smart card e punti di pagamento P.O.S. (per esempio MasterCard PayPass, Visa TouchPay, Vodafone Smart Pass, PosteMobile, etc.).

L’utilizzo di tag NFC renderà le operazioni più sicure rispetto ad attacchi alla sicurezza come quelli realizzati attraverso l’uso di lettori (skimmer) che rubano e trasferiscono a distanza (su rete mobile cellulare) i dati sensibili e privati dell’utente.

Lo scenario futuro sarà dunque caratterizzato dall’affermazione di nuovi modelli di business, basati sui servizi a valore aggiunto abilitati dalla tecnologia NFC (o altre funzionalmente corrispondenti), nei quali si pone però il problema di chi si proporrà come guida dell’innovazione, essendo necessariamente richiesta la collaborazione di attori provenienti da settori diversi. Da una parte gli Istituti di credito, tradizionalmente legati al mondo delle carte di pagamento e dei servizi finanziari, dall’altro le compagnie di telecomunicazione, fornitrici delle SIM card dotate di tecnologia NFC e già orientate a fornire servizi in mobilità ai loro clienti.

Da valutare sarà anche la possibilità che retailer e società di trasporto, accettando pagamenti con questa tecnologia, avranno certamente molta voce in capitolo, fino eventualmente ad arrivare al ruolo chiave del singolo utente/cliente, orientato al mercato (non ultimo quello dei trasporti) con le proprie scelte tra le diverse offerte esistenti.

di Piano della Mobilità

30/mar/2015

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Le nuove tecniche di elaborazione delle informazioni consentono di incrementare il livello di automazione dei sistemi e di realizzare sistemi di controllo autonomi. I sistemi di calcolo hanno avuto una evoluzione caratterizzata da fasi alterne. Attualmente si assiste ad un forte ritorno delle architetture centralizzate. Queste erano state soppiantate, dopo la scomparsa dei “terminali” e l’avvento del personal computer, da una delocalizzazione presso il client di gran parte delle capacità computazionali.

Lo sviluppo di processori potenti (e quindi i PC) a basso costo ha portato negli anni scorsi alla realizzazione di sistemi di controllo ad architettura distribuita, motivati anche da infrastrutture di comunicazione aventi un elevato costo e una banda disponibile alquanto limitata. In tale concezione buona parte dei dati e della capacità di calcolo risiede presso l’utente. Attualmente, ed ancor più nel prossimo futuro, la grande capacità dei cavi in fibra ottica e l’ubiquità delle telecomunicazioni wireless ha reso possibile l’accesso a costi trascurabili a centri di calcolo dotati di potenze e capacità di memorizzazione elevatissime.

La razionalizzazione risiede nella possibilità di ricorrere ad una virtualizzazione dei server, che adattano l’assorbimento delle risorse all’effettiva domanda di capacità computazionali, e che sono ospitati in grandi “server farm” condividendo le risorse fisiche con molti altri utenti. Analoga capacità di calcolo e banda disponibile localizzata presso la singola organizzazione sarebbe impegnata solo per brevissimi intervalli di tempo, e comunque tenderebbe a saturarsi e congestionarsi a fronte di un aumento di domanda. Un altro fenomeno in atto, destinato ad accentuarsi ulteriormente consiste nell’aumento del grado di condivisione delle informazioni tra una molteplicità di dispositivi utilizzati dal singolo individuo o da un gruppo di utenti. Il “cloud” costituisce una risposta razionale ed efficiente, con l’ulteriore vantaggio di proteggere dalla perdita di informazione.

Coerentemente con lo scenario descritto, è tornato ad affermarsi un approccio centralizzato al controllo, con l’evidente vantaggio di ricercare un’ottimizzazione globale del sistema e, nel contempo, la possibilità di condividere una grande quantità di informazioni acquisite tramite reti di sensori e relative alla mobilità di persone e cose, all’ambiente e sullo stato della rete di trasporto, e di poter ridistribuire tempestivamente tali informazioni agli utenti ed ai veicoli sia prima che nel corso dei loro spostamenti.

Inoltre, l’acquisizione di informazioni sulla mobilità individuale tramite veicoli sonda, che seguono le traiettorie ed eventualmente anche le caratteristiche cinematiche dei veicoli in movimento, consente di sviluppare tecniche avanzate di regolazione del sistema, quali il pedaggio dinamico della viabilità, calcolato in funzione della tipologia di spostamento e delle esternalità da esso prodotte; la regolazione del traffico adattiva ed integrata con il sistema dinamico di informazione; la gestione dinamica della comodalità mediante strategie di guida al parcheggio, sincronizzazione dei trasbordi, assistenza nel corso dello spostamento multimodale, pagamento integrato di pedaggio, titolo di viaggio ed altri servizi mediante lo stesso terminale mobile usato per la trasmissione bidirezionale delle informazioni.

Nel contesto del controllo e dell’automazione dei sistemi e delle aree di trasporto, nel futuro saranno sempre più integrate le tecnologie ICT e multimediali. L’insieme dei sensori, dei dispositivi, delle tecnologie e degli algoritmi allo stato dell’arte costituiranno una piattaforma di supporto alle attività di monitoraggio, protezione e prevenzione, anche al fine di aumentare l’efficacia e l’efficienza della gestione delle emergenze.

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In alte parole, si prevede il compimento e la maturazione dell’Internet delle Cose (IoT), in grado di sviluppare un percorso che, partendo dall’identificazione tempo-discreta basata su tag, si spingerà fino a comprendere reti di sensori e attuatori per collegare in tempo reale il mondo fisico e il mondo digitale. Saranno utilizzate nuove tecnologie e nuovi paradigmi di rete per offrire al mondo fisico quelle caratteristiche di accessibilità, interconnessione, in definitiva intelligenza, che oggi sono un’esclusiva dell’esperienza digitale.

Lo sviluppo della pervasività permetterà di utilizzare oggetti intelligenti che possiedono una o più funzionalità di self-awareness, interazione con l’ambiente circostante ed elaborazione dati, oltre che la capacità di connettersi e comunicare le informazioni possedute, raccolte ed elaborate. L’utilizzo di queste tecnologie può descriversi in diverse direzioni: self-awareness; interazione con l’ambiente circostante; acquisizione dei dati, convenzionalmente distinta in sensing e metering; attuazione, ovvero la capacità di eseguire comandi impartiti da remoto; elaborazione dei dati.

In previsione della futura evoluzione tecnologica, il ruolo principale sarà quindi svolto da reti intelligenti di sensori wireless (Wireless Sensor Networks – WSN) per il monitoraggio di parametri chimico-fisici-biologici di mezzi di trasporto, persone e merci. Singole stazioni di rilevamento (dotate di sensori ambientali, sensori di prossimità NFC/RFID, telecamere, sensori multispettrali, etc.) permetteranno di monitorare in tempo reale l’insieme di parametri sotto misura, comunicando con centrali di elaborazione al fine di ottenere una ricostruzione più accurata della situazione ambientale del territorio e di identificare emergenze o criticità. I singoli dati saranno integrati ed elaborati con tecniche di data fusion, attraverso l’utilizzo di modelli di supporto alle decisioni, classificatori e modelli predittivi, generalmente basati su tecniche di intelligenza computazionale.

La WSN rappresenta quindi un’istanza uniforme, scalabile e capillare del sistema tecnologico alla base dell’internet degli oggetti (Internet of Things IoT), dell’ubiquitous computing, dei sistemi pervasivi e, più in generale, dei sistemi cognitivi finalizzati allo studio, al controllo e all’ottimizzazione dei complessi sistemi di logistica e trasporto. Il principale vantaggio offerto da un sistema distribuito di punti di misura sarà costituito dalla possibilità di monitorare in maniera capillare, e a bassissimo costo, aree estese e dalla topografia complessa, permettendo una migliore georeferenziazione dei punti di osservazione, una maggiore robustezza dell’intero sistema di monitoraggio ad eventuali malfunzionamenti delle singole postazioni di osservazione e un ridotto impatto ambientale e infrastrutturale.

di Piano della Mobilità

23/mar/2015

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Per sostenere ed alimentare la diffusione di dispositivi mobili sempre meno invasivi è necessario un paradigma energetico innovativo, nel quale la raccolta di energia (energy harvesting o energy scavenging) dall’ambiente può fornire una soluzione. Attualmente si riescono a catturare in modo efficiente solo piccole quantità di energia dall’ambiente e per trasformarle in energia elettrica. Nel contempo, stanno evolvendo le tecniche di gestione dell’energia wireless di tipo dedicato, ad esempio con la predisposizione di aree opportune per la ricarica di dispositivi individuali (o all’interno dei veicoli), in modo analogo a quanto avviene oggi per la connessione in rete – o congiuntamente alla connessione stessa, in analogia al PoE (Power over Ethernet) in uso per connessioni su cavo.

L’adozione su larga scala di tali tecniche sembra conseguibile in tempi brevi – avendo presente la preannunciata disponibilità di apparecchiature a partire dal 2015. Tutti questi sviluppi hanno suscitato interesse per nuove applicazioni che si basano o sull’energy harvesting o sulla trasmissione wireless dell’energia, non solo per alimentare sistemi elettronici tipici delle infrastrutture e dei dispositivi ICT, ma anche i mezzi di trasporto ibridi o totalmente elettrici.

La ricarica dei veicoli sarebbe basata su accoppiamento induttivo (analogamente all’accoppiamento tra circuito primario e secondario in un trasformatore), favorita dalla distanza relativamente costante di poche decine di centimetri tra il fondale del veicolo e la superficie stradale. Alcune aziende (ad es., Volvo) stanno sviluppando soluzioni prototipali basate su tale principio. Data la semplicità concettuale di tale soluzione, uno sviluppo in questa direzione sembrerebbe dipendere più da fattori economici che non tecnologici.

Una eventuale diffusione su larga scala di tali veicoli, congiuntamente alle infrastrutture di supporto avrebbe un impatto enorme. La presenza di postazioni di ricarica in corrispondenza di parcheggi, o di corsie di ricarica sulla sede stradale consentirebbe di ridurre considerevolmente peso e costo dei veicoli elettrici in circolazione. Tra le infrastrutture indispensabili in tale scenario si evidenziano una rete di distribuzione dell’energia, e un sistema informativo per una razionalizzazione dei flussi di energia e per la contabilizzazione dei consumi.

di Piano della Mobilità

16/mar/2015

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Nell’ambito delle telecomunicazioni, ma anche dei sistemi di trasporto sempre più caratterizzati da veicoli dotati di alimentazione elettrica, ovviare alla presenza delle batterie non è semplice e le strade percorribili sono sostanzialmente due: l’energy scavenging, ossia il tradurre in energia elettrica altre forme di energia presenti nell’ambiente circostante; la trasmissione di energia senza fili.

Quest’ultima tecnologia è basata sulle onde evanescenti e sui circuiti risonanti accoppiati. Sebbene esistano ancora dei limiti tecnologici a tale approccio, già ora una ricaduta applicativa è possibile per quanto concerne la ricarica senza fili di telefonini, notebook e altri dispositivi multimediali. Infatti, una soluzione molto semplice prevede l’integrazione di un loop emittente (avvolgimento elettrico sede di fenomeni induttivi) in qualunque superficie disponibile (tavoletta, scrivania o altri supporti ergonomici), rendendo così possibile un’efficientissima ricarica di qualunque dispositivo portatile semplicemente appoggiandolo su di essa.

Nel medio-lungo termine invece, un dispositivo a onde evanescenti potrebbe risultare impareggiabile nell’ovviare alluso massivo delle batterie in scenari emergenti come l’Internet delle cose, con un positivo impatto in termini economici e manutentivi, ma soprattutto contribuendo a migliorare l’impatto ecologico, tema assai caro sul fronte dell’impiego efficiente delle fonti energetiche.

Le integrazioni tra dispositivi

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La rapida evoluzione dei dispositivi elettronici ha reso disponibili eccezionali potenze di calcolo caratterizzate con un ingombro sempre più ridotto. Le tecnologie di integrazione emergenti, che consentiranno volumi ancora più piccoli e una maggiore densità funzionale associata, potranno portare a una nuova rivoluzione nei sistemi di pervasivi che caratterizzeranno anche il monitoraggio dei futuri sistemi di trasporto.

Tali dispositivi, includenti sensori delle tipologie più svariate, sono applicabili sia ai veicoli sia al repertorio dei dispositivi strettamente personali che seguono gli utenti per l’intero corso della giornata, o almeno nei percorsi al di fuori delle mura domestiche e quindi destinati a definire il tipico “utente in mobilità”. Tali sensori, esemplificando soluzioni già in commercio, possono avere come obiettivo variabili ambientali (ad es., presenza di inquinanti, qualità dell’aria), o lo stato fisico del paziente (ad es. variabili biologiche).

di Piano della Mobilità

09/mar/2015

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Dal punto di vista dell’interazione uomo-macchina, la realtà aumentata (AR) si proporrà come tecnologia sempre più matura che permetterà lo sviluppo di nuove forme di comunicazione attraverso l’utilizzo di dispositivi mobili come smartphonetablet e equipaggiamenti di bordo nei veicoli di trasporto pubblici e privati. Per esempio, puntando con la fotocamera di uno smartphone o un tablet un elemento della segnaletica stradale, attraverso le tecnologie AR sarà possibile attivare informazioni multimediali, come dati geografici e ambientali, modelli 3D, icone, fotografie e filmati, associati a quel segnale, sia di tipo pubblicitario sia di tipo informativo per la mobilità.

Nei prossimi anni l’utilizzo di applicazioni con funzioni di AR per gli smartphone aumenterà in maniera esponenziale. In quest’ambito si inserisce anche l’emergente settore delle tecnologie di interazione uomo-macchina, le quali non saranno più limitate all’interazione coi computer ma, più verosimilmente, con mezzi di trasporto privati a guida automatica o mezzi di trasporto pubblici nei quali l’AR sarà aperta non solo a scenari di business relativi all’advertising ma, evidentemente, anche al multimedia e più in particolare all’infotainment e all’infomobilità.

L’interazione tecnologica

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L’integrazione tecnologica riguarderà anche le tecnologie di identificazione a radiofrequenza, attualmente RFID/NFC/ZigBee, le cui caratteristiche costruttive e operative subiranno un’evoluzione dovuta all’impiego di nuovi materiali basati sulle nanotecnologie. I sensori, sempre più miniaturizzati, permetteranno di “RFIDizzare” e quindi tracciare veicoli, persone, colli e singoli oggetti, integrando anche sensori di monitoraggio chimico-fisico, per esempio per analizzare condizioni anomale di trasporto, effettuare analisi di sicurezza multicriterio, etc.

A tali tecnologie si affiancheranno quelle di sensori multispettrali (luce visibile, infrarosso, ultravioletto, audio, etc.) caratterizzati da dimensioni sempre più ridotte e costi sempre più accessibili che ne permetteranno la penetrazione di massa attraverso i dispositivi portatili (smartphone e wearable sensor delle nuove generazioni). Tali tecnologie hardware saranno legate a tecnologie software per il riconoscimento di oggetti, persone o mezzi di trasporto attraverso algoritmi di object recognitiontracking, segmentazione e classificazione, i quali renderanno questi oggetti intelligenti (smart objectssmart cameras, etc.).

I benefici

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Le reti costituite da tali oggetti si baseranno sull’utilizzo combinato di diverse misurazioni (data fusion); in tal modo verrà ampliato il contenuto informativo, riducendo al contempo il rischio di errori o falsi allarmi e aumentando l’efficienza complessiva del sistema. Ciò sarà realizzato mediante tecniche di sensor fusion che prevedono l’utilizzo combinato di più sensori per osservare un fenomeno fisico.

In altre parole, saranno realizzate reti di sensori intelligenti per il controllo e il monitoraggio di sistemi complessi, sviluppando algoritmi distribuiti per lo sviluppo di applicazioni basate sulla localizzazione di persone e cose, nonché sulla comunicazione tra loro attraverso il dispiegamento di dispositivi elementari a basso costo, a elevata affidabilità e capaci di monitorare l’ambiente fisico in cui sono immersi.

Misurando con tali sensori opportuni parametri di sistemi fisici e/o biologici, queste reti di sensori saranno utilizzate per la stima e la predizione di possibili situazioni di rischio o per il monitoraggio e il controllo medico, energetico, del traffico, etc., combinando il substrato fisico e tecnologico con quello algoritmico e applicativo facente uso delle succitate tecniche di intelligenza computazionale, utilizzate come metodologia di controllo e inferenza delle informazioni sottostanti alle misurazioni effettuate. Saranno dunque sviluppati servizi context-aware a disposizione di utenti che vogliono usufruire di un particolare servizio o sono fonte di scambio di specifici e personalizzati contenuti informativi.

di Comitato per il raddoppio della Ciampino-Velletri

02/mar/2015

binario

Una soluzione semplice.

La partecipazione dei cittadini ai processi decisionali è un requisito fondamentale delle democrazie e l’esperienza iniziata nel 2011 con il Comitato per il raddoppio della Ciampino-Velletri trova una collocazione congeniale all’interno del Piano “partecipato” della Mobilità. Non solo associazioni dei pendolari, ma anche sindacati, comitati di quartiere, consorzi di imprese, amministrazioni locali e associazioni ambientaliste si sono incontrate per supportare la proposta del raddoppio della Ciampino-Velletri.

L’obiettivo è aumentare la frequenza fino a un treno ogni 15 minuti e convincere sempre più pendolari a lasciare la macchina a casa. Oggi il 90% si sposta in auto, intasando ogni giorno strade e quartieri, perché non riesce a sincronizzare i propri orari con le partenze dei treni, una ogni ora circa, oppure perché la propria meta non è ben collegata con i mezzi pubblici.

Le nostre proposte mirano a rendere il trasporto su ferro tra Roma e i Castelli più flessibile e a migliorare le interconnessioni, come ad esempio quella tra la stazione di Capannelle, il policlinico e l’Università di Tor Vergata.

Trasformare la linea ferroviaria in una metropolitana leggera permetterebbe di eliminare i 13 passaggi a livello, gli incroci e il 90% dei disservizi, migliorando la qualità della vita di oltre 220.000 persone dei Castelli, attraverso la riduzione del traffico e dell’inquinamento.

Il progetto darà la possibilità di abbattere le barriere architettoniche delle stazioni e permettere a tutti di prendere il treno in modo autonomo e semplice, ma anche l’occasione per migliorare l’assetto urbanistico dei paesi attraversati dalla ferrovia.

Si tratta di un’opportunità di rilancio per le aree industriali dismesse, attraverso l’attrazione di nuove attività economiche che sceglieranno i Castelli Romani per sfruttare il vantaggio di un collegamento frequente ed efficiente con Roma. Basti pensare al mercato turistico della capitale e cosa possa significare per una struttura ricettiva di Pavona o Cancelliera poter dire di essere a mezzora dal centro.

La Regione ha già finanziato il raddoppio sulla linea per Nettuno da Campoleone ad Aprilia, sulla linea per Viterbo il tratto da Cesano fino a Bracciano e sulla Roma-Pescara si è programmato il raddoppio da Lunghezza fino a Guidonia. La Ciampino-Velletri pur avendo la densità abitativa maggiore rispetto ai 28 km di lunghezza finora non c’è stata considerata.

A questo punto è determinante il supporto delle amministrazioni comunali dei Castelli, che devono imparare a lavorare insieme per fare sistema e rivendicare un’autonoma pianificazione del proprio territorio insieme ai cittadini.

#1trenogni15minuti

di Piano della Mobilità

23/feb/2015

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Le comunicazioni dirette tra veicoli (V2V) e tra veicoli e infrastruttura (V2I) rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo di un nuovo approccio alla mobilità, che coniuga le esigenze di aumentata sicurezza con lo sfruttamento del grado di maturità che raggiungeranno le  tecnologie di comunicazione wireless.

Gli autoveicoli equipaggiati con Vehicular Ad-hoc NETworks (VANET) acquisiranno in modo sistemico autonomia comunicativa, rendendosi sempre più indipendenti dalle tradizionali reti radiomobili 4G/5G. Le entità che aderiscono alla rete, quando non in visibilità reciproca, comunicheranno tra loro grazie alla collaborazione di entità intermedie che svolgeranno un ruolo di inoltro intelligente. A partire dagli attuali standard Wi-Fi, WiMAX e IEEE 802.11p (WAVE), sarà da valutarne l’efficacia, in particolare per quest’ultimo, rispetto alle prestazioni teoriche e reali delle reti di comunicazione 5G.

Le applicazioni realizzabili in tale contesto per l’ITS beneficeranno di metodologie di ottimizzazione distribuita, grazie alla delocalizzazione dei dati e delle comunicazioni fornita dal cloud computing. Per esempio, semafori intelligenti e sistemi anticollisione faranno affidamento sulla classificazione in tempo reale delle condizioni di traffico nei pressi di un incrocio come supporto a un sistema di decisione automatica della strategia più opportuna di assegnazione delle priorità di impegno dell’incrocio (da assegnarsi a ciascun veicolo).

I sistemi multi-agente

Sistemi multi-agente e algoritmi di scheduling distribuito potranno essere impiegati per assegnare a ciascun agente (veicolo) compiti appropriati, pianificando temporalmente le azioni da svolgere, con obiettivi che vanno dalla sicurezza stradale alla minimizzazione dei consumi energetici, controllando per esempio il flusso di traffico e il numero di stop and go dei veicoli ibridi ed elettrici.

Nel contesto dell’ITS, le specifiche esigenze di monitoraggio necessiteranno in futuro dell’implementazione di soluzioni tecnologiche ad hoc. La soluzione non sarà certamente trovata nell’utilizzo di una singola tecnologia, ma nell’integrazione di diverse tecnologie hardware e software da integrarsi in modo specifico. Il paradigma che verosimilmente si affermerà sarà quello delle reti di sensori distribuiti in grado di realizzare un sistema di monitoraggio che possa essere utilizzato in modo scalabile e diffuso.

di Piano della Mobilità

16/feb/2015

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Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) che ha caratterizzato gli ultimi due decenni ha permeato profondamente le recenti innovazioni del sistema di trasporto. E’ stato appunto coniato il termine di “sistemi di trasporto intelligenti” (ITS) per designare le applicazioni integrate delle telecomunicazioni, dell’elettronica e delle tecnologie dell’informazione con l’ingegneria dei trasporti, finalizzate alla gestione dei sistemi di trasporto.

L’applicazione delle tecnologie ICT ai sistemi di trasporto, mettendo in comunicazione componenti del sistema anche molto lontane tra loro, aumenta enormemente il livello di informazione sullo stato del sistema e consente di elaborare strategie di intervento e di informazione in tempi estremamente rapidi, di metterle in atto e di monitorarle. Il sistema diventa così più efficiente, più efficace e più sicuro.

Gli ITS intervengono nelle interazioni tra le differenti componenti del sistema attraverso diversi sistemi di informazione, monitoraggio e regolazione.

  • i sistemi di monitoraggio consentono di rilevare in maniera automatica, in forma continua, le condizioni di traffico ed ambientali, nonché la mobilità di persone e cose;
  • i sistemi di gestione e controllo attuano le azioni di regolazione necessarie per portare e per quanto possibile mantenere il sistema nello stato di funzionamento ottimale;
  • i sistemi di informazione e servizi agli utenti consentono agli utenti stessi di conoscere non solo le condizioni dell’ambiente circostante, di cui hanno percezione visiva diretta, ma di conoscere anche tempestivamente quelle dell’ambiente remoto, permettendo quindi scelte di mobilità informate, consapevoli ed aggiornate.

Sistemi di monitoraggio

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Nell’ambito del monitoraggio dei sistemi di trasporto, i sistemi AVL e AVM faranno sempre più uso di tecnologie di comunicazione dedicate per trasmettere l’informazione. Nelle future prospettive di espansione e penetrazione tecnologica, i sistemi di localizzazione outdoor andranno verso l’integrazione dei sistemi satellitari di posizionamento caratterizzati dalla fornitura di servizi legati a una specifica qualità del servizio e da un’accuratezza di localizzazione che arriverà a essere nell’ordine del centimetro. Dall’attuale sistema militare americano GPS si andrà verso l’aumento dei servizi offerti da sistemi commerciali concorrenti; attualmente si intravede una crescente penetrazione di Glonass, Beidou/Compass, del sistema Argos e, quando entrerà in funzione, Galileo.

Tali sistemi saranno anche integrati con altre tecnologie di comunicazione, utili sia per la trasmissione dei dati sia per la localizzazione di persone e cose in ambienti indoor. Dalle attuali tecniche basate su trilaterazione Wi-Fi si passerà all’utilizzo dei segnali provenienti da reti 4G/5G, da sistemi basati su tecnologia Ultra-Wide Band (UWB) e dalle informazioni di sensori inerziali che equipaggeranno dispositivi portatili e/o indossabili.

Da questo punto di vista, si prevede la completa maturazione delle tecnologie di comunicazione a banda larga, sia per le dorsali infrastrutturali sia per l’ultimo miglio. L’orizzonte 2020 è orientato alle tecnologie millimetriche 5G come superamento degli attuali standard 4G (WiMax e LTE).  Esse garantiranno un’ampiezza di banda sufficiente per permettere a un numero sempre crescente – quasi totale – di utenti e veicoli di navigare attraverso reti mobili, nonché il miglioramento delle prestazioni della connessione, sia sotto il punto di vista della velocità sia dell’ampiezza di banda, senza intaccare il fragile equilibrio raggiunto tra prestazioni e durata della batteria. Pertanto le nuove tecnologie 5G garantiranno un aumento delle prestazioni e un abbassamento dei consumi energetici.

di Piano della Mobilità

09/feb/2015

Working oil pumps

 

Tra gli elementi principali caratterizzanti l’EU reference scenario e ripresi dall’Impact Assessment del libro bianco dei trasporti del 2011 (EC, 2011c), di particolare rilievo sono gli aspetti energetici.

Attualmente il settore dei trasporti dipende in modo consistente dal petrolio sia a livello Europeo che globale nonostante il crescente interesse per vettori energetici alternativi. L’elevata densità energetica del petrolio, l’estesa dotazione di infrastrutture per il trattamento e la distribuzione, l’estensione del parco veicolare che lo utilizza e il prezzo basso sono fattori determinanti che impediscono a vettori energetici alternativi di affermarsi sul mercato considerando gli elevati investimenti richiesti (per esempio, in termini di infrastrutture e parco veicoli).

Il trend del prezzo del petrolio è reso incerto dal fatto che l’UE contribuisce alle riserve di petrolio attestate a livello mondiale solo per lo 0.5%, e queste riserve vanno vieppiù esaurendosi mentre la domanda globale continua a crescere; inoltre, le attestate riserve di petrolio sono concentrate in aree del mondo che sono politicamente meno stabili.

La fornitura di petrolio nel futuro prossimo

Queste incertezze mettono a rischio la continuità di fornitura di petrolio nel futuro; un’interruzione nella fornitura darebbe luogo a una crisi energetica perché in un “no-policy change scenario” (scenario senza un cambiamento di politiche), il 90% del fabbisogno di energia nel settore dei trasporti nell’UE dipenderebbe dai prodotti petroliferi.

Nello scenario di riferimento dell’UE (EU, 2011c) caratterizzato da una crescita del prezzo del petrolio, si assume solo una crescita moderata del livello di tasso di possesso di automobili nelle economie emergenti (per esempio, tale tasso è assunto essere nel 2050 in Cina 394 automobili/1000 abitanti, simile ai livelli nell’UE-15 negli anni Novanta) dovuta a limiti infrastrutturali, maggiori disparità di reddito e maggiore urbanizzazione combinata con più bassi livelli si suburbanizzazione nei paesi OECD (EC, 2011c).

Nel contesto di crescita continua del prezzo del petrolio, lo scenario assume che l’efficienza dei motori a benzina e diesel continuerà a essere migliorata e il costo delle batterie per i veicoli elettrici e i veicoli ibridi plug-in rimarrà alto fino al 2050 (560-780€/kWh). Lo scenario prevede anche che la quota di mercato dei veicoli ibridi MCI-elettrici crescerà per via dei minori consumi di carburante in confronto ai veicoli alimentati con MCI convenzionali.

Il consumo di energia da fonti rinnovabili rappresenterà il 10% del consumo totale di energia nei trasporti nel 2020 grazie all’implementazione della direttiva 2009/28/EC (EC, 2009); tale percentuale crescerà progressivamente al 13% entro il 2050. Comunque, il processo di elettrificazione nello scenario di riferimento rimarrà lento, e, conseguentemente, la quota dei veicoli elettrici nel parco veicolare stradale sarà ancora trascurabile nel 2050, mentre si prevede che il trasporto ferroviario sarà quasi del tutto elettrificato (EC, 2011c).

Una prospettiva non incoraggiante

Naturalmente, in questo quadro, i contributo dei trasporti nel computo totale di emissioni di CO2 continuerà a crescere (fino al 38% nel 2030 e a quasi il 50% nel 2050), così come i costi delle esternalità dei trasporti continueranno ad aumentare (aumento al 2050 di circa 20 miliardi di Euro per i costi connessi con il rumore e 60 miliardi di Euro per i costi connessi agli incidenti) eccetto per i costi connessi con gli inquinanti dell’aria (diminuiranno del 60% entro il 2050). Inoltre la congestione del traffico continuerà a rappresentare un grosso problema per la società (crescita di circa il 50% entro il 2050) (EC, 2011c).

L’Impact Assessment (EC, 2011c) ha condotto anche un’analisi di sensitività per via dell’elevato grado di incertezza delle previsioni del prezzo del petrolio con un orizzonte temporale così lungo come il 2050. Tale analisi conclude che anche se nel 2050 il prezzo del petrolio fosse quasi il 70% più elevato rispetto al trend dello scenario di riferimento (ovvero 212 $’2008/barile contro i 127 $’2008/barile), si avrebbero solo degli effetti limitati: l’attività di trasporto passeggeri si ridurrebbe di circa il 5% mentre quelle delle merci dell’8%. Comunque si avrebbe un certo spostamento modale a favore del trasporto ferroviario (rispetto allo scenario di riferimento si prevede una crescita del 3% del trasporto ferroviario passeggeri e dell’1% di quello merci), quasi totalmente elettrificato nel 2050.

L’elevato costo del petrolio favorirebbe la crescita delle quote di mercato della propulsione elettrica, anche se il 26% dell’attività totale del trasporto passeggeri verrebbe ancora servita da veicoli con MCI convenzionale. L’elevato prezzo del petrolio porterebbe anche a una riduzione delle emissioni di CO2 del 20% nel 2050 (EC, 2011c).

di ROBERTO ROMEO

02/feb/2015

Falsi invalidi, truffa di oltre un milione di euro

La mobilità rappresenta uno dei diritti fondamentali su cui si basa la cittadinanza nelle società democratiche ed è una condizione necessaria per accedere ai beni e ai servizi del territorio, assicurando agli individui in generale ed a coloro che sono in una condizione di disabilità fisica permanente o temporanea, la libertà di vivere appieno la città in totale autonomia. La mancanza o la limitazione di accesso a tale fondamentale diritto viene riconosciuta quale condizione di esclusione, quindi condizione discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità, a fronte di diritti sanciti da norme (internazionali, europee e nazionali).

La norma internazionale che vincola ed obbliga ogni Stato alla sua attuazione con il conseguente adeguamento delle norme vigenti, è la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge n.18/09.

La Convenzione ONU ed il diritto alla mobilità e all’accessibilità

Con la Convenzione ONU, le persone con disabilità non vengono più viste come soggetto passivo che richiede attenzione, cura, protezione, ma come soggetti attivi nella società, protagonisti nel prendere decisioni, nel richiedere diritti. Ancora una volta, viene riaffermato il concetto che i diritti umani e le libertà fondamentali debbano essere garantiti a tutte le persone con disabilità.

Riconosce l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte.

Considera che le persone con disabilità dovrebbero avere l’opportunità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi alle politiche e ai programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente.

Scopo della Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.

Con l’articolo 20 (Mobilità personale), la Convenzione obbliga gli Stati Parti ad adottare misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e tempi da loro scelti ed a costi accessibili;.

L’articolo 9 (Accessibilità), al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, obbliga gli Stati Parti ad adottare misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra l’altro, ad edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro…

Gli Stati Parti inoltre adottano misure adeguate per:

  • sviluppare ed emanare norme nazionali minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e verificarne l’applicazione;
  • garantire che gli organismi privati, che forniscono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico, tengano conto di tutti gli aspetti dell’accessibilità per le persone con disabilità;
  • fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
  • dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili.

L’Europa come interviene in materia di trasporto e disabilità

Oltre alla citata Convenzione Onu, l’Europa è intervenuta da tempo regolamentando i vari sistemi di trasporto (areo, ferroviario, marittimo e su gomma), obbligando gli Stati membri e gli operatori dei servizi di trasporto a garantire ai passeggeri con disabilità o con ridotta mobilità, il diritto all’accesso ai mezzi, alle strutture ed infrastrutture (stazioni, fermate, parcheggi), alle informazioni, all’assistenza a terra e a bordo.

In particolare, l‘Italia sui Regolamenti relativi al trasporto su gomma e marittimo, si è vista aprire dall’UE apposite procedure di infrazione per la non osservanza ed applicazione degli stessi.

E’ bene sapere che nei regolamenti, relativamente ai diritti ed ai servizi ad essi connessi, la categoria dei PRM (Persone a Ridotta Mobilità) comprende non solo le persone con disabilità permanente o temporanea ma anche anziani, bambini, persone con difficoltà d’apprendimento, persone di bassa statura, persone con problemi di orientamento, persone con disagi intellettivi o relazionali, ecc.

Come viene regolamentato il sistema di trasporto in Italia e nella Regione Lazio, in relazione alle su citate norme e regolamenti?

Rispetto ai trasporti pubblici, la riforma del Titolo V (articolo 117 della Costituzione), il Decreto Legislativo 422/97 e il Decreto Legislativo 112/98, hanno delegato agli Enti Locali (Regioni e Comuni) le competenze legislative, amministrative e gestionali.

In particolare, sono passate alle Regioni tutte le competenze inerenti al servizi di trasporto pubblico locale, il trasporto aereo, navale e ferroviario che si svolgono all’interno della Regione, mentre lo Stato ha la competenza nel caso che questi servizi abbiano carattere nazionale ed internazionale.

Pertanto, gli Enti Locali, sulla base della normativa citata e delle competenze assegnategli, devono includere nei loro piani e negli interventi per la mobilità, le soluzioni più idonee a rendere accessibili i servizi di trasporto pubblico locale ai cittadini con disabilità o con ridotta mobilità.

Nella Regione Lazio, così come per tutte le altre Regioni, è necessario intervenire quanto prima per rendere finalmente accessibile l’intero sistema di trasporto pubblico locale che ad oggi vive forti criticità o in alcuni casi è completamente inesistente, andando contro il rispetto di ogni norma e di conseguenza pregiudicando la qualità della vita, non solo dei cittadini con disabilità ma della comunità tutta. Intervenire sull’accessibilità non va ad esclusivo beneficio di una categoria di persone ma di tutta la cittadinanza e rende il territorio vivibile ed accogliente per tutti, nessuno escluso.

Inoltre, è da dire che la Regione Lazio ha al suo interno, quale organismo consultivo istituzionalmente riconosciuto e costituito, la Consulta Regionale sulle Disabilità, composta dalle più importanti associazioni di categoria, tra le quali l’ANGLAT, che, se coinvolte per le alte competenze ed esperienze, possono supportare l’Ente nella scelta delle soluzioni più idonee in materia di mobilità, accessibilità, formazione, assistenza e accoglienza.

L’auspicio è che ciò venga attuato quanto prima, nel rispetto ed in coerenza con quanto sancito dall’art. 4 della Convenzione, che nello specifico cita: “Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative”.

Pertanto, anche sul tema del trasporto pubblico intendiamo rivendicare fortemente il nostro ruolo riconosciutoci dalla Convenzione, che può essere ritradotto con lo slogan:

NULLA SU DI NOI SENZA DI NOI!

Roberto Romeo
Presidente Nazionale ANGLAT

di Piano della Mobilità

26/gen/2015

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L’indice di congestione dell’area romana è al quinto posto in Europa (TomTom Congestion Index 2012). Peggio di noi sono Istanbul, Varsavia, Marsiglia e Palermo. D’altra parte i cittadini romani scelgono negli spostamenti il meno peggio e così facendo in larga parte privilegiano l’autovettura.

È stato osservato ormai da molto tempo che la densità residenziale influenza l’uso dell’autovettura e i consumi di carburante: alte densità determinano minore uso dell’auto e minori consumi e viceversa. Purtroppo l’area romana è sottoposta da decenni ad un fenomeno di urbanizzazione periferico, disperso nei piccoli centri, nelle aree rurali, a bassa densità. I primi trenta Comuni della provincia di Roma hanno avuto una crescita media del 35% tra il 2001 – 2011, contro l’8% della Provincia e il 2,8% di Roma.

Con questo sviluppo residenziale suburbano qualsiasi programma a livello della città è purtroppo inadeguato, occorre un coordinamento con la Regione per un forte controllo dello sviluppo residenziale, commerciale e produttivo. Le nuove strade o l’allargamento di quelle esistenti, come il GRA, l’A24 o la Roma Fiumicino, in un ambiente urbanizzato e in continua crescita servono ad accogliere il traffico generato dal nuovo sviluppo e ad alimentarlo.

L’indice di mobilità nel mondo

La società internazionale di consulenza Arthur D. Little, insieme all’UITP – Associazione Internazionale del Trasporto Pubblico Mobility, ha valutato le prestazioni di 84 città del mondo con un indice di mobilità.

Il calcolo dell’indice è basato su 19 criteri tra i quali la quota degli spostamenti sul TPL, la densità di strade, le emissioni. L’indice varia da 0 a 100. Il massimo di 100 punti si ottiene se la città risponde al meglio a ciascun criterio. Lo studio ha trovato la maggior parte delle città inadeguate per affrontare le sfide future, ma con ancora un notevole potenziale per migliorare.

La riporta Figura 1 i valori dell’indice per le 84 città esaminate raggruppate in tre classi sotto la media, nella media e sopra la media. Nel gruppetto di testa, che però raggiunge un indice inferiore a 60, si distinguono Hong Kong, Stoccolma e Amsterdam.

Lo studio indica come l’integrazione tra i sistemi di mobilità regionali rimane ancora molto bassa. In particolare è necessario un maggior allineamento tra strategie di mobilità regionali, e le soluzioni adattate ai contesti locali, rispettando  le relative autonomie e responsabilità.

Roma ha un indice molto basso rispetto alle città europee più performanti tutte con un indice al di sopra di 52. Lisbona con 41,3, Roma con 40,9 e Atene con 40,0 sono nella fascia bassa della media. I problemi romani sono il livello di motorizzazione e di inquinamento elevato.

grafico

Figura 1
Fonte : Arthur D. Little Urban Mobility Index 2.0.

di Piano della Mobilità

19/gen/2015

VIA-APPIA

Il Lazio ha oltre 5 milioni di veicoli circolanti, dati relativi al 2011 (Tabella 1), il 73,5% dei quali 3,7 milioni nella sola provincia Capitolina.

In termini relativi il dato regionale di 88,6 veicoli ogni 100 abitanti risulta più elevato di oltre 7 punti percentuali rispetto a quello nazionale di 81,2, con valori superiori alla media italiana in tutte le province. Viterbo si conferma anche nel 2011 la provincia con la maggiore concentrazione di veicoli per abitante con 89,7 ogni 100 residenti, seguita da Roma con 89, Rieti con 87,9, Frosinone con 87,5 e Latina con 86,2.

A livello nazionale emerge che nel 2011 il 12% delle vetture in circolazione non è catalizzato, mentre il 34,7% è conforme alla Direttiva 98/69B e l’8,2% possiede già i requisiti Euro 5.

Provincia Auto bus Autocarri Motrici Rimorchi Motocicli Motocarri Totale
Frosinone 70,0 0,3 6,7 0,6 1,2 8,3 0,4 87,5
Latina 65,1 0,1 7,4 0,4 0,7 11,6 0,9 86,2
Rieti 68,6 0,2 7,5 0,2 0,3 10,4 0,6 87,9
Roma 69,2 0,2 6,3 0,1 0,3 12,8 0,1 89,0
Viterbo 70,7 0,1 7,3 0,1 0,4 10,5 0,6 89,7
Lazio 68,9 0,2 6,5 0,2 0,4 12,1 0,3 88,6
Italia 62,3 0,2 6,6 0,3 0,6 10,7 0,5 81,2
(Tabella 1)

I veicoli non catalizzati

Il dato regionale risulta leggermente più incoraggiante, con una percentuale di veicoli non catalizzati che nel 2011 scende all’11,5%, rispetto al 12% dell’anno precedente, quelli Euro 4 che raggiungono il 35,4% e gli Euro 5 l’11% erano il 4% nel 2010. Le caratteristiche del parco autovetture sono correlate al reddito procapite degli abitanti. Frosinone ha così nel 2011 il parco veicolare più vecchio tra le province del Lazio, con il 16,6% delle vetture circolanti Euro 0. Mentre la maggiore incidenza di veicoli Euro 4 e Euro 5 si registra a Roma (rispettivamente 37% e 12,9%).

La provincia di Roma ha il parco più ecologico anche per quanto riguarda i motocicli, con il 33% ad alimentazione Euro 3, seguono Latina con il 28,1, Viterbo con il 25, Rieti con il 22,5 e Frosinone con il 20.

La Tabella 2 riporta gli spostamenti totali nel Lazio in un giorno feriale.

Roma Prov. Roma 4 Prov. Lazio
Roma 2.035.619 104.378 5.399
Prov. Roma (no Roma) 376.696 289.081 -
4 Prov. Lazio 84.114 21.590 938.396
Tabella 2

La successiva Tabella 3 si riferisce all’ora di punta dalle 7.30 alle 9.30. Gli spostamenti hanno una fortissima prevalenza dell’auto

Rm – Rm Rm – Prov Prov – Rm Prov – Prov Totale
Auto 59,8% 79,9% 75,2% 91,5% 65,8%
TPL su gomma 14,2% 10,9% 7,3% 4,2% 12,1%
TPL su ferro 4,1% 2,2% 5,4% 0,7% 3,8%
altro 22,0% 7,1% 12,1% 3,6% 18,2%
100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
Tabella 3

L’insufficiente ruolo svolto dai servizi autobus per raccogliere l’utenza del treno è mostrato nella Figura 1 L’uso dell’auto per raggiungere la stazione è sempre il modo di gran lunga prevalente.

Immagine articolo

Figura 1

Monitoraggio della qualità dell’aria

Il numero di giorni di superamento del limite per la protezione della salute umana previsto per il PM10 nei comuni capoluogo di provincia rilevato nelle centraline fisse per il monitoraggio della qualità dell’aria è riportato in Tabella 4. Sono evidenziati i casi di superamento del limite di 24 ore per la protezione della salute umana oltre le 35 volte per anno civile (D. Lgs. 155/2010).

COMUNI 2009 2010 2011
Viterbo 5 3 4
Rieti 16 8 24
Roma 67 39 69
Latina 26 28 35
Frosinone 122 108 108
Italia 55,6 44,5 53,1
Tabella 4 – Fonte: Istat, Dati ambientali nelle città

di Piano della Mobilità

12/gen/2015

smog

L’inquinamento dell’aria da particolato (di seguito indicato come PM) è certamente uno dei più rilevanti per il settore dei trasporti e costringe di frequente le amministrazioni locali a imporre delle limitazioni all’utilizzo dei mezzi di trasporto privati in tutti quei casi in cui la concentrazione delle polveri sottili in aria supera i valori limite stabiliti. I valori limite sono definiti dalla direttiva 99/30/CE, recepita in Italia dal Decreto Ministeriale 2 aprile 2002, n. 60; tale decreto fissa due limiti accettabili di PM10 in atmosfera, giornaliero e annuale. Dal 1 gennaio 2010 questi limiti sono fissati in:

  • 50 µg/m³ come valore medio misurato nell’arco di 24 ore, da non superare più di 7 volte/anno;
  • 20 µg/m³ come media annuale.

Le principali fonti di PM da trasporto sono costituite dalla combustione che avviene nei motori a combustione interna che equipaggiano i veicoli, dall’usura degli pneumatici, dei freni e dell’asfalto. Mentre le ultime tre voci dipendono principalmente dalle percorrenze la prima dipende fortemente dalla tecnologia motoristica usata e dal tipo di veicolo. Essendo per altro il particolato da combustione la componente principale è senz’altro quella che merita maggiore attenzione.

La metodologia di riferimento a livello europeo per il calcolo per le emissioni di PM è quella fornita dall’EMEP/EEA air pollutant emission inventory guidebook (EEA, 2013). Le metodologie suggerite in (EEA, 2013) per il calcolo del PM sono due: una più complessa basata su delle relazioni tra fattori di emissioni e velocità ed una seconda basata su un unico fattore medio di emissione, per ciascuna delle categorie veicolari, indipendentemente dalla velocità media del ciclo di marcia (denominata Tier 2 in (EEA, 2013)). Per le emissioni di PM un approccio più pragmatico è preferibile perché i fattori che le influenzano (come stile di guida e pendenze) sono tali da non rendere la prima più precisa della seconda.

Adottando questa metodologia le emissioni di PM della Regione possono essere calcolate a partire dalla CO2. Poiché le emissioni di particolato prodotte dai veicoli con motorizzazione a benzina sono trascurabili se confrontate con quelle prodotte dai veicoli con motorizzazione diesel, in questa sede sono stati esclusi dal computo totale delle emissioni di PM le autovetture e i veicoli industriali leggeri a benzina, i motocicli e i ciclomotori.

I valori delle emissioni di particolato

Il metodo fornisce una stima di circa 3 860 chilogrammi di PM prodotte al giorno (inclusa ferrovia). Il dettaglio con la ripartizione delle emissioni fra le varie categorie veicolari è riportato in Tabella 1

Quasi il 70% del PM totale emesso deriva da automobili e veicoli industriali pesanti, con percentuali pressoché uguali fra di loro. Se si considera il fatto che la categoria delle automobili non comprende quelle alimentate a benzina (per il motivo suesposto) risulta chiaro come le sole automobili alimentate a gasolio abbiano lo stesso impatto in termini di PM del totale dei veicoli industriali pesanti.

  Chilogrammi al giorno di PM % sul totale del PM emesso
Automobili

1.289

33,4

V.i. pesanti

1.253

32,4

Ferrovia

639

16,5

Autobus

501

13,0

V.i. leggeri

179

4,6

Tabella 1

Gli autobus hanno una quota di emissioni di PM pari a poco più di un terzo sia rispetto alle automobili che ai veicoli industriali pesanti. Il PM emesso per la generazione di elettricità per il trasporto ferroviario è invece circa la metà di quello prodotto da automobili e veicoli industriali pesanti, con l’accortezza di tener presente che tale aliquota di emissioni non è ovviamente da riferire ad emissioni localizzate su tutto il territorio regionale  ma solamente a livello locale nella zona di generazione dell’energia elettrica (anche se la dipendenza del PM da intensità e direzione del vento non è trascurabile).

Effettuando, come per la CO2, una previsione al 2025 delle emissioni di PM, ipotizzando nel frattempo il rinnovo completo del parco veicolare, si ottiene uno scenario composto esclusivamente da veicoli equipaggiati con filtro antiparticolato allo scarico, indipendentemente dalla normativa di omologazione che seguono.

La normativa Euro 5

Poiché la normativa Euro 5 prevede per le autovetture diesel che le emissioni di PM siano circa l’80% in meno rispetto a quelle previste dalla normativa Euro 4 (5 mg/km contro 30 mg/km), i fattori medi di emissione sono stati calcolati riducendo quelli riportati in (EEA, 2013) dell’80%. In questo modo si sono ottenuti fattori medi di emissione del PM per le automobili dell’ordine di qualche milligrammo al chilometro e quindi paragonabili come ordine di grandezza ai 5÷13 mg/km riportati in (EEA, 2013) per i vari tonnellaggi di veicoli industriali pesanti che rispettano la normativa Euro VI.

La Tabella 2 mostra il totale delle emissioni di PM stimate al 2025 ripartito fra le varie categorie veicolari. Se da un lato gli 866 chilogrammi al giorno rappresentano una lusinghiera riduzione dell’83% rispetto ai 3861 chilogrammi calcolati per la situazione attuale il risultato che più merita attenzione è quello della ripartizione delle emissioni fra le varie categorie. Il valore totale è, infatti, influenzato dal fatto che per la ferrovia il valore è stato mantenuto uguale a quello attuale e, avendo invece drasticamente ridotto tutti gli altri contributi, risulta in questo caso il valore nettamente più alto. Quello che invece è importante sottolineare è che, ipotizzando un rinnovo totale del parco circolante con veicoli tutti dotati di filtro antiparticolato, il problema delle emissioni di PM potrebbe essere quasi totalmente risolto.

Nel nuovo scenario non importerà più quanto PM produce un singolo veicolo (che per veicoli pesanti e autobus senza filtro antiparticolato è un valore molto alto, tra i 0.2 e 1 grammo al chilometro) ma sarà determinante la numerosità del parco circolante.

  Chilogrammi di PM al giorno % sul totale del PM
Ferrovia 639 73,8
Automobili 202 23,3
V.i. leggeri 12 1,4
Autobus 8 0,9
V.i. pesanti 5 0,6
Tabella 2

Risulta chiaro, infatti, che nel 2025 le automobili, essendo la categoria veicolare più numerosa, saranno la principale fonte di PM (ferrovia esclusa) mentre la previsione del contributo di veicoli industriali pesanti e autobus risulta notevolmente ridimensionata perché in numero sono molto meno rispetto alle automobili.

Infine, l’ultima menzione la merita la ferrovia: il valore di PM è riferito al caso attuale. Ci si può ragionevolmente attendere che al 2015 le soluzioni tecniche di filtraggio dei fumi delle centrali di produzione dell’energia potranno giovare alla riduzione del contributo della ferrovia alle emissioni di PM.

di Piano della Mobilità

07/gen/2015

manutenzione stradale

Gestire le risorse per ottimizzare le prestazioni della rete stradale esistente è una delle grandi sfide delle amministrazioni nei paesi sviluppati  a fronte di rigidi vincoli di bilancio. Alcuni, già a partire dagli anni ’60, hanno cominciato ad affrontare la gestione del loro patrimonio stradale con un approccio che si può definire “manageriale”. Inizialmente, questo approccio ha coinvolto solo la manutenzione delle pavimentazioni stradali esistenti e il dimensionamento strutturale delle nuove pavimentazioni.

Con il termine pavement management, infatti, un programma di ricerca statunitense inaugurato nel 1966 e altri studi canadesi dello stesso periodo, definivano il processo di dimensionamento, valutazione ed analisi del comportamento delle pavimentazioni. Successivamente, questa nuova visione è stata estesa prima ai ponti per poi giungere, infine, al concetto di gestione programmata dell’intero patrimonio stradale o, addirittura, dell’intero patrimonio infrastrutturale, utilizzando la terminologia anglosassone asset management, nata nel settore economico-finanziario e poi utilizzata anche in relazione a patrimoni fisici.

La Figura 1, basata su studi e esperienze, dimostra la convenienza a conservare una strada in buone condizioni piuttosto che a effettuare riparazioni tardive o a ricostruirla.

Oggi, nel settore stradale con road asset management (RAM) si intende un processo logico e continuo di valutazione delle condizioni e delle prestazione del patrimonio viario e di conseguente definizione delle strategie di intervento ottimali, dal punto di vista tecnico ed economico, per massimizzare le prestazioni del patrimonio stesso in relazione agli obiettivi prefissati.

Combinando insieme principi ingegneristici con pratiche consolidate di gestione e con la teoria economica, l’asset management sostituisce quindi una conduzione basata su interventi correttivi con un approccio strategico che consente di monitorare il patrimonio stradale, di gestirlo in maniera efficiente ed efficace e di programmare gli interventi per la loro manutenzione, riqualificazione e sostituzione, ottimizzando il processo di allocazione delle risorse disponibili.

road asset

Figura 1

L’amministrazione che userà il sistema di AM proposto, migliorerà la soddisfazione degli utenti:

  • massimizzando le prestazioni della rete stradale con i fondi disponibili;
  • minimizzando i costi durante tutto il ciclo di vita delle infrastrutture.

Sarà inoltre più responsabile nell’uso delle risorse, acquisirà maggiore capacità nella valutazione dei propri bisogni finanziari e nell’ottenere i fondi necessari da destinare al patrimonio stradale.

Per realizzare un RAM occorre valorizzare le professionalità esistenti nell’amministrazione, dotarle di nuovi sistemi informativi, strumenti di analisi e modalità di comunicazione interna ed esterna all’organizzazione.

di Treninoblu

29/dic/2015

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Ciò che oggi viene comunemente chiamato “il tranvetto della Casilina”, è il residuo di più vasta ferrovia, la Roma – Fiuggi – Alatri – Frosinone (e diramazioni).

La ferrovia venne inaugurata il 12 giugno 1916 da Roma a Genazzano e prolungata l’anno successivo a Fiuggi – Alatri – Frosinone per una lunghezza di 113,908 km.

Tuttavia col passare degli anni la mancanza di finanziamenti, l’arretramento ingiustificato del capolinea a via Giolitti e la sempre maggiore concorrenza delle autolinee portarono a un lenta e inesorabile decadenza della linea.

Il 27 dicembre 1983 muore la tratta extraurbana e il servizio è limitato da Fiuggi a San Cesareo, ma di fatto, i treni si fermano a Pantano. La linea nel 2008 è ulteriormente arretrata a Giardinetti, capolinea attuale.

Ad oggi la ferrovia Roma – Giardinetti si sviluppa per un percorso di 9 km, servendo i quartieri Pigneto, Torpignattara, Centocelle, Torre Spaccata.

La recente attivazione della Metro C ha aperto la discussione sulla tratta in comune Centocelle – Giardinetti e più in generale sul futuro della ferrovia. L’unica proposta interessante fino ad ora è stata la limitazione della ferrovia e conversione in linea tranviaria “Circolare Sud”.

(Fonte: https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/Ferrotranviario_slide.pdf)

circSUD

Tuttavia, perché cancellare il tratto Centocelle – Giardinetti?

A tal proposito sarebbe interessante valutare la proposta di prolungamento da Giardinetti verso Anagnina ricalcando in parte il progetto di metro leggera A-TA mai realizzato.

Si creerebbe un ottimo collegamento tra le periferie, utile agli studenti universitari di Tor Vergata, ai medici e ai pazienti dell’omonimo policlinico, oltre a costituire un forte nodo di scambio capace di intercettare gran parte del traffico proveniente dalla diramazione dell’A1.

(Fonte: http://www.cityrailways.net/studi-e-tecnica/2014/12/2/e-se-la-ex-roma-pantano-diventasse-la-metro-g.html)

 

linea G_1

 

di Ing. Marco Valerio Salucci

22/dic/2014

Il trasporto ferroviario gioca un ruolo chiave nelle politiche dell’Unione Europea (EU) finalizzate allo sviluppo di un sistema di trasporto europeo sostenibile e in particolare alla riduzione della dipendenza dal petrolio.

Il trasporto ferroviario europeo nel 2011 ha generato un giro d’affari di 78 miliardi di Euro impiegando 613 000 persone. Ogni anno gli enti pubblici investono molto nel settore ferroviario: nel 2009 sono stati sborsati 20 miliardi di Euro per gli obblighi di pubblico servizio e 26 miliardi di Euro per le infrastrutture.

A fronte dei significativi investimenti, però, tra il 2007 e il 2012 la crescita in passeggeri-km del traffico ferroviario è stata moderata pari al 5% con la quota modale che, con andamento altalenante, è passata dal 6.1% al 6.5%; nello stesso periodo c’è stata una decrescita in ton-km del 10% del trasporto merci ferroviario con la quota modale rimasta allo stesso valore del 2007, ovvero 10.8%.

Benefici della concorrenza

L’introduzione di un regime di concorrenza è fondamentale per la realizzazione di un sistema ferroviario europeo efficiente e di qualità, in quanto obbliga le imprese a massimizzare il rapporto qualità/prezzo dei servizi mediante l’ottimizzazione dei fattori di produzione mettendo fuori mercato le imprese che non ci riescono.

Il processo per la realizzazione di una rete ferroviaria europea integrata (Single European Railway Area- SERA) ed efficiente è stato avviato più di una decade fa mediante l’introduzione di tre successivi insiemi di norme e disposizioni (chiamati primo, secondo e terzo pacchetto ferroviario) ispirati a principi fondamentali quali la progressiva apertura alla concorrenza dei mercati ferroviari nazionali, l’istituzione di società per la gestione delle infrastrutture e per l’esercizio dei servizi ferroviari indipendenti a partire dalla separazione dei loro conti.

La progressiva applicazione di tali norme e disposizioni ha portato alla completa apertura alla concorrenza del mercato del trasporto merci ferroviario dal Gennaio 2007, alla liberalizzazione del mercato del trasporto ferroviario passeggeri dal Gennaio 2010, limitatamente ai servizi internazionali. I servizi nazionali e regionali rimangono ancora in gran parte chiusi in tutti i paesi membri (ad eccezione della Germania, Gran Bretagna, Italia e Svezia) e costituiscono l’ultimo baluardo dei monopoli nazionali.

Nonostante la formale apertura, tuttora esistono delle barriere che impediscono a operatori stranieri o nuovi operatori di poter effettivamente competere alla pari con l’operatore nazionale, la cui posizione dominante (incumbent) deriva dal fatto che le reti ferroviarie in Europa si sono sviluppate a livello nazionale come monopoli naturali. In particolare, gli attuali requisiti di indipendenza del gestore delle infrastrutture dall’operatore dei servizi ferroviari risultano difficili da applicare e continuano a dar luogo a conflitti di interesse e pratiche discriminatorie all’accesso alle infrastrutture (costi e allocazione di capacità); diverse procedure di infrazione sono state presentate alla Corte di Giustizia dell’UE.

La Commissione Europea sta, però, preparando l’emendamento alla Direttiva 2012/34/EU per la creazione della SERA per assicurare che i gestori delle infrastrutture (GI) possano garantire un uso efficiente e non discriminatorio delle infrastrutture ferroviarie e garantire quindi una concorrenza leale. In particolare è prevista l’istituzione di un ente coordinatore da parte dei gestori delle infrastrutture che coinvolga gli operatori ferroviari, gli utilizzatori delle infrastrutture e le autorità pubbliche nella pianificazione degli investimenti e che garantisca l’efficienza mediante l’elargizione di incentivi e l’individuazione e monitoraggio di indicatori per misurare e migliorare l’efficienza dei GI .

I contratti di servizio pubblico

Mentre i servizi ferroviari passeggeri internazionali e l’alta velocità si prestano a un regime di concorrenza, i servizi regionali richiedono contratti di servizio pubblico (CSP) ovvero contratti finanziati pubblicamente dagli enti regionali e locali dei Paesi Membri al fine di poter garantire servizi socialmente utili anche se non commercialmente profittevoli.

Il regime di concorrenza nel caso del mercato dei servizi ferroviari regionali sussidiati può garantire un più redditizio impiego di scarsi fondi pubblici mediante l’assegnazione trasparente dei CSP.

L’attuale normativa permette alle autorità competenti di assegnare direttamente i CSP per il trasporto ferroviario senza la necessità di bandire delle gare d’appalto. Il 42% di tutti i passeggeri-km su ferrovia nell’UE sono effettuati con CSP direttamente assegnati e in 16 dei 25 Stati Membri dotati di ferrovie l’operatore ferroviario dominante detiene il 90% delle quote di mercato.

L’assegnazione dei CSP con gare di appalto in Germania, Olanda e Svezia hanno in taluni casi portato a risparmiare fino al 30% in fondi pubblici che è stato possibile reinvestire per migliorare i servizi stessi. Inoltre l’esperienza mostra come in mercati liberalizzati come quelli della Svezia e Gran Bretagna ci siano stati dei miglioramenti nella disponibilità e qualità dei servizi con conseguente aumento del livello di soddisfazione degli utenti e crescite del numero di passeggeri fino al 50% in 10 anni.

Con l’emendamento al Regolamento EC 1370/2007 che tratta gli obblighi di pubblico servizio nel trasporto pubblico su strada e ferrovia, la CE intende introdurre l’assegnazione obbligatoria mediante gara dei CSP dal Dicembre del 2019 con durata triennale.
Per assicurare la massima trasparenza, le autorità competenti dovranno fornire ai potenziali concorrenti per i CSP i dati di carattere operativo, tecnico e finanziario necessari per preparare offerte ben informate favorendo così la concorrenza a beneficio dei cittadini.

di Piano della Mobilità

15/dic/2014

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Consegnato il dodicesimo treno Vivalto dei 26 che viaggerà sulla linea Roma – Nettuno. Si tratta del quarto treno di nuova generazione che entra in esercizio sulla tratta Roma-Nettuno, una delle più utilizzate dai pendolari per i collegamenti da e verso la Capitale, sulla quale è stata aggiunta l’ottava carrozza ad alcuni convogli. La Regione va così incontro alle esigenze dei comitati dei pendolari che da tempo chiedono interventi incisivi per ridurre il sovraffollamento dei treni negli orari di punta.

Ecco tutte le novità dell’orario invernale:

Per la linea Viterbo-Roma via Orte. Viaggeranno 5 coppie di treni con 5 vetture anziché 4. In questo modo aumentiamo anche i posti a disposizione, che passano da 4.700 a 6.000, con un incremento dell’offerta del 28%.

Per la FL3 Roma-Cesano-Viterbo. Viaggeranno 6 treni con sei vetture anziché 5 , in questo caso i posti passano da 3.600 a 4.200, con un incremento del 17%.

Per la FL2 Roma-Tivoli-Guidonia. Nella fascia di punta viaggerà una nuova coppia di treni tra Roma e Guidonia e una coppia di treni prolungati da Lunghezza a Bagni di Tivoli. In questo modo i posti disponibili passano da 58.500 a 60.000, con un aumento del 3%.

Per la FL5 Roma-Ladispoli-Civitavecchia. Su questa linea ci sarà una nuova coppia di treni tra Ladispoli e Ponte Galeria ed un nuovo treno da Ladispoli a Roma Tiburtina. In questo caso i posti offerti sulla linea passano da 62.700 a 64.200, con un incremento del 3%.

Sulla FL8 Roma-Nettuno. Viaggerà un nuovo treno da Nettuno a Roma Termini e tutti i convogli saranno composti da 8 vetture con aumento da 60.000 a 63.000 dei posti a disposizione ogni giorno, pari ad un incremento del 5%.  Sulla FL1 Fiumicino-Roma-Orte è stato prolungato un treno da Fara Sabina a Orte. Più confort e sicurezza anche per la FL6 Roma-Frosinone-Cassino, con sei vetture Vivalto che sostituiscono le vecchie vetture.

Prolungamento da Roma Ostiense a Roma Tiburtina della FL3 Roma – Viterbo. Con il prolungamento e l’inserimento della fermata Tuscolana, finalmente Roma ha una nuova linea passante che, collegando la zona Nord Ovest della città con il versante Est, si configura come un vero e proprio servizio metropolitano. Con questo incremento dell’offerta la Regione va incontro alle esigenze di circa 20.000 passeggeri in più. In particolare si tratta di 29 treni nuovi  da e verso l’area metropolitana e all’interno di Roma. Di questi, 19 partono da Cesano e 1 da Bracciano e arrivano a Tiburtina, 5 partono da Monterotondo e arrivano a Cesano, 4 partono da Cesano e arrivano a Monterotondo.

Importanti novità anche per il Leonardo Express, il collegamento no-stop tra l’aeroporto “Leonardo Da Vinci” e Roma Termini: dal 14 dicembre i treni in transito ogni giorno passano da 70 a 88, con un aumento del 26% dell’offerta e dei posti a disposizione, che passano da 42.000 a 53.000. dal 12 luglio 2015, inoltre, i treni no-stop da Roma a Fiumicino passeranno da 88 a 110 convogli al giorno, con un aumento del 25% dell’offerta ovvero da 53.000 a 66.000 posti al giorno a disposizione. E’ una risposta importante anche per chi viaggia verso Fiumicino sulla FL1, tratta utilizzata dai turisti e dai viaggiatori diretti all’aeroporto.

Collegamenti più moderni dell’alta velocità ferroviaria con l’aeroporto di Fiumicino. Il 14 dicembre parte la sperimentazione di due coppie di treni ad alta velocità diretti tra Fiumicino e Venezia, con fermate a Roma, Firenze e Bologna: è la base per il rilancio competitivo del principale aeroporto internazionale italiano e dei trasporti verso la Capitale.

“Questa non è una piccola parentesi ma il mattone di una strategia che sta migliorando il pendolarismo. E non ci fermiamo qui, dal momento che abbiamo accumulato moltissimo ritardo- è il commento del presidente, Nicola Zingaretti, che ha aggiunto: per quanto riguarda il futuro, abbiamo investito 60 milioni di euro per aumentare i treni e per interventi anche tecnologici sulle linee ferroviarie. E’ uno sforzo enorme- ha detto ancora Zingaretti- ma stiamo vincendo la battaglia”.

“Oggi oltre che un nuovo treno abbiamo presentato un nuovo orario che partirà fra tre giorni: è un
ulteriore passo in avanti importante perché rafforziamo quello che non siamo riusciti a rafforzare nei mesi passati- lo ha detto Michele Civita, assessore ai trasporti, che ha aggiunto: puntiamo a portare dal prossimo anno sulla tratta Roma-Nettuno, una delle più congestionate della nostra regione, tutti treni Vivalto”.

di Piano della Mobilità

09/dic/2014

Lo sviluppo infrastrutturale e tecnologico del nodo di Roma, con l’avvio di interventi nel breve/medio periodo, punta a potenziare e migliorare il sistema ferroviario metropolitano e regionale. Un piano che prevede ulteriori investimenti nel medio/lungo periodo.

E’ la prima fase attuativa del nuovo impulso alla cura del ferro a Roma decisa da Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane) e Roma Capitale.

Il verbale d’intesa

Il verbale d’intesa è stato firmato nella sede dell’Assessorato alla Mobilità e ai Trasporti da Maurizio Gentile, AD di RFI, e da Guido Improta, Assessore alla Mobilità e ai Trasporti di Roma Capitale.

Dopo l’intesa raggiunta per la realizzazione della fermata FL 2 di Ponte di Nona, si sono create le premesse per stipulare un accordo operativo per programmare e definire, anche con la Regione Lazio, un nuovo modello di servizi nel nodo di Roma sono stati programmati interventi, alcuni già in corso, per il potenziamento tecnologico e il potenziamento delle stazioni, il completamento e la sistemazione dell’assetto urbanistico e viario dell’area di Tiburtina e la realizzazione di nuove infrastrutture per l’interscambio gomma/ferro. Investimento complessivo circa 300 milioni di euro, di cui quasi 185 già finanziati.

L’intesa sottoscritta – ha sottolineato Maurizio Gentile – conferma la cura del ferro programmata e avviata da Rete Ferroviaria Italiana per realizzare, nel territorio di Roma, un’infrastruttura ferroviaria adeguata e funzionale alla crescente domanda di traffico da e per la Capitale. Insieme al rinnovato impulso, l’intesa sarà anche l’occasione per una sinergia sempre più stringente fra RFI e Roma Capitale sul tema, sia per la pianificazione degli interventi sia per il reperimento dei finanziamenti necessari”.

L’accordo

L’accordo con RFI – ha dichiarato Guido Improta – risponde all’esigenza di dar vita a nuove forme di collaborazione strategica tra gli attori coinvolti nel settore dei trasporti, al fine di garantire ai cittadini un potenziamento del trasporto pubblico a infrastrutture esistenti, così come previsto nel nuovo PGTU. L’attività di contrasto della mobilità privata, infatti, tenuto conto di un contesto socio-economico nel quale le risorse disponibili sono in calo e dell’esigenza di compatibilità ambientale, non può che essere ricercata nell’intermodalità e dunque nell’integrazione tra ferro e gomma”.

Roma Tiburtina

A Roma Tiburtina saranno valorizzate le aree adiacenti la stazione (revisione e aggiornamento del Piano di assetto, nuove viabilità, riqualificazione urbanistica, parcheggi). Nel nodo di Roma, per incrementare la capacità di traffico, saranno potenziati i sistemi di gestione e controllo della circolazione ferroviaria e di distanziamento in sicurezza dei treni. Al Pigneto sarà realizzata la nuova fermata, per l’interscambio ferro/ferro con le linee FL 1, FL 3 e C della metropolitana.
Nelle stazioni Roma Ciampino e Roma Casilina saranno attivati nuovi Apparati Centrali Computerizzati, per il controllo e la gestione della circolazione, che permetteranno l’eliminazione delle interferenze dei flussi di traffico metropolitani/regionali con quelli merci. Per il completamento dell’Anello ferroviario Nord saranno avviati gli approfondimenti per l’attivazione della prima fase funzionale fra Vigna Clara e Valle Aurelia e l’adeguamento dell’infrastruttura esistente. Infine sarà avviato lo studio di fattibilità per il potenziamento della stazione di Magliana funzionale, nel medio/lungo termine, per il nuovo stadio previsto.

Un tavolo tecnico congiunto monitorerà lo stato di avanzamento delle attività e dei lavori ed elaborerà proposte tecniche per ulteriori interventi nel medio/lungo periodo.

di Ing. Olga Basile

01/dic/2014


La legge n. 144 del 1999, all’articolo 32, ha istituito il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, volto a ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali a livello nazionale. Il Piano ha contribuito in maniera significativa alla riduzione del numero di incidenti stradali, morti e feriti che si è registrata negli ultimi anni in Italia (Fig. 1).

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Fig. 1 – Trend del numero di incidenti, morti e feriti fra il 2001 e il 2012 (Fonte: ISTAT).

Dal 2001 sono state attuate, nell’ambito del Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale 2001-2010, diverse misure, che spaziano dal miglioramento della normativa, della governance e della sicurezza delle infrastrutture stradali, alla comunicazione, alle campagne di sensibilizzazione e agli interventi di educazione alla sicurezza stradale.

Sulla base dei risultati raggiunti dall’Italia fino ad oggi, e in accordo con gli orientamenti in materia di sicurezza stradale della Commissione Europea, la Direzione Generale per la Sicurezza Stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha elaborato una nuova politica organica della sicurezza stradale, illustrata nel Piano Nazionale della Sicurezza Stradale Orizzonte 2020.
Il documento, in fase di consultazione, presenta un’analisi dell’evoluzione del fenomeno e dei risultati delle politiche precedenti (per la prima volta è stata condotta in Italia una valutazione scientifica estensiva dei risultati degli interventi condotti), accompagnata da un programma operativo di obiettivi quantitativi e qualitativi di miglioramento della sicurezza delle nostre strade e delle relative strategie d’intervento.

Obiettivi del PNSS Orizzonte 2020

Il PNSS Orizzonte 2020 aggiorna la strategia di miglioramento della sicurezza stradale in Italia fino al 2020, proseguendo l’azione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale introdotto nel 2001. Il Piano risponde al dettato legislativo nazionale e si inserisce nel più ampio contesto europeo, accogliendo, in particolare, gli obiettivi e gli indirizzi della Commissione Europea definiti negli “Orientamenti programmatici della CE sulla sicurezza stradale” per il periodo 2011-2020.
Per conseguire gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea, infatti, ogni Stato membro è chiamato a redigere la propria strategia nazionale di riduzione della numerosità e della gravità dell’incidentalità stradale.

Il PNSS Orizzonte 2020 propone un sistema gerarchico di obiettivi a due livelli, uno per il sistema nel suo complesso, l’altro che tenga conto delle problematiche delle categorie di utenti a maggior rischio di incidente. L’obiettivo generale che si è posto il Governo italiano è la riduzione del 50% del numero di decessi da incidente stradale entro il 2020, rispetto al numero di decessi rilevati nel 2010. Di conseguenza, si mira a ridurre il numero di morti, nel 2020, almeno a 2.045, facendo, ovviamente, il massimo sforzo perché questa riduzione sia ancora più sostanziosa.

Gli obiettivi di dettaglio si basano sul livello di sicurezza rilevato nel periodo 2001-2012, differente per le diverse categorie di utenti (Fig. 2). In questo periodo, mentre, in generale, si è assistito ad una riduzione sia del numero di morti che di feriti, alcune categorie hanno mostrato una riduzione del numero di vittime ma un aumento del numero dei feriti (ad esempio +50% dei feriti fra il 2001 e il 2012 per i ciclisti e +19% dei feriti per i motociclisti).

Olga fig 2

Fig. 2 – Variazione percentuale dei morti e dei feriti in Italia fra il 2001 e il 2012 per modo di trasporto (Fonte: ISTAT).

Il PNSS Orizzonte 2020 individua, quindi, obiettivi specifici per le categorie di utenti della strada che mostrano più alti livelli di rischio, ovvero:

  • utenti delle due ruote motorizzate;
  • ciclisti;
  • Pedoni;
  • utenti coinvolti in incidenti in itinere.

Inoltre, il PNSS Orizzonte 2020, con l’obiettivo di rafforzare e caratterizzare ulteriormente le strategie volte a migliorare la sicurezza stradale, adotta una visione specifica in relazione all’incidentalità dei bambini: ”Sulla strada: Nessun bambino deve morire”.
Nella tabella sottostante (Tab. 1) sono indicati gli obiettivi specifici per ogni categoria di utenza a rischio identificata:

Tab. 1 – Obiettivi specifici per le categorie di utenza a rischio e stima dei relativi valori (Fonte: PNSS Orizzonte 2020).

Olga tab 1

Sono stati, inoltre, fissati degli obiettivi intermedi per il 2017, anno in cui si prevede una revisione del Piano, sia per quanto riguarda l’obiettivo generale, che per quanto riguarda gli obiettivi specifici. In particolare, si è assunta una riduzione, al 2017, del 38% dei morti sulle strade rispetto al 2010, il che significa un numero di decessi non superiore a 2.542. Il trend di riduzione è mostrato in Fig. 3.

Ipotizzando una percentuale di riduzione analoga a quella degli ultimi tre anni (di poco superiore al 5%), la riduzione che si otterrebbe nel 2020 sarebbe solo del 40% (in Fig. 3 è indicata in grigio). Per questo motivo si richiede uno sforzo maggiore, ovvero una riduzione media del 7%, per poter raggiungere una riduzione al 2020 del 50% delle vittime della strada.

Olga fig 3

Fig. 3 – Percorso di riferimento e obiettivi generali (Fonte: PNSS Orizzonte 2020).

Anche per quanto riguarda gli obiettivi specifici, per ogni categoria di utenza a rischio è stato definito un percorso di riduzione sulla base dei trend in essere e delle assunzioni fatte. In particolare, gli obiettivi di riduzione sono riportati nella Tab. 2:

Tab. 2 – Obiettivi intermedi per le categorie di utenza a rischio agli anni 2017 e 2020 (Fonte: PNSS Orizzonte 2020).

Olga tab 2

Strategie del PNSS Orizzonte 2020

Il PNSS Orizzonte 2020 definisce sia le strategie specifiche per migliorare la sicurezza delle categorie ad alto rischio, sia quelle generali che interessano tutti gli utenti del sistema di trasporto stradale, così come i vari fattori che giocano un ruolo negli incidenti.
Sulla base di fattori di rischio associati alle categorie ad alto rischio (vedi Tab. 3), sono state individuate nove strategie specifiche, coerenti con gli obiettivi della Commissione Europea:

  • moderazione delle velocità in ambito urbano;
  • campagne informative;
  • aumento dei controlli;
  • educazione stradale e formazione;
  • protezione per gli utenti vulnerabili (Infrastruttura);
  • gestione della sicurezza da e verso il luogo di lavoro;
  • gestione e controllo delle velocità;
  • miglioramento delle caratteristiche di sicurezza delle strade extraurbane;
    ricerca e normativa.

Tab. 3 – Matrice di correlazione fra le categorie a rischio e i fattori di rischio (Fonte: PNSS Orizzonte 2020).

Olga tab 3

Il PNSS Orizzonte 2020 individua anche 12 strategie generali (talvolta parzialmente sovrapponibili a quelle viste precedentemente), ripartite in base agli obiettivi strategici fissati dalla Commissione Europea per il 2020, che agiscono sui fattori di rischio associati alle altre categorie di utenti:

  • campagne informative;
  • aumento dei controlli;
  • educazione stradale e formazione;
  • protezione per gli utenti vulnerabili (Infrastruttura);
  • gestione e controllo delle velocità;
  • miglioramento delle caratteristiche di sicurezza delle strade extraurbane;
  • gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali;
  • sensibilizzazione dell’utenza all’acquisto di veicoli con equipaggiamenti di sicurezza;
  • sistemi ITS per il veicolo e l’infrastruttura;
  • gestione delle emergenze e tempestività dei soccorsi;
  • capacità di monitoraggio e governance.

Per quasi tutte le strategie proposte si attende un impatto positivo anche per la riduzione del numero dei feriti in incidenti stradali, oltre che per i morti.

Conclusioni

L’approccio del PNSS Orizzonte 2020 ha preso come riferimento da una parte quanto realizzato in Italia con il PNSS 2001-2010, dall’altro le più importanti esperienze condotte a livello internazionale, in Europa e nel mondo. In particolare, gli aspetti metodologici del Piano hanno preso come riferimento i risultati dei più importanti progetti europei sulla sicurezza stradale, quali SafetyNet, ROSEBUD, DaCoTa, SUNflower . Con il PNSS Orizzonte 2020, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha voluto garantire uno standard qualitativo rapportabile a quelli dei Paesi più avanzati nella gestione della sicurezza stradale (Nord Europa, Nord America, Australia).

Al fine di ampliare il coinvolgimento di cittadini, parti sociali, imprese, Enti pubblici o privati, associazioni e altri soggetti interessati, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha avviato una consultazione pubblica, offrendo la possibilità di poter esprimere le proprie osservazioni sulle criticità e le strategie individuate in un documento avente come oggetto una tematica di così alta rilevanza sociale.

di Ing. Antonino Tripodi

24/nov/2014

Le dimensioni del fenomeno

Secondo l’Osservatorio Europeo per la Sicurezza Stradale, nel 2010, nella EU-19, circa il 38% degli incidenti stradali con vittime (circa 11.700 persone) è stato registrato in ambito urbano.
Tra il 2001 e il 2010, il numero totale di vittime della strada si è ridotto di più di un terzo (circa il 39% nella EU-19), mentre la riduzione in ambito urbano è stata meno evidente (circa il 35% a livello europeo).
L’incidenza degli incidenti mortali nelle aree urbane, sul totale delle vittime della strada, è cresciuta nel decennio 2001-2010 di circa due punti percentuali (Fig. 1).

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Fig. 1 – Trend degli incidenti mortali nelle aree urbane nella EU-19 (Fonte dati: CARE).

Anche in Italia l’incidentalità nelle aree urbane rappresenta un problema rilevante. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, nel 2011 la gran parte degli incidenti che hanno comportato conseguenze alle persone sono avvenuti sulle strade urbane (circa il 76% del totale degli incidenti registrati; ovvero circa 157.000 incidenti). Questi incidenti hanno causato il ferimento di circa 213.000 persone (il 73% del totale dei feriti in incidenti stradali) e la morte di 1.744 persone (il 45% del totale delle vittime di incidenti stradali).

Si tratta di dati preoccupanti, che evidenziano la necessità di un intervento immediato. Preme sottolineare, inoltre, che il trend di riduzione degli incidenti in ambito urbano è risultato, dal 2010 al 2011, inferiore a quello riscontrato negli altri ambiti stradali (Tab. 1).

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Tab. 1 – Incidenti stradali con lesioni a persone per categoria di strada in Italia (Fonte dati: ISTAT).

Bisogna anche considerare che buona parte degli incidenti stradali si concentra nelle aree urbane con maggior numero di abitanti. Nel 2011, nelle nove città italiane più popolate , in cui risiede circa il 14% della popolazione italiana, si è registrato circa il 20% delle vittime di incidenti stradali.

L’incidentalità nelle grandi aree urbane è un tema rilevante non solo per quanto riguarda i numeri, ma anche per quanto concerne le caratteristiche degli incidenti stradali, attraverso l’analisi delle quali è possibile tracciare delle strategie mirate. Ad esempio, la maggior parte degli incidenti occorsi nelle aree urbane italiane coinvolgono gli utenti deboli della strada. Nel 2011, i pedoni, i ciclisti e le due ruote motorizzate rappresentavano circa il 70% del totale dei morti in incidenti stradali sulle strade urbane (la percentuale sale al 75% se si considerano solo le grandi aree urbane).

Confronto tra grandi aree urbane europee

Un confronto a livello europeo tra grandi aree urbane è possibile comparando tra loro città aventi caratteristiche simili (es. per estensione del territorio, complessità della rete di trasporto, entità della popolazione). Un recente studio, realizzato dal CTL nell’ambito della preparazione del Piano della Sicurezza Stradale di Roma Capitale 2012-2020, ha confrontato il livello di sicurezza di Roma con quello di altre 14 grandi città europee: Barcellona, Berlino, Bruxelles, Dublino, Glasgow, Londra, Madrid, Manchester, Milano, Newcastle, Oslo, Parigi, Praga e Stoccolma (i dati si riferiscono al 2009).

In primo luogo, è emerso che Roma presenta tassi di motorizzazione di autovetture e di motocicli rispettivamente due e tre volte superiori alla media delle città analizzate.
Inoltre, tra le grandi aree urbane europee considerate, come si evince dalla Fig. 2, la capitale italiana risulta essere quella con il tasso di mortalità più elevato (circa 70 morti per milione di abitanti). Milano presenta un tasso di mortalità inferiore a quello di Roma (circa 58 morti per milione di abitanti), ma comunque superiore a quello delle altre città europee.

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Fig. 2 – Tasso di mortalità in 15 grandi aree urbane europee (2009).

Roma presenta anche tassi di mortalità giovanile (15-24 anni) e degli over 65 anni nettamente superiori a quelli medi delle grandi aree urbane europee esaminate. Il tasso di mortalità dei giovanissimi (0-14 anni) è invece in linea con quello medio delle altre aree urbane (Fig. 3).

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Fig. 3 – Tassi di mortalità nelle grandi aree urbane europee (2009).

Risulta significativo anche il confronto tra il numero di utenti deboli (pedoni, ciclisti e motociclisti) vittime di incidenti stradali.
La percentuale dei motociclisti morti in incidenti stradali è molto più elevata a Roma che nelle altre città esaminate. Questo dato è sicuramente correlato a un maggiore utilizzo delle due ruote motorizzate, a Roma, rispetto a quanto avviene in altri contesti europei.

La mortalità dei pedoni coinvolti in sinistri nelle grandi aree urbane esaminate rappresenta in media il 40% del totale degli incidenti. In confronto Roma presenta un valore percentuale di pedoni morti più basso della media (circa il 33%, come si può vedere nella Fig. 4).
Anche per quanto riguarda la percentuale di ciclisti morti in incidenti stradali rispetto al totale degli incidenti mortali, Roma presenta un valore inferiore alla media delle grandi aree urbane europee esaminate (2% a Roma rispetto ad una media del 6%). Questo dato è ragionevolmente connesso a un minore uso della bicicletta e, quindi, a una minore esposizione al rischio, piuttosto che a migliori condizioni di sicurezza.

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Fig. 4 – Utenti deboli morti nelle grandi aree urbane europee (2009).

Confronto tra grandi aree urbane italiane

Nel 2011, nelle grandi città italiane (quelle con più di 300.000 abitanti) si registrano circa 67.500 incidenti stradali, a cui sono corrisposti 413 vittime e circa 50.000 feriti (Tab. 2). Il costo sociale associato ai sinistri in esame è pari a quasi 3,5 miliardi di euro.
Roma, nel 2011, presenta un tasso di mortalità elevato (68 vittime per milione di abitanti). Le città di Milano, Napoli e Torino, che pure presentano una popolazione elevata (superiore o prossima al milione di abitanti) registrano, invece, tassi di mortalità inferiori. Il costo sociale pro-capite (572 euro per abitante) più elevato si registra a Milano (Tab. 2).

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Tab. 2 – Incidentalità nei grandi Comuni italiani (Fonte dati: ISTAT).

Sebbene abbiano un tasso di mortalità inferiore a quello di Roma, nelle città di Milano e Firenze si registra un costo sociale pro-capite maggiore di quello della capitale. Ciò è dovuto a una maggiore incidenza dei feriti e degli incidenti in queste città, rispetto a Roma.
Confrontando i valori relativi al tasso di mortalità e ai tassi di ferimento e di incidentalità in questi Comuni (Tab. 3), si nota come, al contrario del tasso di mortalità, quelli di ferimento e di incidentalità siano più elevati a Firenze e Milano, rispetto a Roma.
Sebbene il costo sociale unitario relativo ai morti in incidenti stradali sia più di 35 volte quello relativo ai feriti e quasi 137 volte quello relativo agli incidenti stradali , la maggiore incidenza del tasso di ferimento e del tasso di incidentalità a Firenze e Milano fa sì che il costo sociale procapite risulti maggiore di quello di Roma.

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Tab. 3 – Tasso di mortalità, di ferimento e di incidentalità a Roma, Firenze e Milano (Fonte dati: ISTAT).

Oltre a queste considerazioni, si nota anche una situazione eterogenea in termini di variazione percentuale del tasso di mortalità tra il 2010 e il 2011, che va da condizioni di ampio miglioramento, con riduzioni dell’ordine del 34% a Genova, e condizioni di peggioramento, fino al 30% registrato a Bari o al 23% di Napoli (Fig. 5).
Questi dati evidenziano ulteriormente le forti differenze tra i contesti esaminati, dovute probabilmente a diverse modalità di gestione delle problematiche di sicurezza stradale, che si ripercuotono sulle azioni intraprese.

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Fig. 5 – Variazione del tasso di mortalità nelle grandi aree urbane italiane dal 2010 al 2011

Guardando alle modalità di trasporto, come si vede nella Fig. 6, la percentuale di pedoni deceduti a causa di incidenti stradali nelle grandi aree urbane (33%), risulta superiore alla media nazionale delle aree urbane (28%). Mentre i pedoni vittime di incidenti nelle grandi aree urbane rappresentano un terzo dei decessi, i guidatori di due ruote motorizzate (motociclisti e ciclomotoristi) ne costituiscono il 39% (rispetto a una media nazionale del 33%).

La situazione dei ciclisti risulta invece migliore, rispetto alla media nazionale, nelle grandi aree urbane. In queste ultime, infatti, i ciclisti vittime di incidenti stradali rappresentano il 2% del totale, mentre la media nazionale delle aree urbane è pari al 10% (Fig. 6).
Queste differenze evidenziano delle peculiarità proprie delle grandi aree urbane, connesse soprattutto ad un diverso uso dei modi di trasporto. Un primo dato è relativo alle distanze degli spostamenti, sicuramente maggiori nelle grandi aree urbane rispetto alle città di piccola-media dimensione.

Queste città sono anche caratterizzate da un maggiore utilizzo dell’autovettura rispetto alle grandi aree urbane, a discapito degli spostamenti pedonali e con mezzi a due ruote motorizzate.
Questi due fattori fanno sì che l’esposizione al rischio (e di conseguenza il numero di incidenti) di pedoni e guidatori di due ruote motorizzate sia maggiore nelle grandi aree urbane piuttosto che nelle città di piccola-media dimensione.

Analogamente si può spiegare la minore incidentalità dei ciclisti e degli automobilisti nelle grandi aree urbane. L’utilizzo della bicicletta è, infatti, maggiore nei centri urbani più piccoli, dove le distanze di spostamento sono minori (si consideri che gli spostamenti tipici in bicicletta sono relativi a distanze inferiori a cinque chilometri), così come l’utilizzo dell’autovettura (i morti su autovettura nelle grandi aree urbane sono pari al 23%, rispetto ad una media nazionale sulle strade urbane del 27%).

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Fig. 6 – Percentuale di morti per modo di trasporto nelle aree urbane italiane nel 2011 (Fonte: dati: ISTAT).

di Ing. Gabriele Giustiniani

17/nov/2014

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Negli ultimi anni, soprattutto nei Paesi del Nord Europa, si è andato diffondendo il concetto di Shared spaces, basato sull’idea di integrare e far interagire i diversi utenti della strada nello stesso spazio, al fine di restituire alla strada non solo la funzione di transito, ma anche quella di luogo d’incontro e socializzazione.

L’applicazione di questo nuovo concetto comporta l’eliminazione o, quantomeno, la forte riduzione egli elementi di segregazione fra i diversi tipi di utenti e la completa rimozione della segnaletica. Oltre al valore sociale e ambientale di tale approccio, alcuni autori sostengono che l’eliminazione di segnali e barriere possa aumentare la sicurezza stradale dei pedoni e degli altri utenti della strada, inducendoli a essere maggiormente prudenti e concentrati (Hamilton-Baillie, 20041). Nonostante queste considerazioni, alcune domande restano aperte. In particolare:

  • Gli Shared space effettivamente aumentano la sicurezza stradale, in particolare dei pedoni?
  • Quali sono gli ambiti nei quali è preferibile realizzare degli Shared space?
  • Esistono linee guida o indicazioni per la progettazione degli Shared space?

Negli ultimi anni la ricerca internazionale ha iniziato a dare delle risposte a queste domande.

Shared space – la genesi

I pedoni sono considerati utenti vulnerabili della strada perché la loro sicurezza è maggiormente a rischio rispetto a quella degli altri utenti. Per massimizzare allo stesso tempo la sicurezza stradale ed i flussi veicolari ammissibili, tradizionalmente si segregano le diverse componenti. Quest’approccio, che deriva dai primi lavori di Le Corbousier negli anni ’30, è uno dei principi chiave della moderna ingegneria del traffico. Sfortunatamente è fortemente incentrato sul traffico veicolare e prevede l’uso intensivo di barriere e segnaletica in risposta all’approccio dominante poc’anzi esposto, si è affermato il concetto degli Shared space, volto a restituire alla strada le funzioni che le erano proprie, ossia quelle di luogo di incontro e socializzazione, oltre alla mera funzione di transito.

Il concetto di area a “priorità pedonale” è stato per la prima volta esplicitato da Michel Deronzier negli anni ’80 e ripreso poi da Tim Pharoah, per descrivere gli esempi esistenti di layout di strade, in cui si rilevava l’assenza di una segregazione fra i diversi utenti della strada.

Una maggiore formalizzazione del concetto, sviluppato nell’ambito del progetto Shared spaces, si deve all’ingegnere Olandese Hans Monderman, che ha proposto di regolare il traffico in maniera alternativa, focalizzando l’attenzione sulle attività umane, diverse dal semplice transito, che si svolgono sulla strada.

A differenza degli studi compiuti negli anni ’80, negli Shared space non si punta a limitare il traffico veicolare e la relativa velocità con segnaletica, misure restrittive e interventi di traffic calming, ma l’obiettivo è quello di mutare il comportamento dei diversi utenti della strada su base volontaria, con il supporto di una adeguata progettazione e conformazione dello spazio stradale.

Una migliore condotta degli utenti della strada dovrebbe essere raggiunta, dunque, sostituendo la segnaletica, i semafori e i diversi elementi ingegneristici, con una regolazione di carattere informale fra gli utenti stessi. Ovviamente, le regole base “formali” della strada, quali la guida a destra nell’Europa continentale, rimangono valide negli Shared Space, ma la segnaletica e tutti gli altri elementi di segregazione esistenti nelle strade normali sono spesso completamente assenti. I primi esempi intenzionali di Shared space sono stati implementati nel nord Europa, in particolar modo nei Paesi Bassi, fra il 2004 ed il 2008.

Dove e come progettare e realizzare gli Shared space

Gli Shared space non offrono una soluzione unica per l’organizzazione, la progettazione e l’arredamento degli spazi pubblici. Ogni intervento, sito o situazione necessita, infatti, di soluzioni specifiche. Nonostante questo, negli anni si sono consolidati, in base alle esperienze maturate sul campo, dei principi guida.

Un esempio interessante è rappresentato dal rapporto “Shared space” del Department for Transport (DfT) del Regno Unito, che definisce le linee guida per la progettazione, la realizzazione ed il monitoraggio di uno Shared Space in strade urbane di rilevante importanza economica, commerciale e culturale.

Il rapporto è il prodotto finale di un’analisi commissionata dal DfT della durata di tre anni (terminata nel 2011) e le conclusioni generali sugli Shared space possono essere estese anche ad altre geometrie, quali intersezioni, strade locali o piazze. Il rapporto ha evidenziato come determinate strade o siti già da tempo funzionino come Shared space, senza ulteriori interventi (basti pensare a molti centri storici delle città italiane).

Dall’analisi emerge che non è possibile ottenere una demarcazione netta fra i diversi livelli di condivisione dello spazio, ma si può osservare che, al decrescere dei livelli di segregazione, si ha un aumento della condivisione degli spazi. Dal punto di vista della sicurezza stradale, in base ai dati analizzati, negli Shared space non si osserva un aumento degli incidenti rispetto ai siti convenzionali, nonostante vi si possa riscontrare un aumento consistente di pedoni e di ciclisti.

Per quanto riguarda la localizzazione, gli Shared space sembrano funzionare meglio in quei siti con una forte connotazione culturale, monumentale e/o commerciale ed in quelli in cui sono presenti generatori e attrattori di spostamenti pedonali e/o ciclistici. Per quanto riguarda i flussi veicolari, pur non essendone indicati i limiti superiori, emerge che, oltre i flussi di 100 veicoli/ora, la propensione degli utenti a condividere gli spazi con i veicoli scema. Inoltre, le velocità di progetto per i veicoli dovrebbero essere comprese fra i 30 Km/h (20 miglia/h) e i 20 Km/h (15 miglia/h). Dal punto di vista progettuale, alcune indicazioni principali sono costituite dall’eliminazione dei marciapiedi, in modo tale da garantire che tutta l’area sia allo stesso livello, e dalla presenza di arredamenti urbani che rendano più vivibile lo spazio e fungano da ostacoli laterali al movimento dei veicoli (per esempio file di panchine).

Il rapporto si concentra molto anche sull’accessibilità agli Shared space per gli utenti con limitazioni fisiche o funzionali. Per quanto riguarda gli utenti con problemi di mobilità, si suggerisce l’eliminazione delle barriere architettoniche. Per gli utenti con problemi alla vista, invece, si suggerisce l’inserimento di differenti tipi di pavimentazione con forti contrasti cromatici (ad esempio bianco e nero per gli utenti ipovedenti) e l’inserimento di elementi che facilitino l’orientamento.

Il rapporto mette in luce anche le difficoltà che possono incontrare gli utenti con problemi o limitate capacità cognitive in uno spazio in cui sono stati rimossi tutti gli elementi di regolazione certa. Per tale motivo, si sottolinea l’importanza di una progettazione che preveda l’inserimento di elementi che aumentino la leggibilità dello spazio quali panchine, sculture o alberi.

Il rapporto definisce anche con chiarezza tutti i passaggi che, partendo dalla selezione del sito, conducono alla progettazione e realizzazione di uno Shared space, sottolineando l’importanza di avere, nel gruppo di lavoro, diverse competenze e di coinvolgere tutti gli stakeholders. Infine, il monitoraggio, dopo la realizzazione dell’opera, è ritenuto fondamentale per verificare se l’intervento è stato efficace o se vi sono correzioni da apportare.

Quantificazione degli impatti sulla sicurezza stradale

Com’è emerso, ogni Shared space presenta forti specificità che rendono difficile quantificare in termini generali gli impatti sulla sicurezza stradale. Inoltre, la carenza di valutazioni before-after degli impatti sulla sicurezza stradale su diversi siti, non consente di estrapolare indicazioni generali. Uno dei pochi studi before-after disponibili, è stato effettuato sulla trasformazione in Shared space di Exhibition Road, localizzata nella parte centrale di Londra, avvenuta nel 2011.

Lo studio ha utilizzato tecniche di analisi dei conflitti veicolo-veicolo che si concentrano sui near-misses (situazioni di quasi-incidente in cui uno o più utenti della strada sono costretti ad attuare manovre evasive). Queste tecniche sono prevalentemente basate sull’analisi delle immagini e permettono di raccogliere moli di dati rilevanti in breve tempo, senza dover attendere che avvengano degli incidenti.

Nello studio, la tecnica di analisi utilizzata è la IHTCT (Institute of Highways and Transportation Conflicts Technique), adattata ai conflitti pedoni-veicoli e alle esigenze degli Shared space, nei quali, ad esempio, le traiettorie degli utenti della strada, in particolare pedoni e ciclisti, non sono vincolate a percorsi definiti, quali gli attraversamenti pedonali.

Dall’analisi emerge una riduzione, sia nella frequenza che nella gravità delle situazioni di conflitto, a seguito della trasformazione di Exhibition Road. Complessivamente, il rischio di conflitti diminuisce di circa il 20% dopo l’intervento. Inoltre, dai dati raccolti emerge che la gravità dei conflitti diminuisce sia per i conducenti dei veicoli che per i pedoni. Gli autori, però, sottolineano che gli utenti abituali degli Shared space mostrano un calo della concentrazione, che potrebbe portare, in un secondo momento, a maggiori rischi.

Conclusioni

L’analisi dello stato dell’arte ha evidenziato che gli Shared space sono un valido strumento di intervento, che permette di coniugare diverse funzioni della strada, quali il transito, l’incontro e la socializzazione, ponendo, al contempo, particolare attenzione al pedone. Anche se non esistono prescrizioni definite per l’individuazione dei siti in cui realizzare gli Shared space e per la loro progettazione, a livello internazionale iniziano ad emergere delle indicazioni chiare su dove e come realizzarli, tenendo conto di diversi fattori quali: tipologia del sito e delle attività limitrofe, conformazione geometrica e tipi di flussi veicolari.

Le prime esperienze di Shared space mostrano la capacità di questi interventi di rivitalizzare e restituire le strade ad usi sociali, senza compromettere la sicurezza stradale dei pedoni. Anzi, emerge che tali interventi potrebbero anche migliorare la sicurezza stradale dei pedoni e degli utenti vulnerabili in generale.

Considerazioni, queste, che fanno presumere che, ferma restando la necessità di ulteriori approfondimenti, potremmo trovarci di fronte ad un nuovo strumento di intervento nelle aree urbane, capace di garantire la rivitalizzazione delle strade e una adeguata sicurezza stradale, consentendo, al contempo, l’accessibilità del sito a tutti gli utenti.

di Ing. Andrea Campagna

10/nov/2014

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Il 20 agosto 2014 l’Agenzia italiana delle Dogane, in collaborazione con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, ha comunicato l’attivazione della procedura di Pre-Clearing presso il porto di Civitavecchia (Roma) per il traffico container.

La procedura di Pre-Clearing permette agli operatori di trasmettere il manifesto di carico di merci provenienti dall’estero e destinate all’importazione fino a 36 ore prima dell’arrivo previsto della nave, consentendo alle dogane e alle altre autorità interessate di anticipare l’analisi dei rischi e di rilasciare, prima dell’arrivo in porto, il via libera alle merci o l’indicazione di visita.

Tale procedura è capace di rendere più competitivo il commercio e la logistica portuale dell’Italia che, pur giocando un ruolo strategico per il traffico nazionale, alla luce della sua posizione geografica nel bacino del Mediterraneo, risultano essere molto sottotono rispetto al loro potenziale. Per raggiungere infatti una elevata competitività e reintegrare il paese nella rete transeuropea dei trasporti occorre investire in una pianificazione a breve e lungo termine.

La prima, a partire dalle infrastrutture esistenti, interessa una serie di soluzioni che sono state identificate per aumentare l’attrattività dei porti italiani, attraverso l’adeguamento di quelle immateriali con lo scopo di ridurre i tempi e i costi di import-export e di diminuire la congestione dello spazio limitato a disposizione per lo stoccaggio di merci; una caratteristica peculiare dei nostri porti storici.

Quelle a lungo termine invece riguardano l’adeguamento delle infrastrutture portuali (fondali, banchine, terminali contenitori e ro-ro, collegamenti stradali e ferroviari) utili ad ampliare di concerto l’offerta intermodale e la razionalizzazione dei porti.

Alcune implementazioni della procedura sono comunque già state effettuate in Italia, in particolare nei porti di La Spezia e Genova, individuando i seguenti vantaggi:

  • riduzione del tempo di permanenza dei container nel porto, con conseguente riduzione dei costi;
  • maggiore precisione nella tempificazione delle consegne, grazie ad una pianificazione tempestiva della logistica portuale per il ritiro dei contenitori.

In particolare, a La Spezia lo stoccaggio medio dei contenitori è passato da 5,5 a 3,5 giorni e a Genova da 5 a 4 giorni.

Ci si aspetta che l’attivazione del Pre-Clearing a Civitavecchia, sollecitata del resto dalle case di spedizione, possa rendere il transito dei contenitori più fluido, diminuendo sostanzialmente la variabilità dei tempi di resa. A rafforzare l’effetto del Pre-Clearing, è in corso l’attivazione in via sperimentale di un Corridoio Controllato Doganale tra il porto di Civitavecchia e l’Interporto di Orte, mediante la piattaforma telematica nazionale UIRnet.

La sperimentazione avviene nell’ambito del progetto europeo FUTUREMED, coordinato dalla Regione Lazio e che vede tra i partner l’Autorità Portuale di Civitavecchia. In un futuro non troppo remoto, l’efficienza del porto nella sua funzione di “porta di accesso” regionale sarà accresciuta, a supporto del trend di crescita positivo del traffico contenitori.

di Piano della Mobilità

03/nov/2014

Redazione-giornalistica-metropolinotizie

Nel ringraziarVi per la grande partecipazione all’elaborazione del Piano, attraverso le segnalazioni, i commenti e gli approfondimenti, Vi invitiamo innanzi tutto ad estenderla a tutti i Vostri amici e conoscenti coinvolgendoli ad interagire con noi per segnalarci le criticità e le reali esigenze sul territorio.

Vi ricordiamo che i contenuti dell’attuale fase del Piano rispondono a due domande fondamentali:

  • Quali sono gli sviluppi futuri indicati nei piani e programmi esistenti, ossia gli studi condotti delle varie amministrazioni, per il sistema di trasporto della Regione? Una domanda rintracciabile negli scenari di riferimento.
  • Quale visione si vuole venga realizzata nel futuro per il sistema di trasporto della Regione e, quindi, quali obiettivi si vuole conseguire? Questa domanda fa riferimento alla visione.

Sinteticamente gli scenari di riferimento sono relativi al “prevedibile”, mentre la visione è relativa al “desiderabile”. Il “prevedibile”, a sua volta, è descritto da due tipologie di intervento:

  • Do Minimum (fare il minimo): comprende soltanto gli interventi già cantierati o, comunque, soltanto quelli già finanziati e privi di rilevanti difficoltà politiche e istituzionali.
  • Do Everything (fare tutto): comprende tutti gli interventi previsti nei piani e programmi delle varie amministrazioni (quindi anche interventi meno “certi”).

Ma cosa accade quando interagite con noi?

Ogni segnalazione, commento o richiesta è gestita dalla redazione, sia essa condivisa attraverso il sito web o i social network, senza ignorare nessun intervento.

Con cadenza quotidiana leggiamo, censiamo e approviamo ogni Vostro contributo e ci facciamo carico di smistare tutte quelle domande alle quali direttamente il Piano non può rispondere inviandole agli Enti di competenza su base tematica che, a loro volta, si impegneranno a rispondere attraverso il Piano. Un lavoro, quindi, condiviso e svolto all’unisono che punta veramente all’interazione istituzione-cittadino.

Tutte le Vostre proposte sono infine utilizziate per realizzare ed aggiornare dei report analitici in base alle tipologie di intervento e all’area geografica per permettere poi agli esperti di settore di analizzarle e renderle parte integrante del definitivo documento di Piano.

Vi invitiamo perciò a continuare a collaborare con noi e seguire ogni sviluppo legato all’elaborazione del Piano anche attraverso i social network ad esso collegati.

La redazione

di Ing. Paolo Delle Site

27/ott/2014

Piano Mobilità Lazio

Il Piano della Mobilità, dei Trasporti e della Logistica della Regione Lazio è stato impostato seguendo la metodologia più innovativa che recentemente si è affermata nel settore degli studi di pianificazione. Tale metodologia  prende il nome di “Backcasting”. Il termine, coniato dallo scienziato svedese Holmberg, professore alla Chalmers University, è stato per la prima volta utilizzato per connotare un nuovo approccio strategico allo sviluppo sostenibile.

Il backcasting è quel processo in cui si costruisce una visione, condivisa tra portatori di interesse, del futuro desiderato e, quindi, si identificano i passi necessari per conseguirla. Il backcasting definisce inizialmente una visione del futuro desiderabile, quindi procede all’indietro nel tempo identificando azioni, ovverosia politiche e progetti, che consentono di connettere il presente al futuro.

La domanda fondamentale dell’approccio del backcasting è: se si vuole ottenere un certo obiettivo, quali azioni dobbiamo intraprendere? Il backcasting sostituisce l’approccio più tradizionale, quello del cosiddetto “Forecasting”, che è il processo in cui si fanno previsioni del futuro sulla base dell’analisi delle tendenze in atto.

Anche nel backcasting si pone il problema di costruire uno o più scenari di riferimento: questi rappresentano gli scenari prevedibili sulla base delle tendenze in atto e delle azioni intraprese o programmate. Nell’approccio del backcasting questi scenari sono verificati in termini di conseguimento degli obiettivi previsti nella visione. Il passo finale consiste nell’identificare le azioni, non previste negli scenari di riferimento, necessarie a conseguire la visione.

Il backcasting è un metodo di pianificazione in cui la partecipazione dei cittadini e degli altri portatori di interesse, le imprese in genere e gli operatori del trasporto e della logistica in particolare, gioca un ruolo chiave, sia nella definizione della visione, sia in quella delle azioni.

Un esempio importante di applicazione dell’approccio del backcasting nel settore dei trasporti è rappresentato dal Libro Bianco “Una tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti”, emanato dalla Commissione Europea nel 2011.

Quale visione e quali scenari sono stati elaborati nell’ambito del Piano della Mobilità, dei Trasporti e della Logistica della Regione Lazio?

La visione è declinata in termini di obiettivi desiderabili e condivisi. L’obiettivo primario è quello di contribuire a realizzare un sistema dei trasporti che sostenga il progresso economico, rafforzi la competitività della Regione, e offra servizi di mobilità di elevato livello, garantendo allo stesso tempo un uso più efficace delle risorse. In pratica, i trasporti devono utilizzare meno energia ed energia più pulita, impiegare più efficacemente un’infrastruttura moderna contenendo la congestione, e ridurre il loro impatto sul territorio e gli ecosistemi.

Allo stesso tempo, non si può non fare riferimento agli obiettivi quantitativi che sono stati definiti a livello europeo.

L’iniziativa “Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse”, definita nella strategia Europa 2020, intende affrontare la sfida consistente nell’interrompere la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio, senza sacrificarne l’efficienza e compromettere la mobilità. L’Europa è impegnata a conseguire tre obiettivi entro il 2020, che prendono il nome di “obiettivi 20-20-20”: riduzione del 20% delle emissioni di gas serra rispetto al livello del 1990, aumento al 20% della quota di energie rinnovabili, aumento del 20% dell’efficienza energetica.

Il Libro Bianco europeo sui trasporti definisce la tabella di marcia per il conseguimento, entro il 2050, dell’obiettivo della riduzione, nel settore dei trasporti, delle emissioni di anidride carbonica, il principale responsabile dell’effetto serra, nella misura del 60% rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo è conseguente all’impegno di contenere il cambiamento climatico a +2°C di temperatura sui livelli pre-industriali.

Il Libro Bianco stabilisce inoltre alcuni obiettivi in settori specifici. Per il trasporto urbano il dimezzamento dell’uso delle autovetture alimentate con carburanti tradizionali entro il 2030 e la completa eliminazione entro il 2050. Ancora nel trasporto urbano il conseguimento di un sistema di logistica a zero emissioni di anidride carbonica entro il 2030. Nel trasporto stradale l’obiettivo “zero vittime” entro il 2050, mentre il numero di vittime dovrebbe essere dimezzato entro il 2020. Sulle percorrenze superiori a 300 km, il 30% del trasporto merci su strada dovrebbe essere trasferito entro il 2030 verso altri modi, quali la ferrovia e le vie navigabili. Entro il 2050 questa percentuale dovrebbe passare al 50%.

Gli scenari di riferimento del Piano identificano gli sviluppi futuri della mobilità che conseguono alle tendenze in atto e agli interventi previsti nei piani e programmi esistenti.

Sono di interesse le tendenze nelle sfere demografica, economica e sociale e nelle tecnologie che possono influenzare il sistema di trasporto, sia a livello di domanda sia a livello di offerta di infrastrutture e servizi.

Alcune tendenze sono comuni a contesti di dimensione europea o mondiale. Nella letteratura scientifica queste tendenze sono denominate “megatrend”.

Nella sfera demografica l’invecchiamento della popolazione. In quella sociale la trasformazione del mercato del lavoro che tende verso forme nuove, più flessibili, di contrattualizzazione che hanno impatti sulla localizzazione e gli orari delle attività e sono incentivate dalla diffusione delle tecnologie telematiche. Si pensi ad esempio al telelavoro. Queste tendenze hanno ripercussioni importanti sulla mobilità, principalmente in termini di estensione all’intera giornata della congestione che si ha nelle aree urbane, in passato limitata alle ore di punta.

Di rilievo nella sfera economica la regolamentazione di servizi che in passato erano caratterizzati da monopoli pubblici, regolamentazione che apre il mercato alla concorrenza così da incentivare la riduzione dei prezzi e gli aumenti della qualità.

Le tendenze al livello locale

Altre tendenze si manifestano a livello geografico locale. Tra quelle più significative in termini di impatti sulla mobilità, le differenziazioni a livello territoriale della crescita della popolazione: la crescita si è manifestata con intensità maggiore nei comuni periferici dell’area metropolitana romana rispetto alla capitale.

Per alcuni aspetti l’incertezza dell’evoluzione futura è elevata, e le previsioni più difficili, anche a causa dell’orizzonte di medio-lungo periodo che il Piano intende traguardare. Il progetto europeo Optimism si è occupato di identificare, attraverso una consultazione di esperti, i fattori per i quali l’incertezza e l’impatto sulla mobilità sono più elevati.

Tra questi fattori figura il prezzo dell’energia e, in particolare, quello del petrolio. Oggi si aprono nuovi scenari a livello mondiale: lo “shale oil”, il petrolio estratto nelle profondità rocciose degli Stati Uniti, avrà presumibilmente l’effetto di ridurre l’influenza dei paesi tradizionalmente esportatori di questa fondamentale “commodity”. Un altro motivo di incertezza relativo al prezzo del petrolio è legato all’influenza dei grandi trader finanziari dovuta alla crescita del mercato dei “futures”, contratti di acquisto differito che alimentano speculazioni. E’ da non dimenticare, infine, l’effetto sul prezzo esercitato dalla stessa domanda che potrà subire riduzioni più o meno significative in dipendenza della disponibilità e dei prezzi delle altre fonti energetiche.

Un altro fattore di elevata incertezza è relativo alle nuove tecnologie, soprattutto nell’area delle cosiddette ICT, Information and Communication Technologies. L’incertezza è legata non solo alla previsione delle nuove applicazioni che potranno essere rese possibili, ma anche a quella della diffusione che tali tecnologie potranno avere. Si tratta di tecnologie abilitanti sia per l’offerta di nuovi servizi di informazione all’utenza, sia per quella di nuovi servizi di mobilità quali il car sharing.

E’ il caso dell’internet delle cose, in inglese “internet of things”. Gli oggetti e i luoghi dell’ambiente fisico acquisiscono identità elettronica e, quindi, un ruolo attivo, grazie al collegamento ad internet. Ad esempio, la sveglia potrà suonare prima in caso di traffico superiore al normale.

Un altro è quello dell’”energy harvesting”, anche noto come “energy scavenging”, che consiste nella possibilità di convertire in energia elettrica, ad esempio per la ricarica di cellulari e smartphone, le sorgenti comunemente disponibili nell’ambiente. Tra queste l’energia cinetica di oggetti in moto e delle stesse persone, e l’energia solare.

Infine, ci sono le incertezze sull’offerta di infrastrutture di trasporto e sulle politiche del settore che verranno adottate. Per quel che riguarda le infrastrutture esiste una molteplicità di livelli di pianificazione che si sovrappongono, pianificazione effettuata dai governi, da quello europeo a scendere fino a quello comunale. A questa già notevole complessità si aggiunge la pianificazione che è effettuata da enti quali le Ferrovie dello Stato, Aeroporti di Roma, l’Autorità Portuale che sovrintende Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta.

Nell’ambito del Piano è stata effettuata una dettagliata ricognizione delle infrastrutture previste nei diversi documenti di piano esistenti, attività indispensabile per poter assolvere quella funzione di coordinamento che la Regione Lazio è chiamata a svolgere. Sono stati definiti due scenari, uno scenario cosiddetto “Do Minimum” caratterizzato dalle infrastrutture già cantierate o finanziate, e uno scenario “Do Everything” caratterizzato dall’aggiunta di quelle infrastrutture che i diversi piani prevedono e per le quali l’incertezza di realizzazione è più elevata.

Se da una parte l’obiettivo del conseguimento di una mobilità sostenibile è ampiamente condiviso, dall’altra vi sono dissenso e incertezza sulle politiche che devono essere adottate dai governi nazionali per conseguirlo. A livello europeo è stato affermato l’obiettivo di procedere verso la piena applicazione dei principi “chi utilizza paga” e “chi inquina paga”, in particolare, ma non solo, nel settore del trasporto stradale. L’implementazione di misure ispirate a questi principi sarebbe in grado, a differenza delle accise sui carburanti che oggi costituiscono la principale forma di tassazione, di creare disincentivi agli spostamenti nelle ore e nelle parti delle reti di trasporto caratterizzate da più elevata congestione e impatti sull’ambiente circostante. Finora tale misura è stata applicata da alcuni paesi, ad esempio la Germania, limitatamente al traffico merci pesante e ad alcune strade della rete.

di Ing. Davide Shingo Usami

20/ott/2014

L’uso dei sistemi di sicurezza nel Lazio

La cintura di sicurezza e il casco appartengono a quelle misure che hanno contribuito a migliorare in maniera significativa la sicurezza stradale negli ultimi vent’anni.

Anche se non concorrono direttamente alla riduzione del numero di incidenti stradali, determinano una riduzione dei traumi e della gravità degli incidenti. La ricerca ha dimostrato che chi non indossa la cintura (o il casco) in caso di incidente stradale ha un rischio di morte doppio rispetto a chi li indossa. Questa informazione, presa singolarmente, non ci consente, però, di stabilire se il problema è più rilevante in Italia piuttosto che in Danimarca o in Spagna. Nei Paesi in cui l’uso della cintura è molto diffuso, e cioè nei quali la cintura è utilizzata praticamente da tutti, il mancato uso della cintura non rappresenta un rischio.

Il rischio associato a un dato comportamento è associato, infatti, anche alla sua diffusione, quantificata dalla “prevalenza d’uso”. In Italia la prevalenza d’uso delle cinture sui sedili anteriori è pari al 64% nel 2011, ossia su 100 conducenti e trasportati anteriori osservati, 36 non la indossavano. La prevalenza d’uso del casco nelle aree urbane è invece molto superiore, pari a circa il 92% nel periodo 2009-2011.

Nel Lazio la prevalenza d’uso delle cinture è pari al 70% in area urbana, mentre in area extraurbana il valore è maggiore di circa il 10%. Il casco è invece utilizzato in media dal 93% dei motociclisti. Sebbene superiori ai valori medi nazionali, queste cifre sono di gran lunga inferiori a quelle della maggior parte dei paesi europei o di molte Regioni del Nord Italia (uso delle cinture 74-84%; uso del casco 100%).

Di quanto si potrebbero ridurre i decessi se tutti utilizzassero il casco e la cintura?

Il numero di decessi in autovettura nel Lazio è stato pari a 158 (nel 2012), dei quali il 99 in ambito extraurbano, dove il mancato uso delle cinture è pari a circa il 20%, mentre 42 in ambito urbano, dove il mancato uso di tali dispositivi è, invece, pari al 30%. Sulle autostrade si può assumere una prevalenza d’uso pari al 100%.

I morti che si sarebbero osservati se tutti avessero indossato la cintura sarebbero stati 132, di conseguenza il numero di decessi dovuto al mancato uso delle cinture è pari a: 158 – 132 = 26.

Applicando la stessa procedura al caso delle due ruote a motore si stima che circa 5 decessi potrebbero essere evitati grazie all’uso del casco. Complessivamente, i decessi evitabili grazie all’uso dei dispositivi di sicurezza sarebbero 31 in un solo anno, pari al disastro ferroviario di Viareggio che tanto scalpore ha fatto.

In conclusione, i dati indicano che un obiettivo primario, nell’immediato futuro, dovrà essere quello di aumentare la prevalenza d’uso dei dispositivi di sicurezza (aumentando i controlli, conducendo campagne informative, ecc.), facendo sì che indossarli diventi abitudine, come già avviene in molti Paesi.

Dal vostro punto di vista:

bisognerebbe aumentare la sorveglianza?

Occorrerebbe migliorare l’informazione con la stampa, la scuola e la televisione?

E infine perché 31 morti l’anno nella sola città di Roma non fanno scalpore?

 

di Piano della Mobilità

13/ott/2014

tram

La mobilità in Europa è ad un punto di svolta. Per la prima volta nell’ultimo decennio si assiste ad un calo dell’uso dell’auto privata a favore di mezzi di trasporto pubblici e condivisi. Un processo lento, in parte dovuto anche alla crisi, ma che si traduce nella riduzione dell’uso dell’auto in Italia del 25 %, del 15% in Francia e del 13% nel Regno Unito.

Un trend che necessita quindi di una riorganizzazione e potenziamento del trasporto pubblico locale e regionale che attualmente esercisce, tra aziende pubbliche e private nel Lazio, 340 milioni di vetture-km e un 1.6 miliardi di passeggeri l’anno.

Ma com’è distribuito il trasporto pubblico nel Lazio? L’offerta maggiore è quella relativa al trasporto pubblico urbano che assorbe il 69% del totale, mentre l’offerta di trasporto pubblico extra-urbano si divide per il 24% del totale delle vetture-km su gomma, contro il 7% del trasporto ferroviario regionale.
Quali sono allora gli interventi necessari? I principali interventi regionali, finalizzati al miglioramento del TPL e dell’intermodalità passeggeri, indicati nello Studio riguardano:

  • il rafforzamento dell’intermodalità e del ruolo di trasporto primario della rete ferroviaria regionale;
  • l’efficientamento della rete di trasporto su gomma, assegnandogli il ruolo di adduzione;
  • la razionalizzazione del trasporto pubblico locale rafforzando la creazione delle unità di rete tramite consorzi tra Comuni;
  • il miglioramento e l’incremento di efficacia del servizio nelle aree a domanda debole con creazione di servizi dedicati;
  • il miglioramento dell’informazione all’utenza;
  • il completamento della piena accessibilità ai servizi socio-sanitari ed amministrativi tramite il trasporto pubblico;
  • il controllo della qualità del servizio tramite sistemi di monitoraggio e di customer satisfaction.

di Prof. Francesco Filippi

30/set/2014

Perché un Piano della Mobilità

 

La Regione Lazio, ai sensi della normativa nazionale (l. 151/1981, D.Lgs. 422/1997, D.P.R. 14/3/2001, l. cost. n. 3/2001) e regionale (l.r. 30/1998 e s.m.i.), è chiamata a pianificare i trasporti a servizio del proprio territorio e a individuare gli interventi infrastrutturali e le azioni prioritarie necessarie a configurare un sistema coordinato di trasporti funzionale alle previsioni di sviluppo socio-economico e di riequilibrio territoriale della regione.

La Regione Lazio ha quindi il compito di adottare e aggiornare il Piano Regionale dei Trasporti (PRT), inteso a realizzare l’integrazione tra le varie modalità, favorendo quelle a minore impatto sotto il profilo ambientale. Costituiscono parte integrante del PRT i piani regionali settoriali relativi al trasporto aereo, lacuale, fluviale, marittimo e delle merci. Il Piano comprensivo dei piani settoriali è stato denominato Piano Regionale della Mobilità, dei Trasporti e della Logistica (PRMTL). Il Piano individua:

  • le azioni politico-amministrative della Regione nel settore dei trasporti nel breve e medio termine in un orizzonte temporale di lungo periodo al 2030/2040;
  • le infrastrutture da realizzare che interessano il settore;
  • le unità di rete e la rete dei servizi minimi regionali, ovvero quei servizi di trasporto qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini laziali, che, in conformità con la normativa nazionale, sono a carico della Regione stessa;
  • le misure per assicurare l’integrazione tra i vari modi di trasporto, con l’obiettivo di decongestionare il traffico, ridurre i tempi di percorrenza e disinquinare l’ambiente.

Gli obiettivi e le fasi del Piano

E’ indispensabile, per un rilancio del settore in termini di competitività, che la Regione assuma un ruolo fortemente propositivo adottando, finalmente, una visione integrata del sistema della mobilità laziale attraverso il Piano della Mobilità, dei Trasporti e della Logistica (PRMTL) strumento principale di pianificazione regionale redatto in concorso con lo Stato e di concerto con le altre Regioni e con Roma Capitale.

Il progetto di costruzione di un nuovo modello di trasporto pubblico nel Lazio e il perseguimento di maggiori livelli di efficienza sono anche le condizioni indispensabili per poter ridefinire con il Governo le risorse attualmente destinate alla Regione Lazio e a Roma Capitale per l’offerta di trasporto secondo criteri di maggiore equità rispetto alle altre realtà italiane e per un servizio migliore e meno costoso per i cittadini.

Tale pianificazione dovrà mirare a riportare equilibrio e razionalità tra le diverse e, talora, contrapposte esigenze degli Enti locali, premiando quegli Enti che nella loro azione di governo privilegiano politiche volte a favorire il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile.

L’assessorato regionale competente in materia di trasporti, avvalendosi dell’Agenzia Regionale della Mobilità (AREMOL) e del Centro di ricerca per il Trasporto e la Logistica (CTL) dell’Università di Roma La Sapienza, ha avviato alla fine del 2013 il lavoro per l’elaborazione del Piano.

A luglio 2014 sono state concluse le due fasi preliminari alla stesura del Piano, di studio e messa a punto degli obiettivi, e elaborati due documenti:

  • Il Quadro Conoscitivo del Lazio con la descrizione della situazione attuale territoriale, economica, sociale e legislativa;
  • Gli Scenari e Visione con l’indicazione delle principali tendenze internazionali e regionali del settore, la individuazione degli scenari e la visione del Piano.

I due documenti sono stati adottati dalla Giunta Regionale, e viene avviata, anche attraverso il sito www.pianomobilitalazio.it, la partecipazione dei cittadini. Il sito consente la lettura e il download dei documenti, la possibilità di inviare documenti, blog, twitter e di segnalare su mappa osservazioni, suggerimenti, commenti.

La procedura successiva per l’approvazione del Piano segue i seguenti passi:

  1. L’assessorato regionale competente in materia di trasporti, avvalendosi dell’ AREMOL e del CTL, predispone lo Schema di Piano, sentite le province e il Comune di Roma.
  2. Lo Schema di Piano è adottato dalla Giunta regionale con apposita deliberazione, e pubblicato sul BUR e contestualmente inviato alle province ed ai comuni capoluoghi di provincia.
  3. Tutti i soggetti interessati possono far pervenire alla Regione osservazioni scritte entro trenta giorni dalla pubblicazione servendosi anche del sito web appositamente realizzato.
  4. Trascorso il predetto termine il Presidente della Regione provvede ad indire un’apposita conferenza regionale, per un esame congiunto dello schema di Piano. La conferenza può essere articolata in sotto-conferenze di livello provinciale, cui partecipano gli enti locali e loro associazioni, coordinati dalla provincia, le rappresentanze delle forze economiche, imprenditoriali, sociali e culturali, nonché le associazioni degli utenti e degli esercenti il trasporto pubblico e privato.
  5. La Giunta regionale, dopo aver esaminato le proposte e le osservazioni scaturite nel corso della fase partecipativa, adotta la proposta di PRT e la trasmette al Consiglio regionale per la relativa adozione.
  6. Il Piano adottato dal Consiglio regionale è pubblicato sul BUR ed acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Contemporaneamente è stata avviata la redazione dello Studio di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che seguirà la fase di elaborazione del PRMTL e il suo iter procedurale, al fine di individuare gli effetti significativi sull’ambiente che gli interventi previsti sono in grado di provocare sul territorio. La struttura di base della VAS prevede i seguenti livelli di sostenibilità:

  • coerenza con le norme ed i riferimenti anche internazionali in materia di pianificazione e sostenibilità;
  • integrazione: dei criteri di sostenibilità – coesione tra aspetti economici, sociali ed ambientali; sistemica – coordinamento tra i sistemi di informazione, proposta, partecipazione e controllo; dei portatori di interesse-lavoro di coordinamento fra gli attori coinvolti nel processo di definizione del PRMTL;
  • consenso: il massimo consenso, vale a dire l’accordo fra gli interessi economici, sociali ed ambientali condizionati dal PRMTL, rappresenta il massimo livello di sostenibilità nelle condizioni date.

Valutazione Ambientale Strategica (VAS)

Il processo metodologico proprio della Valutazione Ambientale Strategica si articola nelle seguenti cinque fasi:

  1. fase preliminare: redazione del Rapporto Preliminare attraverso la quale definire, con l’autorità e i soggetti competenti, i contenuti e il livello di dettaglio del Rapporto Ambientale;
  2. consultazioni: volte a realizzare un processo di valutazione della sostenibilità ambientale del piano o programma condiviso con il pubblico e con i soggetti esperti in materia ambientale. Al termine di questa fase sarà prodotto un rapporto di sintesi della documentazione acquisita;
  3. redazione del Rapporto Ambientale, all’interno del quale svolgere un’analisi ambientale volta a verificare gli effetti possibili sull’ambiente degli interventi previsti dal piano o programma;
  4. decisione: la fase durante la quale si ha l’approvazione o l’adozione del PRMTL, unitamente al Rapporto Ambientale, al parere dell’autorità competente e alla documentazione acquisita in fase di consultazione;
  5. informazione sulla decisione: mediante cui tutta la decisione finale da parte dell’autorità preposta viene pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È previsto per il PRMTL e la VAS un periodo di due anni di monitoraggio. Il monitoraggio dell’attuazione del PRMTL consente di valutare scostamenti nella realizzazione degli interventi, cioè gli interventi non sono quelli previsti, e nei risultati, cioè gli interventi sono stati realizzati come previsti, ma i risultati non sono quelli attesi. Questa valutazione permette in una certa misura di apportare delle correzioni in modo da riallineare l’attuazione alle previsioni. Il monitoraggio della VAS assicura il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente durante la fase di attuazione del piano e l’eventuale realizzazione di misure di mitigazione.

di Piano della Mobilità

30/set/2014

La partecipazione dei cittadini

La Regione Lazio rivoluziona il modo di pianificare la mobilità.

Uno sguardo al futuro che per la prima volta non impegnerà solo ingegneri ed esperti del settore, ma anche ogni singolo cittadino.

Un percorso partecipativo che punta a promuovere una maggiore ed effettiva presenza della cittadinanza nei processi decisionali al fine di elaborare un Piano Regionale della Mobilità e dei Trasporti su misura rispetto alle loro esigenze.

Ma come prendere parte a costruire una rete di trasporti regionali a misura d’uomo?

La risposta viene direttamente dagli strumenti inseriti in questo sito web. In ogni pagina è infatti possibile commentare gli aspetti del Piano già elaborati, proporre nuove soluzioni agli interventi previsti e creare dibattito intorno ad opinioni e suggerimenti previsti dai cittadini stessi. Ma non solo.

Accedendo alla sezione partecipa, direttamente su mappa interattiva, è possibile segnalare il luogo esatto e la tipologia di intervento ritenuto necessario sul territorio al fine di superare le attuali criticità, migliorando la qualità e l’efficienza della mobilità. Un portale ricco di opportunità per rimanere aggiornati, raccontare le proprie esperienze e coinvolgere amici e conoscenti.

Cliccando sul Mi Piace di Facebook o iscrivendosi ai canali Twitter e Google+ è possibile seguire passo dopo passo ogni sviluppo del Piano, inviare materiale utile all’elaborazione stessa e costruire insieme una mobilità sempre più orientata all’eco-sostenibilità, alla maggiore sicurezza sulle strade e a ristabilire un equilibrio fra domanda e offerta di trasporto individuale e collettiva.

Inizia subito a lavorare con noi, accedi al portale e partecipa al Piano regionale della mobilità.

di Ing. Adriano Alessandrini

30/set/2014

Mobilità sostenibile per il Lazio

La commissione delle Nazioni Unite su sviluppo e ambiente del 1987 (Commissione Bruntland) definì lo sviluppo sostenibile come:

“lo sviluppo che soddisfa le necessità del presente senza compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie necessità”.

In altre parole è sostenibile quello sviluppo che coniuga economia, ambiente e società, ossia che non impedisca, anzi promuova, la crescita economica aumentando la sicurezza dei cittadini, la possibilità per tutti di accedere ai servizi senza esclusioni di censo, sesso o religione, e soprattutto senza depredare risorse naturali e inquinare l’ambiente.

Trasponendo il concetto di sviluppo sostenibile sulla mobilità si può dire che è sostenibile quella mobilità che favorisca lo sviluppo economico, garantendo al contempo a tutti i cittadini indistintamente accessibilità ai servizi e minimizzando i costi sociali e quelli ambientali.

L’esempio della Provincia di Roma mostra invece come esistano ancora oggi alcune criticità riguardo alla sostenibilità del sistema di trasporto, ben sintetizzate dagli indicatori che seguono:

  • ogni singolo cittadino della provincia di Roma spende in media 260 ore ogni anno seduto in macchina in coda;
  • nel 2008 nella provincia di Roma ci sono stati 22 636 incidenti stradali con feriti che hanno provocato 313 morti e 30 529 feriti;
  • i 4 milioni di abitanti della provincia di Roma (dati della Regione Lazio aggiornati al primo gennaio 2013) possiedono 3,6 milioni di veicoli (incluse auto, moto, motorini e veicoli pesanti secondo i dati Aci aggiornati al 31 dicembre 2012) pari a circa 0,9 veicoli a testa e li tengono parcheggiati in media il 92% del tempo.

Questi indicatori, letti poi in chiave infrastrutturale, indicano come la Provincia di Roma e la Regione Lazio (di cui la Provincia di Roma ospita 4 milioni di residenti su 5,5) perdano di competitività economica per l’eccessivo tempo speso in coda, in potenziale umano per problemi di sicurezza stradale e in spazio consumato da veicoli sottoutilizzati.

Tutto questo senza ancora affrontare il deficit ambientale di sostenibilità. Ratificando nel 2002 il protocollo di Kyoto l’Italia accettò di ridurre le proprie emissioni di gas serra nel periodo 2008 – 2012 del 6,5% rispetto al 1990. I dati ufficiali a oggi però indicano un aumento delle emissioni nel paese del 12%.

Il consumo energetico del sistema regionale dei trasporti e le emissioni nocive da questo derivanti dipendono da diversi fattori, quali:

  • dalla domanda di trasporto e dalla sua dipendenza dagli indicatori economici;
  • dalla capacità di separare la crescita economica dall’intensità di trasporto (decoupling), o almeno dalle esternalità che questa causa;
  • dall’evitare, nel lungo termine, che gli investimenti in infrastrutture di trasporto causino ulteriori aumenti di domanda ed il ritorno della congestione delle infrastrutture (vicious circle).

Ma come risolvere le attuali criticità?

Sicuramente da un lato incentivando l’utilizzo del trasporto pubblico rispetto a quello privato, dall’altro favorendo l’impiego di nuove tecnologie, come quelle dell’automazione dei veicoli, e adottando i più moderni sistemi di infomobilità in grado di rendere più efficienti i servizi a chiamata e simili.

Non dimenticando infine il fattore umano. Solo educando gli automobilisti ad un comportamento più “eco” si potranno risparmiare quote significative tempo, combustibili ed emissioni.